giovedì 7 ottobre 2010

pc quotidiano 7 ottobre - l'udienza al tribunale di melfi per i licenziati-reintegrati della fiat sata

nel commento del quotidiano della basilicata

Vertenza Sata, al via il ricorso della FiatIl giudice del tribunale di Melfi dovrà decidere se accettare o meno la richiesta avanzata dei legali del Lingotto di ascoltare come testimone il segretario nazionale della Fismic, Roberto Di Maulo. 07/10/2010 Amerigo Palma, il giudice che stabilirà se nella notte tra il 6 e 7 luglio ci fu sabotaggio nella Fiat di Melfi, dovrà innanzitutto sciogliere un nodo: decidere se accettare o meno la richiesta avanzata dei legali del Lingotto di ascoltare come testimone il segretario nazionale della Fismic, Roberto Di Maulo. Non più di due settimane fa il leader sindacale aveva chiesto e ottenuto di essere ascoltato dal sostituto procuratore di Melfi, Renato Arminio, nell'ambito del procedimento penale che vede i tre operai della Sata accusati di “turbativa di attività industriale e violenza privata”. Al pm aveva parlato di un «pesante clima di intimidazioni e omertà» all'interno dello stabilimento. E soprattutto aveva confermato la ricostruzione degli eventi di quella sera fatta dal settimanale Panorama. I tre «agitatori» avrebbero cercato di bloccare la produzione «perché lo sciopero stava andando male». Di Maulo quella notte non era presente in fabbrica. Ma la sua “verità” sarebbe stata ricostruita sulla base «delle dichiarazioni di alcuni delegati - aveva detto il segretario durante la conferenza stampa - presenti quella notte». Sulla base di queste dichiarazioni i legali Fiat hanno chiesto che Di Maulo venga ascoltato dal giudice per fare i nomi di chi ha parlato con la stampa, chiedendo l'anonimato, ma che non avrebbero trovato il coraggio di presentarsi davanti al magistrato nel corso del procedente procedimento civile, che si è concluso con una condanna a Fiat per “condotta antisindacale”. Ora, quegli operai, sarebbero pronti a raccontare la loro verità in cambio di garanzie «contro eventuali ritorsioni». Secondo gli avvocati del Lingotto le testimonianze sarebbero destinate a ribaltare il primo verdetto del giudice Minio. Niente di più “sbagliato” per i colleghi della Fiom. «I delegati presenti quella notte e a cui fa riferimento di Maulo - spiega l'avvocato Paolo Pesacane - per un'evidenza logica non possono essere altro che coloro già indicati come testimoni dalla stessa Fiom nel corso del primo procedimento. E che, quella stessa notte del 6 e 7 luglio scorso, hanno firmato, subito dopo il blocco della produzione, un documento in cui si dichiarava la regolarità dello sciopero, si condannava l'atteggiamento del gestore operativo e si esprimeva solidarietà ai tre lavoratori sospesi». Solo nei prossimi giorni il giudice scioglierà la riserva sull'ammissibilità di nuovi testimoni e documenti. Anche nel caso in cui il magistrato dovesse accogliere le richieste della Fiat «siamo certi - aggiunge Pesacane - che non si potrà dimostrare una verità diversa da quella già emersa».
Ma la notizia del nuovo rinvio, che inevitabilmente dilata i tempi del procedimento, lascia un po' di amarezza in Giovanni Barozzino, Marco Pignatelli e Antonio Lamorte che hanno atteso l'esito della prima udienza. «Siamo al paradosso»: così Pignatelli commenta la richiesta della Fiat e l'eventualità che «il segretario Di Maulo, non presente quella notte, possa essere ascoltato come testimone». Barozzino incalza: «Quello che si sta cercando di fare è sotto gli occhi di tutti gli italiani. Non c'è bisogno di aggiungere nulla». Per il segretario regionale della Fiom, Emanuele De Nicola «quella di Di Maulo non è altro che voglia di esibirsi in un nuovo show individuale».
«Ci auguriamo - ha detto il segretario regionale della Cgil, Antonio Pepe - che la riserva del giudice venga sciolta quanto prima. Confidiamo pienamente nell'operato della magistratura. Inoltre siamo convinti che la richiesta della controparte dei legali dell'azienda sia solamente un diversivo utile ad allungare i tempi di soluzione della vicenda». Insieme a Marco, Antonio e Giovanni, hanno atteso l'esito della prima udienza molti delegati e iscritti al sindacato delle fabbriche del potentino.
Mariateresa Labanca

pc quotidiano 7 ottobre - L'Aquila .. ancora una inchiesta e sono 200.. avranno mai gli aquilani giustizia ?...

L'AQUILA. Sono sei le persone finite sotto inchiesta per il filone del crollo dell'ospedale regionale "San Salvatore" all'Aquila: la Procura della Repubblica dell'Aquila che sta coordinando la maxinchiesta sul terremoto, dopo avere esaminato la perizia dei consulenti tecnici, ha emesso gli avvisi di garanzia che saranno notificati nella giornata di oggi. Il reato ipotizzato è di concorso in  disastro colposo.
Le sei persone sotto inchiesta sono Marcello Vittorini, ingegnere progettista e direttore dei lavori dell'opera negli anni '70; Gaspare Squadrilli, ingegnere strutturista e redattore dei calcoli negli anni '70 e direttore dei lavori della struttura; Michele Tundo, geometra e direttore del cantiere della struttura dal '72 al '74; Domenico Ciccocioppo, geometra e direttore del cantiere negli anni '73-'79; Giorgio Innamorati, presidente della commissione di collaudo nominata il 29/11/79; Luciano Rocco, componente della stessa commissione di collaudo. Si tratta di tecnici, progettisti e collaudatori dell'opera la cui realizzazione è cominciata negli anni '70.
Le notifiche degli avvisi di garanzia sono in corso da parte della Guardia di Finanza. La Procura della repubblica dell'Aquila ha comunicato agli indagati anche l'avviso di conclusione delle indagini.
Il terremoto del 6 aprile 2009 ha provocato il crollo di parti della struttura  provocando disagi e polemiche con la conseguenza che molti dei feriti sono stati addirittura curati e medicati nelle parti all'aperto adiacenti alle strutture pericolanti.

Dai crolli a «quelli della cricca», dalle truffe per avere le case antisismiche alle infiltrazioni malavitose fino alle contestate rassicurazioni della commissione Grandi rischi: a un anno e mezzo dalla tragedia del 6 aprile sono non meno di 200 i filoni d'indagine che la procura della Repubblica del capoluogo di regione sta portando avanti. È vero che alcune, come quelle sugli appalti delle macerie, sono sempre più destinate a finire in archivio, come anche per alcuni crolli, per i quali non ci sono responsabili, ma esistono anche nuovi fascicoli aperti sulle vicende più disparate.

CROLLI. Almeno per i morti nei crolli la Cassazione ha tolto un dubbio: i processi si svolgeranno all'Aquila dopo la recente decisione sui procedimenti per la Casa dello studente e il Convitto nazionale per cui alcuni legali chiedevano lo spostamento altrove. Al momento sono circa 150 i procedimenti ancora aperti, a fronte di una cinquantina di vicende sulle quali i pm Alfredo Rossini e Fabio Picuti hanno ritenuto inutile indagare trattandosi di crolli di edifici vecchi di secoli, oltre a palazzi, pur danneggiati, ma per i quali sembra che siano state adottate tutte le prescrizioni previste dalla legge. Le indagini più avanzate sono tre: Casa dello studente (8 morti) con 11 richieste di rinvio a giudizio per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni gravi; Convitto nazionale (tre vittime minorenni) con due richieste di rinvio a giudizio per omicidio colposo e lesioni gravi; sede della facoltà di Ingegneria a Roio dove non ci sono stati morti ma che vede sette imputati per i quali è stato chiesto il processo per disastro colposo. Nessuno di questi procedimenti, per quanto in fase avanzata, potrà definirsi con un rinvio a giudizio o archiviazione entro l'anno, visto che sono previste delle perizie disposte dal giudice. Tra gli altri procedimenti avviati, ma lontani dalla definizione, i crolli dei palazzi di via D'Annunzio; via XX Settembre 123 e 79; via Generale Rossi; via Sturzo e via Cola dell'Amatrice, palazzi crollati con decine di vittime.



GRANDI RISCHI. Ci sono sette richieste di rinvio a giudizio, per omicidio colposo plurimo, anche per i componenti della commissione Grandi Rischi accusati di aver fatto dichiarazioni rassicuranti, in occasione di una riunione a fine marzo 2009, quando poi, pochi giorni dopo, ci fu la tragedia. Quelle frasi, giudicate avventate dalle parti civili, avrebbero indotto molte vittime a restare in casa dopo le prime due scosse nella stessa notte, che precedettero quella catastrofica delle 3,32, in luogo di scelte diverse. Il 10 dicembre udienza preliminare per Franco Barberi e gli altri imputati.

APPALTI. La Procura indaga sui risvolti aquilani dell'indagine su G8 e Grandi eventi nata a Firenze e trasferita a Perugia e quindi a Roma, che ha messo in luce una fitta rete di rapporti tra politica e imprenditoria ai più alti livelli. S'indaga in relazione ai lavori svolti dal raggruppamento che annovera la toscana Btp insieme alle ditte aquilane «Fratelli Ettore&Carlo Barattelli srl», «Vittorini Emidio costruzioni srl» e «Marinelli ed Equizi srl». L'ex capo di Btp, Riccardo Fusi, ha evitato l'arresto, chiesto dai pm e non concesso dal gip. Nella vicenda sono indagati per corruzione, tra gli altri, l'imprenditore aquilano Ettore Barattelli e il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini. L'inchiesta nasce dalle intercettazioni. Finora sono stati ascoltati all'Aquila, come persone informate dei fatti, il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, il commissario per la ricostruzione Gianni Chiodi e il direttore della Carispaq Rinaldo Tordera.

INFILTRAZIONI MAFIA. L'offensiva delle mafie nel cantiere più grande d'Europa è un problema reale: la Procura distrettuale antimafia, rafforzata da componenti della direzione nazionale, sta intensificando le indagini per scovare eventuali infiltrazioni nei lavori per la ricostruzione. Le attenzioni sono rivolte verso possibili intromissioni, negli appalti, di camorra (finora contrastata con arresti della Procura di Napoli) e 'ndrangheta. C'è anche una pista, che porta a Reggio Emilia, di imprese legate alla mala calabrese. Sarebbero queste le aree da cui è partita l'offensiva verso L'Aquila dove arriveranno ingenti fondi. Nel mirino i subappalti, dove i controlli

info a cura di proletari comunisti
ro.red@libero.it

pc quotidiano 7 ottobre - la posizione di landini non è giusta e gli operai fiom in larga parte non sono d'accordo con essa

Landini (Fiom): “Netta contrarietà agli episodi di intolleranza contro le sedi della Cisl”

COMUNICATO STAMPA
Sindacato. Landini (Fiom): “Netta contrarietà agli episodi di intolleranza contro le sedi della Cisl” Il Segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, ha rilasciato oggi la seguente dichiarazione.
“La Fiom esprime la più netta contrarietà agli episodi di intolleranza che, nella giornata di oggi, hanno interessato sedi della Cisl.”“Sono atti sbagliati e inaccettabili che contrastano con le regole democratiche del nostro Paese, che colpiscono sedi sindacali che rappresentano il mondo del lavoro.”
“La Fiom ribadisce che tra gli obiettivi al centro della manifestazione del 16 ottobre vi è la richiesta di una piena pratica democratica nei luoghi di lavoro e nel Paese. Del resto la democrazia è diventata in questi anni un tratto d’identità della Fiom stessa.”
“Chi non condivide questo tratto caratteristico e non assume la pratica democratica quale elemento distintivo della propria azione si pone al di fuori della piattaforma che è alla base della manifestazione del 16 ottobre a Roma e dello spirito che la anima. La partecipazione a questa mobilitazione si basa sulla condivisione e sulla pratica della democrazia.”
“Il modo per difendere il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori a decidere sul proprio contratto è quello di affermare in ogni luogo e in ogni momento la pratica democratica, unico strumento capace di evitare la realizzazione di accordi separati.”
Fiom-Cgil/Ufficio stampa
Roma, 6 ottobre 2010

la posizione di proletari comunisti

l'estensione di queste contestazioni, da noi sostenute sin dalla prima ora, sono giuste e sacrosante e stanno finalmente ponendo chiaro la situazione e la lotta
non c'è lotta contro i padroni senza lotta contro i suoi servi
ma non c'è solo la cisl
bisogna sotto e contro le sedi uil-ugl e fismic
il sindacalista della uilm palombella segr. nazionale dopo i servigi resi all'Ilva di taranto è sostanzialmente l'estensore materiale e massimo sostenitore delle deroghe al contratto metalmeccanici per renderle compatibili con il piano marchionne e l'accordo pomigliamo
la fismic e ugl agiscono da spie interne alle fabbriche e intimidiscono gli operai e gli attivisti sindacali in maniera mirata
la lotta va fatta verso tutti perchè ognuno svolge il suo ruolo importante nell'attacco violento e fascista contro gli operai, i diritti, lo statuto dei lavoratori, la costituzione
e questo va fatto anche alla manifestazione nazionale di roma del 16 ottobre presso le sedi nazionali, se vogliamo che non sia una massiccia ma tranquillizzante processione
proletari comunisti

pc quotidiano 7 ottobre - Milano ... processi contro l'antirazzismo e contro gli operai immigrati

