venerdì 27 maggio 2011

pc 27 maggio - la rivolta degli operai Fincantieri. Lotta a fondo su una linea di classe


Sono ormai tre giorni che è in corso la rivolta degli operai della Fincantieri contro il piano di chiusura ristrutturazione della Fincantieri che prevede chiusure a Genova e Castellammare di Stabia, chiusure e tagli nelle altre sedi in tutt'Italia.
La lotta ha assunto subito i caratteri di una vera e propria rivolta con l'assalto alla Prefettura a Genova e occupazioni, blocchi di vario tipo a Castellammare di Stabia, a cui si sono aggiunti scioperi e cortei nelle altre città.
Sono fortemente positive sia la durezza delle forme di lotta sia l'unità che i vari stabilimenti hanno dimostrato, scendendo in lotta insieme.
Sotto accusa non c'è solo la Fincantieri ma il governo e le istituzioni locali; e intorno agli operai della Fincantieri, in particolare sia a Genova che a Castellammare di Stabia, ci sono anche ampi settori cittadini che comprendono gli effetti generali di questo piano di chiusure.
La radicalità della lotta e il fatto che venga messo in pericolo il lavoro di tutti, ha spinto finora le OOSS a muoversi unitariamente,rispondendo alla spinta di mobilitazione degli operai.
La lotta dei lavoratori si è scontrata con polizia a Genova e a Castellammare di Stabia, ma gli operai sono stati determinatissimi a respingere la repressione.
Detto questo, manca tuttora, però, nelle piattaforme sindacali una linea effettiva che contrasti il piano di ristrutturazione. Le proposte di “un grande progetto di riconversione della produzione navale affiancando altri settori alle navi da crociera e militare...penso a traghetti e all'off shore, allo smontaggio delle vecchie navi piene di amianto e veleni, che ora vengono inviate in India e Bangladesh” - espresse da Landini (Il Manifesto del 27/5), rappresentano la tradizionale serie di buone intenzioni che trascurano la logica del massimo profitto che c'è dietro il piano, le cui scelte produttive non sono caratterizzate tanto da incomprensione di tutti i settori in cui potrebbe esercitarsi l'attività cantieristica, ma appunto dalla linea del massimo profitto, della riduzione dei lavoratori e dei loro diritti, con il massimo sfruttamento di chi resta. E' in sostanza la logica del piano Marchionne. E come le buone intenzioni su “modelli e riconversioni ecologiche” nel caso della Fiat non hanno prodotto alcun cambio del piano Marchionne, lo stesso avviene in questo settore.
La situazione degli stabilimenti in chiusura può essere paragonata a quella di Termini Imerese, anche qui il risultato finale è la chiusura e il correre dietro a differenti proposte di ricollocazione in altri settori lasciano il tempo che trova.
Il governo in questo caso non è solo un terzo che assiste le scelte dei padroni mettendo in campo al massimo un piano di ammortizzatori sociali, ma è tuttora l'effettivo padrone della Fincantieri tramite il Ministero del Tesoro.
Questo può essere una condizione favorevole all'azione dei lavoratori purchè si mantenga la rigidità di posizione rispetto all'unica effettiva “soluzione” che gli operai hanno nelle mani in questa vertenza: la difesa di tutti i posti di lavoro e del reddito tramite la riduzione generalizzata dell'orario di lavoro.Bisogna scongiurare una linea simile a quella che sta portando alla chiusura definitiva di Termini Imerese.

Proletari Comunisti
27 maggio 2011

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