Giovedi 7 ottobre: due appuntamenti.
- Ore 9,30 C.so di Porta Vittoria per il processo a Zavoian.
- Ore 17,30 via Pace per l'udienza dei licenziati della "Papavero"



- Il primo appuntamento è per giovedì mattina alle 9,30 al Palazzo di
Giustizia, dove si terrà lil processo contro Zavoian, un anziano abitante del
campo di Triboniano, accusato di aver pestato, due o tre sbirri durante gli
scontri del 19 maggio, quando i rom barricarono la via in seguito al blocco
operato dalla polizia per impedire loro di manifestare sotto palazzo Marino a
sostegno della propria piattaforma rivendicativa
La nostra presenza, anche come testimoni dei fatti, prescinde dall'andamento
specifico degli avvenimenti, ma non si può fare a meno di intervenire nel
merito degli avvenimenti e dei contenuti delle denuncia con cui le forze
dell'ordine stanno cercando di incastrare Zavoian.
Come molti sapranno in quell'occasione la polizia forzo il blocco stradale
travolgendolo con i propri blindati, lanciando lacrimogeni e poi entrando
manganelli e scudi alla mano all'interno dei campi per una vera e propria
caccia all'uomo. Sfortunatamente per loro la resistenza dei rom si è
manifestata anche all'interno del campo ed è allora che gli sbirri, con il
coraggio che da sempre li contraddistingue non hanno saputo far di meglio che
accanirsi con un anziano che non è riuscito a ripegare con gli altri. Il
risultato appare chiaro anche dal referto medico in possesso di Zavoian che
parla chiaro: fratture multiple dovute a percosse, incompatibili con la
versione sbirresca che parla di "aggressione del rom e di lesioni da lui subite
in seguito ad una caduta". Come sempre è del tutto secondario (ma non per
questo ininfluente) la ricostruzione tecnica dei fatti. Ciò che è importante è
il fatto che, alla viglia di uno sgombero preannunciato entro fine ottobre (ma
la cui realizzazione è resa alquanto incasina dai dissidi interni alle varie
istituzioni), la difesa politica delle barricate di autodifesa di maggio è un
tutt'uno con la prospettiva di una ferma opposizione agli intenti anbti-zingaro
di stampo italiota di fronte ai quali le misure razziste di Sarkozy appaiono
addirittura morbide e benevolenti

- Il secondo appuntamento riguarda invece gli operai della cooperativa
"Papavero" licenziati ad agosto tramite un'azione di rappresaglia politica per
tagliare la testa all'autorganizzazione interna allo stabilimento GLS di Cerro
al Lambro che aveva prodotto forti ondate di sciopero nel mese di febbraio,
facendo da eco alle lotte di Origgio e Turate prima e di Brembio poi.
A sostegno degli operai licenziati si è aperta una campagna di solidarietà
militante sia di carattere economico (una raccolta fondi che è giunta a circa
5000€ attraverso iniziative sparse in tutto il territorio milanese e non solo)
che politico puntando alla mobilitazione a fianco degli operai licenziati e per
esùtendere la lotta in altre cooperative del territorio.
Giovedì pomeriggio alle 17,30, in via Pace a Milano (sul retro dello stesso
Palazzo di giustizia) si terrà la prima udienza relativa alla causa intentata
dagli operai licenziati; in particolare il giudice è chiamato a pronunciarsi
sull'esistenza o meno di una discriminazione nell'attuazione dei licenziamenti.
Da notare che tutti i licenziati appartengono al S.I. Cobas e che su di loro
sono state fatte moltemplici pressioni affinchè rientrassero nell'alveo dei
sindacati confederali e che i licenziamenti sono avvenuti oltre sei mesi dopo
gli episodi che sono stati loro contestati (sciopero non autorizzato e lesione
dell'immagine aziendale a causa delle varie interviste da loro rilasciate)

Per quanto non siamo sostenitori di alcuna forma di giustizialismo nè
riponiamo alcuna fiducia nell possibilità che la magistratura possa difendere i
diritti proletari, così come nel recente passato in occasione dei processi ai
ribelli di Corelli, riteniamo che anche il Tribunale sia un terreno di scontro
di classe e che quindi una presenza politica sia doverosa oltre che
possibilmente utile

Comitato antirazzista milanese.

pc quotidiano 7 ottobre - contestazione di merate alla Cisl - i fatti non sono come dice Rota...

MERATE: NESSUN “ASSALTO ALLA SEDE CISL”.
LO DICONO I FATTI, NON LA FIOM
dichiarazione di Mirco Rota, segretario generale Fiom Lombardia
Da questa mattina si susseguono lanci di agenzie, riprese dai giornali telematici, dai titoli a dir poco inquietanti.
“Merate, assalto Fiom alla sede Cisl”: è questo che sta rimbalzando on line e che sta suscitando un coro di reazioni.
Fosse vero, si tratterebbe di un atto gravissimo.
Ma a Merate, questa mattina, le cose sono andate in tutt’altro modo. Lo dicono i fatti, non la Fiom.
Dal momento che le campagne medianiche (soprattutto in questo periodo) troppo spesso oscurano o deformano la realtà, distorcono gli eventi quando addirittura non li creano, noi vogliamo provare a raccontare cosa è accaduto questa mattina a Merate, senza aggiunte ed omissioni.
Attorno alle 10.00, 4 (quattro) lavoratori – di cui due delegati della Fiom - si sono presentate davanti alla sede della Cisl. Dopo aver preavvisato le forze dell’ordine, due di loro – sotto gli occhi della forza pubblica - sono entrati nei locali e hanno consegnato un volantino. Gli altri due sono rimasti all’esterno.
La storia è finita.
Non abbiamo altro da aggiungere, se non il nostro profondo dissenso verso qualunque forma di protesta non civile, sbagliata e dannosa.
Chiediamo alle lavoratrici ed ai lavoratori metalmeccanici (a quelli iscritti e non alla Fiom) di evitare qualunque gesto possa essere utilizzato per occultare la pesantissima offensiva in atto contro i loro diritti (a partire dalla distruzione del contratto nazionale).
Chiediamo a tutti gli altri di non trasformare le legittime proteste e mobilitazioni dei metalmeccanici in atti che nulla hanno a che vedere con la storia e con il presente delle lavoratrici, dei lavoratori e della Fiom.
Sesto San Giovanni, 6 ottobre 2010


segue una delle cronache della protesta contro la Cisl a Merate da altra fonte

Clamorosa contestazione alla Fim – Cisl di Merate.

E’ mancato solo il lancio delle uova. Per il resto la protesta davanti alla Fim – Cisl di Merate (Lecco) è arrivata pienamente a segno, centrando l’obbiettivo, ovvero:
1) contestare la Fim – Cisl per gli accordi separati e le deroghe al contratto nazionale di lavoro, firmati senza consultare le assemblee in fabbrica, e senza sottoporli al voto operaio.
2) Gridare fuori dai denti: “fuori la Fim- Cisl dalle fabbriche”.
La delegazione operaia del meratese arriva ben motivata davanti alla sede della Fim –
Cisl della cittadina brianzola, insolita a questo tipo di manifestazioni.
Con striscioni, bandiere e stendardi gli operai spiegano al megafono il perché della contestazione, e le ragioni riassunte anche nel volantino distribuito alla gente incuriosita che si ferma.
Altri tirano dritto ma anche tra questi c’è chi esprime solidarietà gridando, “spaccategli il culo”, e ancora “traditori, ci avete pugnalato alle spalle”.
Lo speakeraggio denuncia come gli accordi firmati dalla Fim – Cisl, peggiorino e appesantiscano il lavoro per gli operai: più carichi di lavoro, più ritmi, meno pause, salari fermi, sciopero solo se va bene al padrone. All’occorrenza fare lo straordinario invece della pausa mensa. E poi altri esempi tra cui l’accordo capestro alla Fiat di Pomigliano, firmato dalla Fim – Cisl, ed il comportamento di questo sindacato nei confronti dei 3 operai licenziati a Melfi.
Quando la gente che si è fermata entra con gli operai nell’androne ristrutturato con annesso cortile, partono apprezzamenti coloriti, verosimilmente indirizzati ai signori che chiamati in causa non escono, vengono scanditi slogan tra i quali: “merde siete e merde resterete”.
Durante tutta la contestazione è stato più volte rinfacciato alla Fim – Cisl, che firma accordi senza consultare e far decidere gli operai.
Gli operai del meratese si erano dati appuntamento stamani in strada, davanti alle due fabbriche metalmeccaniche di Osnago, una di fronte all’altra, la Fomas e la Calvi, per lo sciopero indetto dalla Fiom, contro gli accordi separati. Mentre la manifestazione proseguiva, una delegazione si è recata a far visita alla Fim – Cisl, come detto sopra.
Solidali saluti da Merate

da 'operaicontro'

pc quotidiano 7 ottobre - Andro .. il minimo da esigere dal sindaco leghista di andro

Il minimo da esigere dal sindaco di Adro.

Gentile Direttore
Tra le varie usurpazioni di Oscar Lancini il sindaco di Adro, c’è pure quella di aver
fatto lavorare senza regolare gara di appalto, i suoi amici artigiani e piccoli
imprenditori per fare le dime, i calchi, gli stampi col sole delle alpi, usati per
“marchiare” la scuola che ospita ragazzi delle elementari e della media inferiore.
Un piccolo scambio elettorale: commesse di lavoro in cambio del voto.
Il sindaco di Adro:
- deve sciogliere il consiglio comunale.
- deve addossarsi a proprie spese, il costo della rimozione dei simboli e della
risistemazione della scuola.
- deve restituire di propria tasca alla comunità, i soldi dei costi degli
“ornamenti”, i 700 sole delle alpi.
- deve risarcire di propria tasca, per danni e violenza morale sui minori, i genitori
dei ragazzi che frequentano la scuola.
- deve risarcire per danni materiali, morali e all’immagine, la popolazione di Adro.
- deve essere interdetto a vita dai pubblici uffici, insieme ai consiglieri di
maggioranza.
Questo è il minimo che si possa esigere da questo personaggio e dai consiglieri di
maggioranza.
Non sappiamo chi potrà imporgli questo, ma per noi è il minimo che gli si possa
imporre.
Cittadini di un Comune vicino ad Adro
-preso da 'operai contro'

pc quotidiano 7 ottobre - CIE.. nessuna dica non sapevo

C'è qualcuna che sostiene che i CPT-CIE sono come i campi di internamento ed altre che trovano eccessivo ed improprio il paragone.

I campi di internamento alla fine degli anni '30 furono introdotti in italia non per persone che avevano commesso reati, ma per persone che avevano un determinato status.

Infatti, i primi ad esserci rinchiusi furono i nomadi italiani. Allora Rom e Sinti stranieri non ce n'erano.

Non a caso ,la regione con il maggior numero di campi di internamento e la prima dove furono istituiti fu l'abruzzo,dove la comunità di nomadi italiani era più numerosa.

A questi, nel corso degli anni,si aggiunsero tanti altri italiani la cui unica colpa era quella di appartenere ad un'etnia .


Fra questi, occorre ricordare gli slavi che abitavano in italia.

L'italia votava alla società delle nazioni (l'ONU di allora) tutte le mozioni a tutela delle minoranze e sottoscriveva tutti i più nobili protocolli a tutela delle stesse,salvo disattenderli sistematicamente.

In questo notiamo che non c'è nessuna differenza fra ieri e oggi.

Però, faceva un'eccezione per la minoranza di lingua tedesca,guarda caso,per via dell'alleanza con la germania.

Anche in questo caso non c'è nessuna differenza. I diritti umani, l'asilo politico, i protocolli internazionali sono subordinati ad alleanze ed interessi.


Battezzati con i Rom, i campi di internamento cominciarono a proliferare in tutta italia; ce ne furono anche per sole donne,naturalmente con direttrici donne!!

Allora, emerge chiara una prima similitudine: l'internamento nei campi di ieri e nei CIE di oggi, non è per reato, ma per condizione.

Anche allora,commissioni di vario tipo visitavano i campi , prime fra tutte quelle della croce rossa che,almeno allora,si asteneva dal gestirli direttamente.

Trovavano sempre tutto in ordine, non si scandalizzavano della loro esistenza (ma,già, non era il loro compito) ma,proprio perchè va detto tutto,una volta, in un campo,consigliarono l'aumento della razione quotidiana di spaghetti e, in un altro, un cambio di lenzuola di più al mese.

Tante persone lavoravano per e intorno ai campi: dalla polizia che andava a prendere a casa o per strada le persone da internare e svolgeva opera di controllo, al personale,spesso civile,dal direttore/direttrice a tutte le altre figure e alle ditte che fornivano il necessario per il funzionamento degli stessi.

Anche qui non notiamo nessuna differenza.

E c'era la stampa che,da una parte,demonizzava le pericolose figure degli internati e,dall'altra,faceva finta di non sapere dell'esistenza dei campi, se non quando raccontava le lamentele e le paure dei cittadini che avevano "la sventura",poverini, di viverci accanto.

Ma c'erano anche professori,accademici e persone che si rappresentavano come intellettuali e come tali venivano accreditati, che davano ,sulla validità dell'internamento,motivazioni importanti,degne del loro ruolo,fino al delirio delle teorie sulla superiorità della razza.

Alcuni di questi faranno una brillante carriera e uno diventerà presidente del consiglio nell'italia repubblicana.

La stragrande maggioranza dei professori universitari e degli intellettuali di allora brillerà per il silenzio.

Però, poi, alcuni,scriveranno dei dotti saggi sulle brutture dei campi di internamento,con relativi convegni e carriere, sempre nell'italia repubblicana.

E infine,tutti insieme,ognuno nel suo ambito,i poliziotti nel picchetto d'onore, i politici scoprendo le targhe,i professori con la lettura delle prolusioni (hummm,però!) parteciperanno alle iniziative in ricordo.


Chi ci sarà fra trent'anni vedrà questo anche per i CIE.

Fino a qui è tutto uguale.

Però una differenza c'è. La storia non è ragioneria ,ma qualche volta i conti bisogna farli.

Nella nostra democratica repubblica, nei CIE, c'è un numero considerevole e spaventoso di pestaggi,all'ordine del giorno,numerosi casi di morte,sempre rubricata come naturale,di suicidi e di gesti dolorosi di autolesionismo.

Qui hanno ragione quelle/i che dicono che non è fattibile un paragone fra CIE e campi di internamento.

Questi di oggi sono infinitamente più disumani.

Chi si infligge orrende mutilazioni,come quella donna che si è cucita la bocca, siccome siamo tanto civili e progredite/i, viene portata/o nel reparto di neurologia e psichiatria di un ospedale perchè qualche esperto/a ci deve mettere a posto con la coscienza e dirci che non è disperata/o ,ma soltanto pazza/o.

Dopo la guerra,gli operatori dei campi di internamento, chiamati a rispondere del loro lavoro ( continuano a chiamarlo così!) si sono prodigati a raccontare quanto erano buoni e quanto bene avevano fatto.

Qui c'è una differenza: gli attuali operatori, già adesso,senza aspettare domani, ci raccontano quanto bene fanno e quanto sono buoni.

Si,è vero, i CIE non sono come i campi di internamento. Sono molto peggio.

A tutto questo va aggiunto che (cifre ufficiali) 52.000" irregolari" sono stati ricondotti forzatamente nel loro paese. Non ci vuole molta fantasia per immaginare in quale inferno li abbiamo gettati.

Nessuna dica non sapevo, non immaginavo, non credevo.

Non ci sono zone neutre: o si è contro o si è complici. E chi è contro,ognuna nel suo ambito e con le modalità che le sono più congeniali, faccia qualche cosa.




Elisabetta

pc quotidiano 7 ottobre - milano -studenti in piazza per l'8 ottobre

C’è un certo percepire che si aggira per le strade dell’Europa…

Un’aria strana che entra dentro le stanze della gente e rompe tutte le
consuetudini…

Uun certo sentire, qualcosa di simile ad alito di vento, un sussurro.

Un fremito che aspetta solo di diventare uragano.



L’abbiamo sentito forte e chiaro nelle strade di Barcellona e di Madrid.
Abbiamo visto come sia in grado di rompere ogni clichè, abbiamo visto le
volanti della polizia in fiamme, come un segnale da cogliere. Le pietre che
volavano sopra i porci che bastonavano, come al solito, solo gli inermi. A
Barça dove un luogo, occupato in piazza Catalunya, si fa crepa e scompagina
la cartografia di uno sciopero generale trasformandolo in uno sciopero umano
e metropolitano..



Abbiamo colto il messaggio care sorelle e fratelli della Grimalla, abbiamo
colto…



L’abbiamo assaporato a lungo, in Exarchia, al Politecnico di Atene, a
Salonicco.
Le vele rigonfie hanno preso il largo, e nell’ora della rivolta non si
capiva più chi c’èra in mezzo. Saranno studenti? Anarchici? Comunisti?
Disoccupati? Immigrati? E chi se ne frega … non c’era nemmeno tempo per
capirlo, eravamo troppo presi ad insorgere insieme. E qui dicevamo “i fuochi
della Grecia riscaldano il nostri inverno”



Tempo prima ha sospinto le nostre vele in lungo e in largo nelle terre di
Francia, dai boulevard lussuosi di Parigi fino ai vicoli e ai tetti della
Saine-Saint-Denis.. come due cumuli di polvere diversi che mischiati dal
vento danno origine alla dinamite. Così è stato l’incontro tra la rabbia
ingovernabile della racaille di periferia ed il moto ondoso non-
solo-studentesco del cpe. L’abbiamo capito, complici ed amanti della prima
ora , che d’ora innanzi faremo di ogni movimento sociale un trincea. Di ogni
crisi un incendio, come scrivete voi da qualche parte. Tutti dicevano “Fare
come in Francia” ma non sapevano cosa davvero significasse.



Chissà da quante altre parti, in quante altre occasioni si è potuto sentire
questo vento strano. Nel gelo di Amburgo Bruxxels e Berlino, tra le foreste
della Russia o nelle foreste di mangrovie nel delta del Niger.

Questa sensazione che ti entra dentro, ti sale dalla schiena e ti si
appiccica in testa .. un misto tra l’adrenalina prima di un azione e un
orgasmo collettivo e prolungato.



Chissà quando lo sentiremo di nuovo soffiare,proprio qui nella nostra
città…

c’è qualcuno che giura di vederne già i primi , timidi, segnali.

C’è chi si sta già preparando alle più pazze scampagnate.

C’è anche chi dice che qui da noi non verrà mai a soffiare, e si chiude in
casa triste e solo.



Noi , dal canto nostro, abbiamo una finestra sempre aperta..

Alle volte, prima di dormire, ci affacciamo e annusiamo l’aria. Si , la
schifosissima e putrida aria di Milano-di-merda.



Che il vento della rivolta generalizzata si porti via lo smog delle
fabbriche-galera, delle università-azienda delle scuole-caserma. Che un
tornado di sciopero umano seppellisca la quiete delle merci e della
polizia.



Noi, che abbiamo il sole nel cuore, saremo sempre pronti a procurar tempesta



*VENERDì 8 OTTOBRE SPEZZONE UNITARIO E DIROMPENTE*

*INVADIAMO IN MASSA L’UNIVERSITA’ STATALE E FACCIAMONE UNA FABBRICA
COLLETTIVA DI CONFLITTO METROPOLITANO. SEGUITE LA BANDIERA PIRATA*

pc quotidiano 7 ottobre - armando pizzinato artista comunista

07-10-2010
CENTO ANNI FA NASCEVA ARMANDO PIZZINATO, GRANDE ARTISTA, COMUNISTA SCOMODO NEL TEMPO DELLE GUERRE IMPERIALISTE E NEOCOLONIALISTE DI RAPINA DELLE FONTI ENERGETICHE AVVIATE DALL'IMPERIALISMO AMERICANO E DALLA NATO SIN DAL 17 GENNAIO 1991, UN CARO AMICO E COMPAGNO http://www.lavoroliberato.org/Pizzinato.htm -
Il Circolo Armando Pizzinato di Mestre lo commemorerà il 24 ottobre.

pc quotidiano 7 ottobre - sarah uccisa e violentata dalla 'famiglia'- occorre dire basta !

Di fronte alla notizia della uccisione di Sarah da parte dello zio dopo che aveva tentato di violentarla, che speravamo fino all'ultimo di non dover sentire, esprimiamo la nostra profonda tristezza e la nostra rabbia.

Le lavoratrici, le disoccupate del Movimento Femminista Proletario di Taranto saranno ai funerali di Sarah, per starle vicino in questo bruttissimo giorno.

Ma anche per dire: basta con le violenze e le uccisioni!, basta con questi sporchi, neri, oppressivi, violenti legami familiari; ribelliamoci, prima di tutto le ragazze dicano mai più! Perchè la vita e la morte di Sarah affondano nella condizione di vita e di relazione di tante ragazze di questo paese come di tante realtà del sud, e si muovono nel contesto generale della doppia oppressione che si vive e del bi-sogno di ribellarsi e fuoriuscirne.

MovimentoFemministaProletarioRivoluzionario Taranto
7.10.10

pc quotidiano 7 ottobre - Fiat Termini Imerese: rilanciare l'iniziativa contro la chiusura

Non basta la buona speranza di Landini, segretario della Fiom, che dice che la partita sullo stabilimento Fiat di Termini Imerese non è ancora chiusa “anzi, a partire dall’ultimo incontro che non è stato positivo, c’è bisogno di rilanciare una iniziativa su Termini. Noi non siamo d’accordo che quel sito chiuda e non siamo disponibili a un totale disimpegno della Fiat visto che la stessa Fiat ha avuto una serie di contributi per il sito siciliano.”
Non siamo d’accordo che il sito chiuda, ci mancherebbe, e c’è bisogno di rilanciare una iniziativa su Termini, certo!

Ma a gelare ogni aspettativa dei 2000 operai e di Landini ci pensa la Fiat di Marchionne che conferma ad ogni incontro come la pensa su Termini Imerese: chiusura! Quindi ci vuole ben altro!

Nell’incontro del 5 ottobre ribadisce infatti tutta la propria fermezza sulle decisioni generali che accompagnano il progetto FABBRICA ITALIA che intende «consolidare e rilanciare la propria struttura produttiva automobilistica» in Italia con un programma di investimenti da 20 miliardi di euro ma che non partirà se non ci sarà un impegno formale delle organizzazioni sindacali ad assumersi precise responsabilità per la riuscita del progetto».
Ancora un fermo ricatto, quindi, ribadito al termine dell'incontro con Fiom, Fim, Uilm e Fismic sul piano industriale.

Ma quale piano industriale!? La Fiat vuole la sicurezza della “governabilità degli stabilimenti” (chiamano così il moderno fascismo padronale) e non è più soddisfatta nemmeno dell’accordo separato e della nascita della newco!

«L'avvio del progetto - ha ribadito l'azienda - è subordinato all'esistenza di condizioni preliminari, che assicurino il quadro di certezze necessario per la sua realizzazione». Secondo l'azienda, «l'importanza delle scelte di destinazione dei nuovi modelli e il volume degli investimenti previsti richiedono un elevato livello di garanzia in termini di governabilità degli stabilimenti e di utilizzo degli impianti».

Questo in generale appunto e quindi non basta rivolgersi alla Regione Siciliana, come fa ancora una volta Mastrosimone, segretario provinciale Fiom, perché “si apra un tavolo di confronto per definire in tempi brevi una soluzione produttiva nell’ambito automobilistico” e non capiamo assolutamente Giovanna Marano, segretario regionale Fiom, quando dice che fino ad ora la Regione sulla Fiat di Termini ha lavorato bene(!), ma che si adesso si deve occupare anche delle tante altre vertenze aperte in tutta la Sicilia!

La speranza che la partita si riapra sono gli operai e le loro mobilitazioni e non certo il “nuovo governo” Lombardo!

pc quotidiano 7 ottobre - La Sicilia come laboratorio politico? Il quarto governo Lombardo e la guerra tra bande borghesi

"Siamo al centro di un fuoco incrociato": usa parole forti Lombardo, il presidente della Regione Sicilia che martedì scorso ha presentato il suo quarto governo (quattro governi in soli due anni alla faccia della stabilità) e il relativo programma.
È nato tra pesanti insulti e accuse di ribaltonismo da parte dei suoi ex amici di governo. E gli uni hanno rinfacciato agli altri di non essere coerenti.
Questi “balletti” da pupi siciliani che fanno sempre molto rumore sulla stampa e creano confusione, sono il famoso “laboratorio politico”?
Proviamo a ricapitolare l’essenziale di questa “guerra tra bande” della borghesia siciliana.

L’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, è costretto a dimettersi, nel gennaio 2008, perché accusato e condannato per associazione mafiosa. Raffaele Lombardo (Movimento per l’Autonomia) diventa il candidato di tutto il centrodestra alle elezioni regionali del 2008, che vince nello scontro con la rappresentante del Partito democratico, Anna Finocchiaro; Lombardo forma un governo composto da membri del suo partito l’Mpa, dal partito di Berlusconi, il Pdl, e dal Partito di Cuffaro, l’Udc (Unione di centro); dal 2008, però il Presidente della Regione Lombardo ha modificato per ben 4 volte alleanze.

1°- Aprile 2008-maggio 2009: Mpa, Pdl, Udc
2°- Maggio 2009-dicembre 2009: Mpa, Pdl
3°- Dicembre 2009-settembre 2010 Mpa, Pdl Sicilia, Pd appoggio esterno
4°- Settembre 2010 – ? Mpa, Pd, Api, Fli, Udc Casini

Dopo il primo anno Cuffaro litiga con Lombardo perché quest’ultimo con la “riforma” della sanità cerca di togliergli il regno del potere e della migliore clientela/mafiosa portatrice di voti; e Lombardo è un esperto costruttore di clientele.
L’uscita dell’Udc e di una parte del Pdl dal governo (anche questi insoddisfatti della piega che prende Lombardo che vuole come assessori due ex magistrati) costringe Miccichè a fare una scelta: Miccichè decide di continuare ad appoggiare il governo (cioè a continuare ad occupare poltrone) “sopportando” l’appoggio esterno del Pd (Partito democratico) che in teoria dovrebbe stare all’opposizione, ma che si fa “convincere” da Lombardo sia perché ha allontanato Cuffaro che per la “rivoluzione” in corso in Sicilia con la riforma della sanità e quella sui rifiuti.
A questo punto una parte del Pdl rompe con Miccichè che intraprende con Lombardo la strada della creazione del “Partito del sud” nella comune convinzione che è necessario chiedere più soldi al governo centrale; ma pretende coerenza sul vecchio programma (le riforme!) e rimane perché vuole evitare di essere accusato di ribaltonismo, tenendo quindi formalmente fuori il Pd che sostiene il governo.
Lombardo, per tenere in vita il governo (e vuole occupare tutti i posti di potere utili allo sviluppo della propria clientela) propone la formazione di un “governo tecnico” così che i partiti formalmente sono tutti fuori “e si fa solo il bene della Sicilia” portando avanti le famose riforme.
A questa proposta aderiscono il Pd, la nuova formazione di Rutelli, l’Api (Alleanza per l’Italia), la nuova formazione di Fini, Fli (Futuro e libertà per l’Italia) e l’Udc di Casini (Cuffaro e Mannino escono dal partito e ne formano un altro!).

Miccichè a questo punto decide di non aderire perché effettivamente si tratta di ribaltone, come lo chiamano i borghesi, e cioè quelli che avevano vinto le elezioni sono fuori e quelli che le avevano perse sono dentro con i loro assessori di riferimento, e questa non sarebbe coerenza.

E infatti tutta questa “coerenza” viene messa alla prova durante il voto di fiducia al governo Berlusconi del 29 settembre scorso: mentre in Sicilia quindi l’MPA estromette dal governo il Pdl, a livello nazionale vota a favore del governo Berlusconi. E usa parole grosse e appassionate come si addice a chi sta per intraprendere una strada difficile, parla di una autonomia mai veramente realizzata (come certi parlamentari parlano spesso di una costituzione mai veramente realizzata…!); nel nome degli interessi dei siciliani, perché vuole rappresentare le istanze territoriali, ecc. ecc.

In tutta questa faccenda si può parlare di “coerenza” solo nel senso che tutti cercano disperatamente di restare coerentemente attaccati alla poltrona, sede “naturale” di potere.

E il programma?

mercoledì 6 ottobre 2010

pc quotidiano 6 ottobre - l'udienza al tribunale di Melfi per la fiat sata - tra calore operaio e provocazioni fiat

Un centinaio di operai e operaie della Fiat Sata, di delegati Fiom,anche di altre fabbriche dell'indotto Sata, delle Ferriere ecc. ha partecipato con calore alla udienza di oggi al Tribunale di Melfi sul ricorso della Fiat contro la sentenza di reintegro al lavoro dei 3 operai licenziati, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli.
Ancora una volta operai e operaie della Sata si sono stretti intorno ai loro compagni di lavoro, ai loro due delegati e all'operaio colpiti, perchè, come diceva un'operaia, "sono stati licenziati perché lottavano per tutti noi e quindi è un problema di coscienza essere qui".
E ci sono stati, nonostante che ogni giorno in fabbrica va avanti una campagna (questa sì terrorista) fatta da capi, da sindacalisti dei sindacati di regime, con spostamenti di reparto dei lavoratori che hanno scioperato, degli iscritti fiom, di provvedimenti disciplinari e demansionamenti, e un clima di costante intimidazione, del tipo "attenzione, poi potrebbe toccare
a te...", di capi che seguono a vista gli operai più combattivi, controllandoli durante le pause per vedere con chi parlano, che cosa dicono... di sindacalisti di fismic, fim, uilm che girano nelle linee
contribuendo al clima di paura, ecc.
E' stata presente la rappresentanza dello slai cobas per il sindacato di classe di Taranto con un volantino di solidarietà e i compagni di proletari comunisti.
Abbiamo parlato con tanti operai e operaie, con i tre licenziati, abbiamo fatto inchiesta, abbiamo portato lo 'Speciale Fiat - le armi della critica contro il fascismo padronale", della rivista "La Nuova Bandiera" in uscita, che segue tutta la vicenda Fiat da giugno a settembre, trovando spesso consenso alla nostra puntuale denuncia e riconoscimento per il valore della nostra solidarietà di classe.
Particolarmente centrato è apparso il confronto Fiat Sata-Ilva di Taranto, dove alcune delle azioni Fiat hanno avuto una sorta di anticipazione, non solo da parte padronale, Padron Riva-Marchionne, ma anche di parte sindacale, il sindacalista del padrone segr.naz UILM Palombella, viene appunto dalla fucina siderurgia- Ilva Taranto.
L'udienza attesa con interesse, calma e determinazione dai dirigenti Fiom locali, dai delegati, dai loro avvocati e naturalmente da un vasto stuolo di giornali e TV, ha visto una provocatoria manovra della Fiat: prima ha deposto come prova a suo favore il famigerato articolo di Panorama, contenente la cronaca infame e criminalizzante oltre che non veritiera sulla giornata dello sciopero e il blocco dei cosiddetti carrellini; poi ha chiesto di ascoltare come testimone il segr. nazionale della FISMIC Di Maulo, che si è autoproposto, come testimone a favore della azienda, per rendere testimonianza dei fatti raccontati da Panorama, dato che a suo dire
i sindacalisti anonimi denuncianti, non potrebbero testimoniare perché non hanno garanzie circa rappresaglie che potrebbero avere dalla FIOM..., una richiesta ridicola e assolutamente ingiustificata dato che il Di Maulo non era presente ai fatti e non c'entra niente con lo sciopero, i sindacalisti anche Fismic presenti agli eventi non sono affatto anonimi, ma citati come testi nell'elenco presentato dalla stessa Fiom.. è evidente che si vuole imbastire una provocazione anche mediatica che punta a falsare il clima del processo e a dare una immagine della Fiat Sata, come nelle mani di operai violenti Fiom che intimidirebbero e eserciterebbero rappresaglia verso chi testimoniasse a favore della fiat..
Questa richiesta dimostra inoltre che la Fiat non ha niente in mano se non questi risibili e assurdi 'testimoni anonimi'. I legali Fiom hanno immediatamente respinto questa richiesta, il giudice si
è a questo punto riservato di decidere e l'udienza è stata sospesa.
I legali Fiom hanno ribadito che continueranno a chiedere comunque l'immediata esatta esecuzione della sentenza che stabilisce il rientro degli operai al lavoro.
I delegati e operai interessati hanno ribadito la loro fiducia nella magistratura ma anche la rabbia per l'azione ostruzionistica e provocatoria della Fiat.
La lotta continua con assemblee per la riapertura della lotta in fabbrica sui temi dei diktat-piano della fiat, il piano industriale con gli effetti nella fiat sata, la campagna di intimidazione antisindacale che prosegue...

i compagni presenti alla udienza di oggi alla fiat sata dello slai cobas per
il sindacato di classe taranto e di proletari comunisti .. cobasta@libero.it
ro.red@libero.it 347-5301704 6 ottobre

PS. Caloroso l'incontro con compagni operai che conoscevano o erano stati tirati in ballo nella precedente montatura giudiziaria targata Fiat della Procura di Potenza, per 'terrorismo' nei confronti di attivisti nazionali dello slai cobas per il sindacato di classe e di proletari comunisti
operanti ai cancelli della Fiat Sata

pc quotidiano 6 ottobre - La crisi continua a colpire, le masse rispondono

La crisi che colpisce soprattutto le masse popolari si è resa molto visibile in alcune delle città più grandi del mondo, da quei paesi che i padroni definiscono emergenti alle città dei paesi imperialisti.
I padroni e i loro governi insistono con affermazioni rassicuranti che la crisi è passata e sono visibili i primi sintomi di ripresa… i padroni continuano a mentire!
Alcuni dati del mondo
Indonesia e Cina sono tra le economie trainanti in questa fase del mercato (il loro pil è visto in crescita nel 2010 rispettivamente del 5,5% e del 9,5%), eppure le loro città non sono rimaste del tutto immuni dalla recessione.
Jakarta è teatro di disordini negli ultimi giorni, provocati dagli abitanti degli slum, esclusi dal boom economico, che oggi faticano persino a comprare il riso, dopo i rialzi della materia prima.
Non va meglio in alcuni centri cinesi, alle prese con lo scoppio della bolla immobiliare, che ha portato oggi a 64milioni di alloggi vuoti. Emblematico il caso di Kangbashi, che è stata pensata e realizzata per divenire il simbolo della Cina moderna. Così nel 2004, il centro immerso nella steppa mongola fu investito da ingenti investimenti pubblici, destinati a realizzare edifici moderni e infrastrutture efficienti. Ma il crollo dell'immobiliare ha reso il viaggio di ritorno ancor più rapido dell'andata e il centro oggi è abitato da non più di 28mila persone. Un'inezia rispetto alle due milioni di unità progettate.
Le stesse manie di grandezza sono state pagate a caro prezzo da Dubai, capitale dell'omonimo emirato del Golfo Persico, la città con i grattacieli più alti del mondo, oggi in buona parte disabitati per la fuga delle aziende e dei ricchi cittadini occidentali, che per qualche anno avevano visto in questo angolo di Medioriente il baricentro mondiale dei prossimi decenni.
Episodi di violenza a Bristol, cittadina del Sud-Ovest della Bretagna, un tempo centro di spicco per l'industria della carta, oggi in forte declino (disoccupazione al 15%) e attraversata da episodi di violenza di stampo razzista.
E in Italia…
Particolarmente critica è la situazione di Napoli, con il problema dei rifiuti che ha fatto il giro del mondo, provocando un crollo degli arrivi turistici. Una situazione che sembrava ormai alle spalle, ma che negli ultimi giorni si è riproposta drammaticamente con cumuli di rifiuti per le strade. Con l'aggiunta della prospettata chiusura del Madre, l'unico museo di arte contemporanea di tutto il Mezzogiorno.

(dalla stampa borghese)

pc quotidiano 6 ottobre - PROCESSO THYSSENKRUPP: UDIENZA DEL 5 OTTOBRE

La giornata a Palazzo di Giustizia comincia con il consueto presidio della Rete nazionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro, per l'occasione affiancata dall'associazione Legami d'acciaio che distribuisce un volantino nel quale si chiede verità e giustizia a quasi tre anni dall'eccidio dei
sette operai della linea cinque dello stabilimento di corso Regina Margherita 400.
Nei giorni scorsi, gli aderenti all'associazione avevano lanciato un appello alla cittadinanza affinché fosse presente in massa a quelle che saranno le ultime udienze del processo, che ormai sta giungendo all'epilogo: a giudicare dall'insolito affollamento della zona riservata al pubblico -
solitamente desolatamente vuota - si direbbe che sia stato recepito.
La seduta si apre alle ore 9:30 e la presidente, Maria Iannibelli, dà la parola al pm Raffaele Guariniello che inizia, con l'aiuto delle sostitute Laura Longo e Francesca Traverso, la requisitoria di quello che è il primo processo, che riguarda le morti sul lavoro, che si svolge davanti alla Corte
d'Assise: questo avviene perché uno degli imputati, l'ad Harald Hespenhan, è accusato non già di omicidio colposo, ma di 'omicidio volontario con dolo eventuale', per aver rinviato 'con colpa cosciente' un investimento per la sicurezza della linea cinque a dopo che questa fosse stata spostata a Terni; ciò nonostante conoscesse bene l'alta probabilità di un incidente mortale a
causa delle lacune, in tema di sicurezza degli impianti e di professionalità, dovute alla chiusura dello stabilimento - comunicata nel 2007, decisa nel 2005, e prevista per il giugno 2008.
La parte odierna dell'esposizione, effettuata con l'aiuto di alcune diapositive e l'ausilio della trascrizione di alcune testimonianze, si articola nei seguenti temi di prova: programmazione della decisione di chiudere lo stabilimento di Torino; descrizione particolareggiata delle crescenti condizioni di abbandono dello stesso - cosa che è la parte più rilevante, perché rappresenta il presupposto in base al quale si è arrivati alla contestazione del dolo nel capo di imputazione; conseguenze della decisione di chiusura con riferimento al fatto che i vertici conoscessero
benissimo i rischi derivanti dalla mancanza, nell'ultimo periodo, di molte professionalità, cosa che ha portato alla carenza di manutenzione degli impianti ed alla conseguente problematicità della sicurezza, e se ne fregassero bellamente.
Nella prossima udienza, in programma venerdì 8 ottobre, è prevista la continuazione della requisitoria del pm.

Torino, 05 ottobre 2010

Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino

pc quotidiano 6 ottobre -inizia davvero il processo per antonino mingolla morto 4 anni fa all'Ilva di Taranto

Antonino Mingolla è morto il 18 aprile 2006, dopo 4 giorni di agonia, per aver inalato gas letale fuoriuscito dalla tubazione di un altoforno dello stabilimento Ilva di Taranto, dove stava lavorando alla sostituzione di una valvola.
Il processo per la sua morte è iniziato oggi 6 ottobre 2010, quattro anni e mezzo dopo. Quattro anni e mezzo che sanno già di giustizia negata.
C'era all'udienza la moglie, Franca, che in questi anni, con coraggio e dolcezza, ha trasformato il suo dolore in determinazione a chiedere giustizia per Antonino e tutti gli altri assassinati sul lavoro.
C'era la figlia, che ha avuto il tempo di diventare maggiorenne e costituirsi oggi parte civile.
C'erano i compagni dello Slai cobas per il sindacato di classe e della rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, che in occasione del terzo anniversario della morte di Antonino organizzarono a Taranto la seconda manifestazione nazionale, dopo quella a Torino, per chiudere simbolicamente qui una carovana di mobilitazione, dalla Thyssenkrupp all'Ilva, contro i padroni assassini e c'erano fuori del tribunale il loro striscione di solidarietà e denuncia.
Mancavano, quasi tutti, gli imputati: i responsabili della CMT, la ditta per cui Antonino lavorava, dell'Ilva e di un'altra ditta, la ISM che a quanto pare aveva in subappalto la competenza sulle pratiche relative alla sicurezza.
Il processo si è aperto con l'esame dei testimoni che avevano redatto le relazioni sull'incidente. In particolare è stato ascoltato l'ispettore del lavoro Severini, a cui a più di anno di distanza dai fatti il PM affidò il compito di relazionare sulla morte di Antonino, a integrazione della prima, dei tecnici della ASL, che evidentemente non chiariva a sufficienza la dinamica dei fatti.
Nella sua testimonianza Severini ha chiarito diversi punti chiave.
- Il gas che ha ucciso Mingolla non avrebbe dovuto essere nella tubatura a cui stava lavorando. C'era, e ha ucciso, perché non era stato intercettato prima, forse a causa di valvole difettose, o perché le tubazioni non erano state "lavate", con passaggio di azoto e ossigeno a pressione, entrambe pratiche previste dalle procedure di sicurezza;
- La postazione su cui lavorava - un ballatoio a 20 metri d'altezza poco più grande del tubo - non aveva vie di fuga, se anche Antonino avesse avuto dispositivi che rivelano la presenza di gas, non avrebbe potuto mettersi in salvo. Perfino per soccorrerlo e portarlo all'ambulanza i suoi compagni di lavoro hanno dovuto rischiare, improvvisando una una passerella con tavoloni;
- Responsabili della mancata sicurezza della lavorazione sono l'Ilva, tenuta ad effettuare le operazioni di svuotamento delle tubazioni prima della consegna dell'impianto alla manutenzione, e la ditta per cui Mingolla stava lavorando, che non ha predisposto alcuna impalcatura o altro accorgimento per facilitare il rapido abbandono della postazione di lavoro.
Conclusa la testimonianza di Severini L'udienza si è chiusa con l'acquisizione agli atti, della prima relazione realizzata il giorno dei fatti, senza esame del teste che l'ha redatta, e aggiornando la prossima udienza al 24 novembre.
Non sappiamo se qualcuno pagherà per la morte di Antonino Mingolla.
Non sappiamo se questa volta si riconosceranno le responsabilità di chi, Riva, impone e trae profitto da un intero sistema di lavoro insicuro, se al massimo si puniranno alcuni capi come per gli altri 43 operai morti da lavoro in Ilva dal 95 (anno dell'acquisizione da parte di Riva) a oggi, o se, come per la maggioranza degli oltre mille assassini da lavoro ogni anni, i colpevoli resteranno impunti.
Sappiamo però che contro i principali colpevoli della morte di Antonino e degli altri, contro il sistema del profitto al primo posto dei padroni assassini, contro lo Stato e il governo che li proteggono garantendo impunità e depotenziando le norme già blande per perseguirli, nei tribunali non si punta il dito, né le sentenze possono fermarli.
Per farlo occorre un'intera rivoluzione sociale e politica che affermi il primato della vita e il potere di chi lavoro contro quelli di chi se ne appropria.
Per questo continueremo a lottare come Rete insieme a Franca e agli altri che si sono uniti in questa battaglia per fermare la guerra di sterminio da lavoro, anche nei tribunali.

5.10.2010

pc quotidiano 6 ottobre - PERU'.i massacratori del popolo

"Mio figlio Javier è stato colpito da otto proiettili, uno per ogni anno della sua età. Questo dolore non può essere cancellato da una sentenza", ha detto all'IPS Rosa Rojas, parente di due vittime della strage di Barrios Altos nel 1991 in Perù, i cui principali responsabili sono stati condannati questa settimana. L'ex capo dei servizi segreti Vladimiro Montesinos e l'ex capo dell’esercito Nicolas Hermoza, numero due e tre rispettivamente nel regime dell'ex presidente Alberto Fujimori (1990-2000), sono stati condannati, venerdì scorso, a 25 anni in carcere per aver autorizzato la formazione di un commando segreto che ha ucciso 25 persone.
Anche i generali in pensione Julio Salazar, ex capo del National Intelligence Service, e Juan Rivero, ex capo dei servizi segreti dell'esercito Direzione, hanno ricevuto la stessa condanna.
Santiago Martin Rivas, il maggiore dell'esercito che ha guidato lo squadrone della morte conosciuto come il " gruppo Colina ", e il maggiore Pichilingue Carlos, che ha agito come sua mano destra, condannati anche loro a 25 anni di carcere.
Il 7 aprile 2009, Fujimori è stato condannato a 25 anni di carcere come mandante dei crimini commessi dallo squadrone.
Montesinos si era dichiarato innocente, ma durante il processo si è dimostrato che coordinava gli omicidi con Martin Rivas.
L’ex consigliere di Fujimori nel 2006 era stato già condannato a 20 anni di carcere per il suo ruolo nel contrabbando di armi alle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia ( FARC) nel 1999. Tuttavia, il diritto peruviano non prevede il cumulo degli anni di reclusione.
La Prima Corte Penale Speciale presieduta da Inés Villa ha concluso che 19 ex alti funzionari e agenti, pianificarono, approvarono e portarono a compimento l'uccisione di 15 civili nel quartiere di Lima di Barrios Altos (3 novembre 1991), nove agricoltori locali El Santa, situato a sei ore a nord di Lima (2 maggio 1992), e il giornalista dell’opposizione Pedro Yauri (24 giugno 1992).
Secondo la sentenza letta presso la Base navale di Callao, dove si è installato il tribunale per motivi di sicurezza, il governo Fujimori incoraggiò la formazione di un "commando di elite" di agenti del Servizio di Intelligence dell'esercito per svolgere azioni di ritorsione ogni volta che ’organizzazione maoista Sendero Luminoso compiva degli attacchi.
La corte ha ritenuto che nessuna delle vittime era un membro di Sendero Luminoso, al contrario di quanto sosteneva la difesa dei militari per giustificare gli omicidi.
"Siamo soddisfatti delle sentenze, ma non felici. Niente può alleviare il dolore che portiamo dentro", ha detto all'IPS Rojas Rosa, moglie di Manuel Rios, 31 anni, e madre di Jesù Rios, otto anni, entrambi uccisi a Barrios Altos. "Finalmente giustizia è stata fatta . Ci sono voluti molti anni ma finalmente è arrivata ", ha aggiunto .
"Manuel e io vendevamo dolci. Javier era il nostro figlio maggiore. Avevamo anche altre due figlie. Ero lì il giorno in cui entrarono gli assassini e spararono per uccidere. Sono stati molto crudeli ", ha detto.Per l'uccisione di un professore e nove studenti dell'Università di La Cantuta, commessi dallo stesso squadrone della morte il 18 luglio 1992, un gruppo di agenti era stato già condannato due anni fa, mentre si attende ancora la sentenza per altri imputati.
Per i crimini di Barrios Altos, la Santa e Peter Yauri, il primo tribunale penale ha condannato gli ex membri dello squadrone a pene tra i 15 ei 20 anni di carcere .
L'avvocato delle famiglie delle vittime di Barrios Altos, Gloria Cano, dell’associazione non governativa “Asociacion Pro Derechos Humanos”, ha parlato ampiamente in linea con la sentenza, anche se ha fatto qualche rimostranza.
"Non siamo soddisfatti dell'assoluzione del colonnello in pensione Victor Silva, ex capo di Army Intelligence ", ha detto all'IPS. "Egli era incaricato di fornire armi e logistica per il gruppo che ha commesso gli omicidi . La difesa chiederà l'annullamento della decisione in relazione a Silva ".
Cano ha anche detto che gli agenti di polizia hanno beneficiato della forma giuridica di una confessione sincera e che per questo meccanismo sarà ridotta la condanna da 25 a 15 anni o meno. "Crediamo che questa confessione non è completa perché gli ex ufficiali che hanno partecipato agli omicidi del giornalista Pedro Yauri e nove agricoltori del Santa non hanno rivelato il luogo della sepoltura dei corpi ", ha detto Cano.
"Fin quando i corpi delle vittime saranno dispersi , le famiglie continueranno a soffrire. Loro non meritavano una riduzione della pena perché non hanno detto tutta la verità ", ha aggiunto .
La lettura della sentenza era stata fissata per venerdì mattina, ma il Tribunale ha sospeso la seduta perchè Montesinos e i militari cantavano l'inno dell'Esercito , a dispetto della giustizia.
L'udienza è stata riprogrammata per il pomeriggio, e Montesinos ha usato la presenza della stampa per farsi fotografare con le copie dei suoi libri, "Sendero: Alerta Temprana" ["Sendero: Allarme immediato" e "Spionaggio cileno ".
Jesù Sosa , un assassino reo confesso che uccideva in serie ogni sospetto di appartenere a Sendero Luminoso per ordine dei suoi superiori, alzò il pugno in altro e lanciò slogan a favore dell'esercito.
Durante il processo, gli accusati hanno giustificato i loro crimini dicendo che erano "in guerra contro il terrorismo."
Rosa Rojas ha detto all'IPS che da quando hanno ucciso suo marito e suo figlio non ha sofferto solo per la tristezza, la disperazione e la rabbia per la mancanza della giustizia, ma anche per le molestie e le minacce dei militari che la minacciavano perché non parlasse.
"Ho assistito agli eventi, per cui risultavo scomoda. Hanno tentato più volte di fare male a me a alle mie figlie. Sono stati anni insopportabili, ma siamo riusciti a vivere per vedere fatta giustizia ", ha detto. "Ma non posso dire che sono felice né contenta , perché mentre i colpevoli pagheranno con 25 anni di carcere, riceveranno l'amore dei loro genitori, mogli e figli, mentre io non ho mio marito o mio figlio. Non riuscirò più a sentire il loro amore. Nessuna sentenza te li riporterà in vita", ha detto Rosa Rojas.
Undici ex ufficiali sono stati assolti per diversi motivi. Molti dei condannati hanno detto che si appelleranno. Ora il lungo e tortuoso processo legale passerà alla Corte Suprema per confermare, modificare o respingere la decisione.

martedì 5 ottobre 2010

pc quotidiano 5 ottobre - i morti di 'non lavoro' gridano vendetta !

Il terzo...quarto in pochi giorni.
Era successo a Palermo... un ricercatore universitario. Era successo a Castellammare di Stabia per un operaio dell'appalto Fincantieri.Era successo a brindisi e ieri ancora nel brindisini, a Ostuni, si è buttato da un treno in corsa Mino Nardelli, un laureato senza lavoro.
Aveva 38 anni e le aveva provate tutte. Laureato a pieni voti a 27 anni. Aveva cercato lavoro a Milano, nelle assicurazioni, part-time, cococo, 500 euro al mese ma 400 servivano per l'affitto. Non ce la si faceva a Milano.
E' tornato a Ostuni, non prima di aver provato, ancora, in un call-center. Dopo il ritorno a Ostuni, lavori di ogni tipo, se si possono chiamare lavori: autista di pulmino, estemporanee attività estive, scrutatore. Ma si poteva continuare a vivere così?
L'elenco dei morti da non lavoro contende il primato a quello dei morti da lavoro. Sotto il governo Berlusconi la disoccupazione aumenta e la precarietà pure. L'assenza di futuro è drammatica, nel Sud è ancora peggio. Nelle regioni di centro-destra, di Formigoni, come in quelle di centro-sinstra, di Vendola in Puglia, che sia un precario della scuola o un operaio della grande fabbrica o un senza-lavoro da sempre, il destino sembra essere lo stesso. A fronte della ricchezza sfrenata, dei profitti nella crisi, disoccupazione e povertà per masse sempre più estese di persone.
Bisogna ribellarsi a tutto questo e farlo in maniera organizzata. Bisogna scegliere forme collettive di lotta per il lavoro e il salario garantito, da Napoli a Palermo, da Taranto alle zone povere del centro-Nord. La lotta e organizzazione collettiva sono vita. L'impegno e il dibattersi individualmente è morte.
La violenza del sistema che uccide da lavoro e non lavoro è la violenza ingiusta di padroni, governo Stato assassini. Serve la violenza giusta, la violenza della lotta di massa capace di rovesciare tutto questo. la violenza ingiusta del sistema è morte, la violenza giusta delle masse è vita, fuori e contro partiti e sindacati di regime, fuori e contro governi di centro-destra come di centro sinistra, fuori e contro elezioni e parlamento. Per rendere il sacrificio estremo di chi muore non un sacrificio inutile, dopo una vita resa inutile.

proletari comunisti
5.10.10

pc quotidiano 5 ottobre -6 ottobre -tribunale di melfi - processo di appello della fiat contro il reintegro dei 3 delegati e operai fiom licenziati

il comunicato diffuso al processo da parte della delegazione dello slai cobas per il sindacato di classe di taranto

Solidarieta' e lotta di tutti
per i diritti di tutti


Gli operai, precari, disoccupati dello Slai cobas per il sindacato di classe di Taranto esprimono la massima solidarietà ai tre delegati operai della Fiom della Fiat Sata, licenziati e poi reintegrati da giudice ma non ancora rientrati al lavoro.
Si tratta di una pesante violazione del diritto di sciopero, delle libertà sindacali, delle prerogative degli operai e lavoratori, attraverso i loro delegati rappresentativi, di poter svolgere le loro funzioni sancite dallo statuto dei lavoratori e da leggi e contratti regolarmente firmati. Subire l'attacco e le violazioni, anche in una sola fabbrica, significa ledere questi diritti in tutto il mondo del lavoro. E' inutile ricordare che questo avviene per imporre il piano Marchionne come nuova legge in tutto i posti di lavoro, e che la disdetta del contratto nazionale dei metalmeccanici è un attacco al contratto nazionale in generale.
Tutti siamo chiamati a mobilitarci contro questo, Come operai dell'Ilva di Taranto, conosciamo questo atteggiamento da parte dei padroni, ne siamo colpiti e a volte vittime, e all'Ilva vittime significa vittime di morte sul lavoro e da inquinamento.
Come precari e disoccupati impegnarti nella lotta per il lavoro nella nostra città sappiamo bene che se passa questo attacco al lavoro, aumentano licenziamenti, precarietà e disoccupazione e quindi diventa ancora più difficile per noi portare a dei risultati la nostra lotta.
Per questo una nostra rappresentanza, con i nostri coordinatori provinciali, sono qui oggi per portare solidarietà e interesse di classe comune.

I licenziati reintegrati Fiat devono rientrare!
Libertà di sciopero e contratto nazionale devono essere difesi!
Il lavoro e i diritti prima di tutto!

6.10.2010
fip via rintone 22 ta

Operai, precari, disoccupati Slai cobas per il sindacato di classe Taranto
via rintone 22 taranto – cobasta@libero.it 347 -5301704

pc quotidiano 5 ottobre - Regione Lombardia ..prosegue l'attacco classista al diritto di studio

E' stato firmato il 27 settembre scorso l'intesa tra Formigoni, i ministri Sacconi e Gelmini per assolvere l'ultimo anno dell'obbligo scolastico mediante l'apprendistato. “Per contrastare la dispersione scolastica e lo sfruttamento della manodopera minorile la Lombardia adotta l'apprendistato di primo livello per adempiere al diritto dovere d'istruzione e formazione.” Così hanno affermato in coro i Ministri Gelmini, Sacconi e il Presidente della Regione Lombardia Formigoni.
Mentre si taglia nella scuola pubblica, rendendo l'accesso all'istruzione più selettivo, mentre per le famiglie la perdita di posti di lavoro, la perdita di potere d'acquisto dei salari, l'aumento del costo della vita rendono sempre più difficile garantire ai figli la possibilità, non già di una maggiore e migliore istruzione rispetto agli anni passati, ma anche solo l'assolvimento del “diritto-dovere all'istruzione e alla formazione”, si anticipa il ritorno all'indietro fortemente già spianato dalle politiche del governo nazionale: l' ultimo anno dell'obbligo scolastico si potrà assolvere fuori dalla scuola, nelle aziende. Con l'apprendistato, appunto. E siccome l'obbligo esiste, le migliaia di giovani vittime della “dispersione scolastica”, saranno obbligati ad assolverlo con l'apprendistato, lavoro sottopagato.

La Regione lombardia si conferma, così, ancora una volta battistrada delle politiche antipopolari e antiproletarie, contro le giovani generazioni, una regione che in nome della “libertà di scelta” ha fatto da apripista ai finanziamenti alle scuole private. Finanziamenti alle private che tante risorse finanziarie, sia a livello locale che nazionale, hanno sottratto. Ma con questa intesa si fa di più, si interviene direttamente e profondamente in materia di “relazioni industriali”. Dagli stage aziendali, al lavoro in azienda.

Milano, 4 ottobre 2010

pc quotidiano 5 ottobre - partecipiamo alla manifestazione di roma del 16 ottobre

proletari comunisti aderisce e partecipa alla manifestazione nazionale del 16 ottobre per sostenere la lotta contro il piano fiat, contro la disdetta del contratto nazionale di lavoro,contro l’attacco allo statuto dei lavoratori e ai diritti dei lavoratori, per l’unita’ operai-precari-disoccupati
per il lavoro e il salario garantito contro il governo Berlusconi e ogni governo dei padroni, contro lo stato dei padroni

IL piano fiat-Marchionne con l’attacco alla malattia e al diritto di sciopero, I licenziamenti repressivi negli stabilimenti fiat E la disdetta del contratto nazionale di lavoro sono un Salto di qualità verso un regime di moderno fascismo e schiavismo in fabbrica e nella societA’ portato avanti da padroni e governo - con l’appoggio dei sindacati complici dei padroni CISL-UIL-UGL-Fismic..

Estendiamo la lotta operaia in tutte le fabbriche e in tutto il paese per fermare questo attacco dei padroni e questo regime in formazione:antioperaio anticostituzionale, dittatoriale

costruiamo insieme dal basso il nuovo sindacato di classe e di massa con le energie migliori presenti nelle fabbriche e nei posti di lavoro

facciamo appello alle avanguardie operaie e proletarie per costruire insieme il nuovo partito della classe operaia,il partito comunista di tipo nuovo, proletario rivoluzionario, marxista-leninista-maoista necessario per rovesciare il potere dei padroni e conquistare il potere operaio

lunedì 4 ottobre 2010

pc quotidiano 4 ottobre - IL PAPA A PALERMO: VISITA NON GRADITA

Nel giorno della visita del Papa molti palermitani hanno trascorso la bellissima giornata a Mondello a prendere il sole e fare il bagno; la maggior parte, se ne è disinteressata, e quelli che hanno voluto esprimere il proprio dissenso sono stati repressi dalla polizia.

Il Papa ha comunque avuto il suo “bagno di folla”, amplificato dai giornali e dalle dirette TV, dovuto soprattutto al grande lavoro delle parrocchie e delle varie comunità che hanno fatto affluire gente da tutta la Sicilia.

Ma quei palermitani che volevano ricordare pubblicamente quanto questo Papa si sia dovuto occupare più dei preti pedofili che delle messe, più dei soldi della banca vaticana che dei poveri e quindi quanto poco abbia a che fare con la “santità” hanno scoperto quanto lo Stato, attraverso il suo braccio armato, la polizia e la digos in questo caso, non tolleri contestazioni alle “autorità” e passi alla repressione senza problemi.

Uno striscione, infatti, come riportano i giornali, è stato sequestrato ad una famiglia che lo aveva appeso al balcone. Riportiamo dal giornale di Sicilia: "La mia casa sarà casa di preghiera, ma voi ne avete fato una spelonca di ladri.” [dal Vangelo di Luca]. L’intervento delle forze dell’ordine è avvenuto intorno alle 2 quando gli inquilini di un appartamento hanno provato a stendere il pezzo di stoffa, lungo dieci metri, da una terrazza proprio davanti alla spianata del Foro Italico dove il Papa ha poi celebrato la messa. Nell’abitazione sono arrivati i poliziotti che hanno identificato gli autori, invitandoli a togliere lo striscione.
“Abbiamo resistito – dice Franca Gennuso, una delle autrici – rivendicando il diritto di espressione. Ma non è servito a niente: stamattina ci hanno nuovamente chiamati dalla questura, intorno alle 6, e un’ora dopo sono arrivati i vigili del fuoco con una scala mobile e hanno tentato di strappare lo striscione. A quel punto lo abbiamo ritirato: quanto meno di resta a futura memoria”. “Stanotte – aggiunge - hanno bussato insistentemente e minacciato di sfondare la porta. Sarebbe questa la libertà d’espressione in questo paese.”
Il giornale continua:
"Il secondo episodio nei pressi dei Quattro Canti ed è intervenuta la polizia. “Ho assistito a una scena da brividi: gli agenti che stappano di mano un cartello strattonando un anzino ben vestito solo perché aveva osato scrivere “Difendiamo i bambini e non i preti.” Lo afferma Giovanni Bruno, responsabile dell’area Marino del Pd in Sicilia. “L’episodio è avvenuto all’altezza dei quattro canti introno alle 13 poco prima del passaggio del papa a bordo della sua Papamobile – aggiunge Bruno - se per la polizia quell’uomo, mostrando quel cartello, stava commettendo un reato allora avrebbe dovuto portarlo in commissariato e denunciarlo. Invece, tutto è successo solo perché un normale cittadino stava esprimendo la propria opinione, tra l’altro senza offendere nessuno.”
L’ultimo episodio è avvenuto da “Altroquando”, libreria di corso Vittorio Emanuele come denunciato sul sito Internet del negozio. Una trentina di agenti della Digos, dicono i responsabili della libreria, hanno sequestrato uno striscione con la scritta “I love Milingo” assieme a delle tavole satiriche sulla Papamobile.


Ma già durante i preparativi della manifestazione lo zelo della polizia si era spinto fino alla “visita” di tutti gli appartamenti lungo le strade del percorso papale, con schedatura degli abitanti.

pc quotidiano 4 ottobre - LETTERA APERTA DEI FAMILIARI DELLE 7 VITTIME THYSSENKRUPP

LETTERA APERTA DEI FAMILIARI DELLE 7 VITTIME THYSSENKRUPP

Siamo i familiari dei sette ragazzi della ThyssenKrupp di Torino che sono stati bruciati vivi il 6 dicembre di tre anni fa…

Le nostre vite si sono fermate quel giorno, come le loro…

Da allora a oggi, per più di 100 udienze, si è svolto il processo nei confronti dei responsabili di quelli morti. I cittadini e i lavoratori di tutta Italia, e di Torino in particolare, sono stati con noi.

Adesso, il processo si chiude e i giudici dovranno prendere la loro decisione.

E’ di nuovo ora!

Ora come all’inizio è importante che i cittadini e i lavoratori siano di nuovo presenti con noi, in aula e davanti al Tribunale.

E’ importante che i giudici non siano lasciati soli nel momento in cui dovranno decidere.

I GIORNI 5, 8 E 13 OTTOBRE RIEMPITE DI NUOVO CON NOI LA MAXI AULA 1 DEL TRIBUNALE DI TORINO

I conti non sono chiusi: spetta ai giudici stabilire che genere di pena meriti il comportamento degli imputati.

La sentenza dovrà riconoscere il valore della vita dei nostri ragazzi.

Torino, 2 ottobre 2010

FIRMATO: I FAMILIARI DELLE 7 VITTIME

Recapiti telefonici dei familiari delle vittime ThyssenKrupp:

340/09.03.117
349/82.03.456
340/48.22.658
347/69.11.328

pc quotidiano

sta per uscire la rivista la nuova bandiera numero 5
un numero importante

pc quotidiano 4 ottobre - costruire ovunque è possibile comitati di sostegno alla guerra popolare in India

il 25 Settembre 2010 a Palermo, Sicilia, Italia si è formato il Comitato di sostegno alla Guerra Popolare in India nell'ambito della costruzione di altri comitati locali nel nostro Paese come parte integrante del Comitato di Sostegno alla Guerra Popolare in India-Italia.
Il sistema imperialista mondiale attacca i proletari, i lavoratori e le masse popolari sia nei paesi oppressi dall’imperialismo sia all’interno dei paesi imperialisti.
Per questo motivo noi lavoratori, donne, studenti e proletari coscienti siamo solidali con la Guerra Popolare che in India si sviluppa contro la borghesia compradora indiana ed i suoi rappresentanti e servi, ci opponiamo fermamente al genocidio portato avanti dal governo indiano sotto il nome di “Operazione Green Hunt” e sentiamo come nostre le vittorie che la Guerra Popolare conquista quotidianamente.
Come comitato locale ci impegniamo a sostenere le iniziative nazionali e internazionali a sostegno della Guerra Popolare in India e a livello locale ci impegneremo per portare a conoscenza dei lavoratori, delle donne, dei proletari e degli studenti quello che sta avvenendo in India tramite volantinaggi di massa, videoproiezioni, e manifestazioni di piazza.

Viva la Guerra Popolare in India!
Stop immediato all’operazione genocida Green Hunt!

Comitato di Sostegno alla Guerra Popolare in India- Palermo

materiali,riviste,video,possibilità di incontri in ogni città
scrivi a csgpIndia@gmail.com

pc quotidiano 4 ottobre - India..il PCI maoista chiamo a uno sciopero generale in 6 stati per denunciare la repressione in Kashmir

info a cura del comitato di sostegno internazionale alla guerra popolare in India - sede Italia info. csgpIndia@gmail.com



domenica 3 ottobre
Il partito Comunista dell'India (maoista)ha proclamato uno sciopero generale di 24 ore per il 30 settembre negli stati di Chhattisgarh, Andhra Pradesh, Bihar, Orissa, Bengala Occidental e Jharkhand e nei distretti di Gadchiroli, Gondia e Chandrapur nello stato del Maharashtra e Balaghat distretto nello stato di Madhya Pradesh
per protestare contro la morte di piùdi 100 civili a Jammu e Kashmir dal mese di giugno
Jammu e Cachemira è uno stato dell'India, dove vi è un forte movimento indipendentista.nel giugno scorso le tensioni tra il popolo e la polizia e forze armate indiane sono state scatenate dall'uccisione di un giovane manifestante da parte della polizia. I giovani si stavano difendendo con un lancio di pietre dall'attacco della polizia.
Un comunicato emesso da Anand,segretario della sede regionale del PCI(maoista)e Abhay,portavoce del comitata centrale del PCIm ha espresso il suo appoggio alla 'giusta lotta in kashmir'
La dichiarazione chiede inoltre 'la cessazione immediata dei massacri commessi dalle forze indiane in Kashmir', il ritiro delle forze militari e paramilitari, il ritiro della Legge pdei Poteri Speciali delle Forze Armate, un referendum per il kashmir e la liberazione di tutti i prigionieri politici . "


Il Fronte di Liberazione del Jammu e Kashmir (rivoluzionario)ha accolto con soddisfazione la decisione del PCI (Maoísta )

pc quotidiano 4 ottobre - comunicato contro la repressione nei paesi baschi

dal blog : redblock-it.blogspot.com

Lo scorso 28 settembre la polizia spagnola ha arrestato 7 indipendentisti baschi e militanti dell'organizzazione internazionalista Askapena. Solita accusa ovvero l'appartenenza all'ETA: l'organizzazione che lotta per l'indipendenza dei Paesi Baschi dagli stati spagnolo e francese, considerata terrorista e quindi illegale nell'Unione Europea e negli USA.
Red Block esprime massima solidarietà militante ai compagni arrestati dallo stato spagnolo e si impegna a diffondere la conoscenza dell'accaduto e ad organizzare la solidarietà tra i giovani proletari e studenti con cui lavoriamo e che organizziamo a Palermo.
E' necessario riprendere il filo delle manifestazioni internazionali di solidarietà al popolo basco e ai popoli in lotta intraprese nei mesi addietro per rafforzare effettivamente la solidarietà al popolo basco e a tutti popoli oppressi dall'imperialismo.

Walter, Gabi, Unai, Itxaso, Lekuona, Ruben David e Aritz liberi subito!
La lotta dei popoli non è terrorismo!
A morte l'imperialismo!
Viva la solidarietà internazionalista!

di seguito il comunicato di Askapena:

Comunicato di Askapena.

In seguito alla retata contro Askapena, portata avanti dalla polizia nazionale spagnola all'alba di martedì 28 settembre, dall'Organizzazione Internazionalista Basca Askapena vogliamo comunicare quanto segue:

1- Denunciamo fermamente il sequestro da parte dell'apparato repressivo dello Stato spagnolo di sette militanti internazionalisti. Vogliamo sottolineare che questa operazione si inquadra in una campagna di criminalizzazione della solidarietà tra i popoli che cominciò anni addietro con intossicazioni diffuse dai mezzi di comunicazione al servizio degli interessi dell'impero e che sempre ebbe Askapena come punto di mira.

2- Innanzitutto, vogliamo esprimere la nostra solidarietà ai e alle detenute, ai loro famigliari e amici. Allo stesso modo vogliamo mostrare la nostra preoccupazione per il trattamento che potrebbero ricevere durante la “incomunicazione”.

3- Questa operazione non è altro che l'ennesimo attacco contro il processo che si sta ponendo in marcia nei Paesi Baschi. Lo Stato spagnolo invece di offrire una soluzione politica e democratica, utilizza unicamente i mezzi repressivi e sta provando a sabotare il cammino intrapreso. In tal senso, l'implicazione e la solidarietà esistente per il raggiungimento di una soluzione democratica si sono convertite in un problema per lo Stato spagnolo, e vuole fermarle.

4- Facciamo appello al popolo basco affinché solidarizzi con i e le detenute e con Askapena, e che prenda parte alle mobilitazioni di protesta davanti a questo colpo repressivo.

5- Allo stesso modo facciamo appello ai popoli in lotta e alla rete Amici e amiche di Euskal Herria affinché denuncino la natura totalitaria dello Stato spagnolo, e più concretamente, che solidarizzino con Askapena, affinchè i diritti di questo popolo vengano rispettati.

Libertà per i e le detenute!

Viva Euskal Herria internazionalista!

Tanti popoli, un'unica lotta!

Herriak independentzia!

pc quotidiano 4 ottobre - un ultimo saluto a pugno chiuso al compagno partigiano Raffaele De Grada

http://www.pugliantagonista.it/archivio/raffaele_de_grada.htm

Premessa

Sono appena di ritorno dalla prima assemblea della neocostituita sezione
dell'ANPI di Brindisi, il tempo di accendere il PC per uno sguardo veloce
prima di correre a lavoro, quando sotto gli occhi scorre un annuncio che ti
fare un balzo al cuore e ti costringe a ripercorrere idealmente 40 anni di
impegno politico vissuto avendo come riferimento valori che si
identificavano con uomini come De Grada.:-" Raffaele de Grada, critico
d'arte, scrittore, comunista e partigiano è morto ieri 1 ottobre 2010 a
Milano"-



Raffaele De Grada Jr



De Grada, un nome che ha accompagnato la mia generazione negli anni della
gioventù vissuta a passo di corsa, ma sapendo che, nel caso avessimo
smarrito la strada sarebbe bastato semplicemente fermarsi, riprender fiato
e chieder consiglio a uomini come "Raffaelino".



Lui, borghese e figlio d'arte, critico e scrittore, comunista e comandante
partigiano, lui, che nel periodo buio della guerra, insieme a Pajetta e
Curiel fondò quel Fronte della Gioventù ( da non confondersi con
l'organizzazione giovanile neofascista che negli anni 60 provocatoriamente
assunse l'omonima sigla) che a Milano e Firenze fornì alla Resistenza una
agguerrita generazione di giovani partigiani, lui comandante delle brigate
partigiane fiorentine, lui, prima voce di Radio Milano il 27 aprile 1975,
lui segretario italiano negli anni 50 a Parigi,del Comitato Mondiale dei
partigiani della Pace, lui uno dei primi firmatari della dichiarazione di
Stoccolma per la messa al bando dell'atomica sul Pianeta,.lui e Francesco
Leonetti la coppia di intellettuali in perenne dibattito e messa in
discussione di certezze e ideologie, lui che da parlamentare comunista ,
passò gli ultimi anni di impegno politico da consigliere comunale milanese
tra i banchi di Democrazia Proletaria e che fu anche direttore del giornale
dell'estrema sinistra Fronte Popolare, mentre Francesco Leonetti transitava
quel che rimaneva del PC(m-l)I , e gli eredi di Servire il popolo e
dell'Unione dei comunisti italiani ( marxisti-leninisti) , alla fine degli
anni 70 , nell'Area dell'Autonomia Operaia.



Uno scherzo del destino, ma forse semplicemente la vera immagine di quanto
gli anni 60 son stati crogiuolo di idee, sperimentazioni, ripensamenti,
passioni immense e profondi capovolgimenti è proprio quello che lega
Raffaele De Grada con quell'area del marxismo leninismo (che spesso è stata
ritenuta semplicemente l'idiota pappagallo della retorica propaganda
maoista) che il sottoscritto e tanti altri giovanissimi nel 69 abbracciammo
con entusiasmo: fu in quel magma incandescente che erano gli ambienti
universitari ed intellettuali "rivoluzionari" milanesi che Aldo Brandirali
il discusso capo di Servire il Popolo conobbe la figlia di De Grada e la
sposò, divenendo il genero che, nel 1975, fulminato sulla via di Damasco
abbandonò allo sbando il suo piccolo partito maoista e tempo dopo divenne
, purtroppo, uomo di punta di un altro crogiolo politico, quello che
attraverso Comunione e Liberazione ha portato all'avvento a Milano di re
Roberto Formigoni.



Un destino che vuole oggi, a dare l'ultimo saluto al suocero, sia stato
lo stesso Brandirali con le parole che tutti noi avremmo dedicato a
Raffaelino:"-. appassionato parlamentare comunista ed esempio di come si
vive stupiti dalla bellezza e moralmente impegnati per la giustizia.-



Sì, occorre una nuova generazione di appassionati comunisti, amanti della
bellezza della vita , capaci di gustare il profumo, sempre più difficile da
trovare, dei prati in fiore, delle spighe di grano appena falciato, del
sudore dei corpi di contadini e operai soddisfatti del lavoro quotidiano
perché consapevoli che esso non produce mezzi di morte e di guerra ma
sicuro progresso per i loro figli e non in antitesi con le esigenze delle
altre specie del nostro pianeta.

La Pace e la Giustizia, due testimoni da raccogliere dall'eredità delle
battaglie di Raffaele De Grada affinché, quando toccherà il nostro momento
di lasciare ad altri il nostro cammino di impegno , possiamo scrivere le
stesse parole con le quali , la madre di Raffaele , anche lei borghese,
divenuta comunista e partigiana, Magda Ceccarelli chiude il suo Diario -
di resistente- ( premiato pochi giorni fa a Pieve Santo Stefano, ultima
gioia per Raffaele) narrando del primo giorno di libertà dal nazifascismo
"- E' bello vivere e soprattutto aver vissuto così. Aver portato un piccolo
contributo, un sacrificio di lacrime e di azione. Aver aiutato a
vincere.Essere stati nel vero. Sempre,senza confusioni, senza incertezze,
senza pentimenti. Aver visto chiaramente la strada e averla seguita. Essere
stati onesti nella nostra fede. Lascio che i ragazzi bivacchino e mi
addormento. E' la prima notte di pace"-

Un saluto a pugno chiuso a Raffaele e a mamma Magda.



Antonio Camuso

Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi , 3 ottobre 2010

pc quotidiano 4 ottobre - UNA SENTENZA INDEGNA

Il 26 ottobre 2007, all'interno del Centro intermodale merci di Novara, moriva - travolto da un locomotore - l'operaio 21enne Thomas Demarziani.
Ieri il Tribunale ha emesso la vergognosa sentenza di primo grado per 'omicidio colposo', che vede tre assoluzioni e sette 'condanne' a pene che definire ridicole è un pallido eufemismo.
Eccole nel dettaglio: un anno e quattro mesi a Sergio Bisagni e Alvaro Spizzica, dirigenti della società Eurogetaway; un anno a Biagio Grieco, presidente della NovarCops, ed a Ezio Cavallino, dirigente della stessa azienda; otto mesi a Renzo Gavinelli e Antonino Spezzano, capozona e manovratore; stessa pena a Roberto Macagno, dirigente di area.
Per l'ennesima volta ci si trova di fronte ad una sentenza formale di condanna per i dirigenti delle società coinvolte in un omicidio sul posto di lavoro, ma la stessa è di così lieve entità da consentire loro di continuare impunemente a fare come meglio credono.
Serve continuare la lotta perché vengano notevolmente inasprite le pene per chi, della sicurezza dei lavoratori, se ne frega perché sa di non rischiare nulla.
I padroni assassini devono sapere che rischiano seriamente la meritata galera.

Novara, 03 ottobre 2010




Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino

domenica 3 ottobre 2010

pc quotidiano 3 ottobre - RIDATECI SARAH!

Dal Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario di Taranto

"RIDATECI SARAH!", “Sarah ritorna presto”, “Sarah ci manchi”, “Sarah il tuo banco è vuoto”.
Queste sono state soprattutto le frasi scritte sui cartelli nel sit in che circa 50 studenti, soprattutto i compagni e le compagne di classe hanno voluto fare ieri mattina, per tutto l'orario scolastico, davanti alla scuola alberghiera di Maruggio, un paese vicino Avetrana in provincia di Taranto, per Sarah la ragazza di 15 anni scomparsa dal 26 agosto. “E' importante anche far capire a Sarah che le siamo vicini” - ha detto uno studente. Sono gli unici in questi giorni - in cui troppo presto altri nel paese l'hanno data per morta quasi per liberarsi di un peso - che mandano un messaggio non solo di preoccupazione, ma anche di solidarietà con Sarah, di speranza, che ancora dicono “speriamo di cuore che Sarah sia ancora viva”

Ma anche per fare questo sit in le ragazze e i ragazzi della scuola hanno dovuto rompere un clima brutto, in cui si chiede solo ancora più polizia, più carabinieri, più esperti e il silenzio di chi, vivendo la stessa vita di Sarah, invece potrebbe forse dire delle cose utili per ritrovare Sarah.
I compagni di Sarah hanno dovuto fare questo sit in rompendo il divieto del preside, Francesco Castronuovo, che all'inizio ha minacciato addirittura provvedimenti disciplinari per “diserzione delle lezioni”, e poi vista la determinazione degli studenti si è dovuta accontentare di segnare l'assenza sul registro. Un preside che ha tolto l'incarico ad un professore perchè aveva rilasciato interviste e aveva osato dire che Sarah aveva litigava spesso con la madre; un preside di chiaro stampo gelminiano che sta pensando soltanto a contare i giorni di assenza dalla scuola di Sarah perchè “... c'è questa nuova norma secondo cui con 50 giorni di assenza si perde l'anno...”. Ma che schifezza di persona! Un preside che ha creato un clima di ricatto tra gli insegnanti (“io posso rimuovere dall'incarico anche in corso d'anno... ogni decisione le prendo io, le direttive le do io... ora occorre calma e silenzio...”), tanto che nessuno ha partecipato al sit in dei compagni di Sarah.

Questo iniziativa è stata invece l'unica cosa bella, limpida, sincera di questi giorni in cui tutto il resto diventa sempre più oscuro e in cui ruolo di familiari più vicini, ruolo di maschi adulti, troppo grandi per Sarah, si fa sempre più ambiguo e preoccupante.

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario – Taranto

3.10.10

pc quotidiano 3 ottobre - FIAT SATA: CONTRO IL "RITORNO ALLA NORMALITA'"

Mercoledì prossimo, 6 ottobre si apre il processo di appello sul ricorso della Fiat contro la sentenza a favore dei 3 operai licenziati della Sata di Melfi. E' necessario esserci, perchè ancora una volta la mobilitazione di classe possa strappare una nuova vittoria giudiziaria.

Ma chiaramente il fronte principale di lotta resta la fabbrica e su questo le cose non vanno bene.
La scorsa settimana 5mila e 800 operai della Sata e 2mila dell'indotto sono stati messi in cassintegrazione e una nuova cig partirà dal 25 ottobre.
Ma è soprattutto sulle condizioni generale di lavoro degli operai e sull'effettiva possibilità che i tre operai licenziati tornino al lavoro che guardando alla fabbrica la realtà non è affatto incoraggiante; e quindi questo pone l'assoluta necessità di fare della fabbrica il terreno di scontro, non solo a parole ma nei fatti, contro padron Marchionne e contro i suoi servi.
Vincenzo Tortorella segretario regionale della Uilm di Potenza venerdì durante l'assemblea a Napoli di Cisl e Uil ha dichiarato: “(quella dei 3 licenziati) è una vicenda ormai prettamente giudiziaria... credo che su questa storia siano stati usati toni eccessivi e ci sia stata una spettacolarizzazione della vicenda... è necessario tornare alla normalità e lavorare per dare certezza ai lavoratori”
Tortorella sembra la classica persona che fa dello spirito al funerale: parla di “tornare a lavorare” quando anche gli operai di Melfi non vengono fatti lavorare normalmente! perchè messi tutti per settimane in cassintegrazione – tra l'altro proprio alla Sata, dove Marchionne aveva chiesto quest'estate più carichi di lavoro, e dove proprio contro questo aumento di lavoro vi erano stati gli scioperi che hanno poi portato al licenziamento dei tre operai. Tortorella parla di “tornare alla normalità” ma la normalità che vogliono padroni e sindacati di regime è quella per cui gli operai devono piegarsi e zitti, devono rinunciare ai diritti; è la “normalità” della galera, in cui chi esce fuori dalle righe è giusto, per questi servi, che venga allontanato.

Per questo occorre tornare a fare della Fiat di Melfi il terreno principale di un nuovo scontro, anche per il legittimo ritorno al lavoro dei tre operai e delegati licenziati; tornare in fabbrica per impedire questa normalità di supersfruttamento che vogliono imporre.

In questo senso, se l'ultima decisione del giudice del lavoro - che ha dichiarato la sua incompetenza per far rientrare in fabbrica in modo forzoso i tre operai – è una assurda contraddizione: lo stesso giudice non può da un lato emettere una sentenza di reintegro al lavoro e poi dall'altro affermare che non è competente a farla applicare e di fatto dare ragione a Marchionne che dice: io li riprendo ma non devono entrare in fabbrica; nello stesso tempo dobbiamo purtroppo dire che l'indicazione che il giudice dà alla Fiom è quella che serve se si vuole effettivamente far rientrare in fabbrica gli operai:
“il giudice ha detto – spiega Landini segr. nazionale Fiom – che se la Fiom vuole raggiungere questo obiettivo, deve produrre un atto forzoso nei confronti della Sata... e se l'atto non viene rispettato, deve allora ricorrere al giudice delle esecuzioni”.
Vale a dire che i 3 licenziati devono essere portati in fabbrica con la forza, che lo voglia o no la Fiat!
Questo si sarebbe dovuto fare fino dal giorno dopo la sentenza; chiamare su questo gli operai (che hanno dimostrato all'inizio di essere con i 3 licenziati al di là delle tessere sindacali) a portare in fabbrica i loro compagni di lavoro. Questo avrebbe già creato un clima diverso in fabbrica, un atteggiamento diverso dei capi e verso i capi, ma anche un clima diverso di più fiducia nella lotta, tra gli operai e le operaie della Sata.
Questo è quello che si deve fare ora. Landini ora dice che lo farà, ma non ci voleva certo un giudice (incoerente di suo) a dire quello che deve essere normale (questa volta, il “normale” ci va, ma nel senso giusto) in una battaglia sindacale.

Ma non viene posta ancora nei termini giusti questa battaglia, che chiaramente non è solo dei 3 operai di Melfi – il 1 ottobre si è aperto il processo a Torino contro il licenziamento dell'altro lavoratore delegato di Mirafiori, vi è il licenziamento dell'operaio dello slai cobas di Termoli, e soprattutto il segnale per tutti i lavoratori Fiat che o si piega la testa o si è fuori - ; perchè vi sono tanti esponenti democratici, e in primis proprio il segretario della Fiom Landini, che dicono che questa è una questione di “democrazia”.
Metterla così è sbagliato per due motivi:
perchè in questa maniera la lotta viene spostata di fatto fuori dallo scontro in fabbrica, e i riferenti principali non sono gli operai della Sata;
perchè si trasfigura il segno di questa lotta, che è di classe, che esprime uno scontro sempre più duro ma più evidente e necessario tra gli interessi della classe padronale e gli interessi della classe operaia, tra la classe capitalista, e il suo comitato d'affari del governo, che vuole imporre uno moderno fascismo non solo in fabbrica ma in tutta la società, e la classe dei proletari che deve impedire in tutte le maniere questo disegno, per difendere i suoi interessi immediati e i suoi interessi futuri.
Col discorso della lotta democratica, la realtà di questo scontro si nasconde, e diventa una richiesta di salvaguardia dei diritti prevalentemente nelle aule giudiziarie, una rincorsa a difendere le regole democratiche, quando il padronato, il suo governo, il suo Stato stanno ormai giorno per giorno stravolgendo e cancellando quelle stesse “regole” e “diritti” della democrazia.

I tre operai devono rientrare in fabbrica insieme ai loro compagni di lavoro.
Occorre alla Sata riprendere la lotta contro le condizioni di lavoro e per la difesa del lavoro.

pc quotidiano 3 ottobre - equador posizione di una delle organizzazioni marxiste-leniniste-maoiste dell'equador

A LA CLASE OBRERA Y A LOS PUEBLOS DEL ECUADOR

Frente a la grave crisis del país y al paro realizado por elementos de la Policía Nacional y de las FFAA, el PCE (MLM) manifiesta:

1.-Desde hace cuatro años, en el Ecuador se ha instaurado el gobierno de la burguesía burocrática (Correa, Cordero y Patiño) por medio de Alianza País. Del otro lado, la burguesía compradora (PSC, PRIAN, PSP, UDC) se encuentra en la oposición en el marco de las disputas inter-burguesas.

2.-Correa y su grupo se están beneficiando de los contratos públicos, generando un nuevo grupo empresarial explotador. Se han respaldado en el imperialismo chino y ruso, en el cual buscan créditos (4 mil millones de dólares hasta la fecha), le entregan la minería y el petróleo del país. Del otro lado, está la burguesía compradora, que para su existencia necesita urgentemente los TLCs, el libre mercado, y los contratos y convenios con el imperialismo norteamericano principalmente. Es decir, Ecuador se encuentra en el eje de las disputas inter-imperialistas entre las dos súper-potencias: EEUU y China.

3.-Todas las nuevas leyes, incluida la Constitución 2008, buscan reacomodar las fuerzas políticas reaccionarias en el poder del Estado. Hasta antes de Correa gobernaban la burguesía compradora aplicando el neoliberalismo. Después con Correa, están aplicando el capitalismo de Estado, y reforzando las posiciones de la burguesía burocrática en contra de la burguesía compradora. El ejemplo más palpable de esto, se da en torno a la Ley de Comunicación y el reparto de frecuencias y medios: GamaTV, TC Televisión, los periódicos “El Ciudadano”, “PP”, y varias decenas de radios provinciales están con el gobierno (burguesía burocrática) mientras que Teleamazonas, Ecuavisa, Telesistema, los periódicos “El Comercio”, “El Hoy”, “El Universo”, “La Hora”, “El Extra”, y cientos de radios provinciales están con la burguesía compradora (PSC, PRIAN, PSP, UDC). Las dos facciones de la burguesía ecuatoriana, amparadas cada una en una súper-potencia imperialista, disputan desenfrenadamente el poder del Estado, los contratos, los recursos naturales y el apoyo de las empresas transnacionales y del imperialismo.

4.-En la Asamblea Nacional se reproducen las disputas inter-burguesas. El bloque de Alianza País busca imponer el proyecto de la burguesía burocrática, mientras que la oposición busca defender los intereses de la burguesía compradora (PSC, PRIAN, PSP, UDC).

5.-Mientras las facciones burguesas pelean en las “alturas”, los de “abajo” siguen pobres, explotados y oprimidos. El salario básico es de $ 240, monto que no alcanza ni siquiera para cubrir la canasta familiar que se encuentra en $ 500. La explotación del trabajo asalariado sigue más vigente que nunca. El desempleo es del 9% dela Población Económicamente Activa. El subempleo llega al 49%. El analfabetismo es del 15%. La insalubridad e inseguridad persiste en miles de barrios y suburbios en Guayaquil, Quito y otras ciudades. LA EXPLOTACIÓN Y OPRESIÓN DEL PUEBLO NO HA TERMINADO, SOLO HA CAMBIADO DE AMO.

6.-Las FFAA y la Policía Nacional, históricamente son entes represivos al servicio de las clases dominantes. Han asesinado y combatido a los trabajadores, al campesinado, a las masas pobres durante decenios. Los mandos altos están metidos de lleno en la represión. El gobierno está cambiando los mandos de la fuerza pública para poner a gente a su favor. Las tropas están básicamente compuestas por gente que viene de la pobreza y al no encontrar trabajo se ven obligados a ingresar a dichas instituciones. LAS TROPAS NO DEBEN DEJARSE UTILIZAR PARA REPRIMIR AL PUEBLO, NO DEBEN PRESTARSE PARA SERVIR A LAS DISPUTAS ENTRE LAS DISTINTAS FACCIONES BURGUESAS NI A LAS SÚPER-POTENCIAS IMPERIALISTAS. RECHAZAMOS EL CORPORATIVISMO FASCISTA DEL GOBIERNO.

7.-El gobierno y la oposición buscan utilizar a las FFAA y la Policía para sus disputas inter-burguesas. El pueblo no tiene “vela en ese entierro”. Debemos luchar contra el gobierno pero sin dejarse utilizar por la burguesía compradora. Luchar por el alza de salarios, por el congelamiento de los precios de la canasta familiar, por la entrega de tierras al campesinado (especialmente pobre), contra la represión a los comerciantes informales, por más presupuesto para las universidades, escuelas, colegios y hospitales, contra las leyes corporativistas del gobierno, contra el endeudamiento externo con el imperialismo….

8.-Rechazamos la actitud del revisionismo: MPD, Pachakutic, socialistas y cabezones, que en su desesperación por “pescar” a río revuelto llaman al pueblo a unirse a una u otra facción burguesa, poniendo al pueblo como furgón de cola tras uno u otro grupo de poder oligárquico.

9.-EL PARTIDO COMUNISTA DEL ECUADOR – MARXISTA LENINISTA MAOÍSTA NO TOMA PARTIDO POR NINGUNA DE LAS FACCIONES BURGUESAS EN DISPUTA NI POR NINGUNA DE LAS DOS SÚPER-POTENCIAS IMPERIALISTAS. LLAMA A LA CLASE OBRERA Y A LOS PUEBLOS DEL ECUADOR A ORGANIZARSE Y LUCHAR POR LAS REIVINDICACIONES INMEDIATAS LIGADAS A LA LUCHA POR LA REVOLUCIÓN DE NUEVA DEMOCRACIA.

COMITÉ DE RECONTRUCCIÓN
PCE – MLM
30 DE SEPTIEMBRE DE 2010