sabato 19 giugno 2010

pc quotidiano 18-19 giugno - 19 giugno giorno dell'eroismo

19 giugno Giornata dell' Eroismo

Il 19 giugno del 1986, nelle carceri peruviane del Fronton, Lurigancho e Callao, centinaia di prigionieri politici e di guerra del Partito Comunista del Perù in rivolta contro i piani di trasferimento e concentramento portati avanti dal regime peruviano furono massacrati dalle forze armate peruviane.
Truppe d'assalto di tutte e tre le armi con armamento e mezzi da guerra assaltarono le carceri, bombardarono dall'alto i padiglioni in cui si erano asserragliati i prigionieri in rivolta, falciarono con mitraglia e granate i prigionieri.
In 300 morirono dopo aver rifiutato ogni falsa proposta di accordo, consapevoli del costo che il nemico gli avrebbe fatto pagare per la loro fermezza. Scelsero di dare la vita per il loro popolo, il partito e la rivoluzione, resistendo e combattendo fino all'ultimo, come poterono, con le armi rudimentali che erno riusciti a costruirsi in cella.
Da allora il Partito Comunista del Perù ha chiamato il 19 giugno “Giorno dell'eroismo” e, a livello internazionale, si è andata affermando la tradizione di rivivere in questa giornata la memoria di quella battaglia e sacrificio eroici in unità coi prigionieri che lottano oggi per trasformare le galere dell'imperialismo in “luminose trincee di combattimento”.
E, cioè, non solo trincee di resistenza contro la toruta, l'isolamento e annientamento dei rivoluzionari ad opera degli aguzzini al servizio degli imperialisti, ma avamposti di lotta contro gli stati dell'imperialismo per la rivoluzione proletaria, parte della lotta di classe, fusa e non separata da esse.
Il “Giorno dell' Eroismo” non è la denuncia di uno dei più efferati crimini contro i rivoluzionari prigionieri da rinnovare nella solidarietà con chi ancor oggi vive la prigionia politica, ma la memoria di una vittoria morale, politica e militare che i comunisti in Perù conquistarono sul campo, incarnando il principio per cui, quale che sia il costo da pagare, i comunisti non smettono di combattare e di colpire come possono il nemico.

Anche nelle carceri dei paesi imperialisti la borghesia coltiva lo stesso spirito e illusione di “soluzione finale” contro i prigionieri rivoluzionari che muove la mano genocida dei regimi servi dell'imperialismo nei paesi oppressi. L'inasprimento delle condizioni di detenzione dei prigionieri politici con l'applicazione del 41 bis in Italia, la dispersione dei prigionieri, l'allontanamento dalle loro famiglie sono parte delle tecniche di annientamento psicofisico, teso a piegare e cancellare l'identità rivoluzionaria dei detenuti.

Il 19 giugno è sempre stata anche una giornata di lotta contro la repressione politica e sociale. Le carceri dell'imperialismo annientano e uccidono tutti i giorni proletari e immigrati che riempiono penitenziari e CIE, dove sono realtà quotidiana condizioni di detenzione subumane, sovraffollamento inverosimile, abusi, suicidi.
Infine, le migliaia di procedimenti giudiziari, montature, arresti, multe e condanne che colpiscono i protagonisti di lotte sociali e oppositori politici rendono la repressione e la prigionia politica un fenomeno dalle dimensioni di massa.

Viva il 19 giugno, Giorno dell' Eroismo!

Viva la lotta internazionale dei prigionieri politici e di guerra!

Libertà per tutti i compagni arrestati!

venerdì 18 giugno 2010

pc quotidiano 18-19 giugno: PENSIONI IPOCRISIA 2: IL 'SOLE 24 ORE' DALLA PARTE DELLE DONNE?!

Il 12 giugno esce su Sole 24 Ore un lungo articolo sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne dal titolo “Pensioni rosa: ora la fase due – estendere al privato l'innalzamento dell'età e ridurre le tasse alle donne”, scritto da Andrea Ichino e Alberto Alesina.
Sul giornale, espressione diretta della Confindustria e del grande padronato, due “autorevoli professori”, di cui uno, Ichino impegnato attualmente in un progetto di ricerca per il Ministero del Lavoro su “Il lavoro interinale come canale di accesso al lavoro a tempo indeterminato” - vale a dire: il governo sta già pensando a come estendere a tutti i rapporti il lavoro interinale e far diventare un miraggio/attesa il lavoro a Tempo Indeterminato -; sembrano improvvisamente prendere le parti delle donne, fare discorsi “femministi”.
Ma qual'è il basso scopo lo si capisce bene alla fine dell'articolo.

L'aumento a 65 anni dell'età anche per le donne per andare in pensione favorisce – scrivono i due professori - “un'equiparazione non ipocrita dei due sessi sia (udite, udite!) a casa sia sul posto di lavoro”. Chi non lo capisce è “ottuso”. Anzi il governo deve cogliere la “palla al balzo per estendere l'equiparazione anche nel settore privato”. E, aggiungono, i soldi risparmiati non vanno vincolati ad “azioni positive” per le famiglie e le donne (come chiede la Min. Carfagna), ma se mai per ridurre le tasse sul lavoro delle sole donne.
L'articolo continua poi lanciandosi in considerazioni addirittura “femministe”: “Il pensionamento anticipato delle lavoratrici è giustificato come risarcimento per i compiti di cura da esse svolti in famiglia durante l'intera vita. Ma questo risarcimento in realtà perpetua lo stesso circolo vizioso che vorrebbero eliminare”, e così non “si assicura una più equa distribuzione del lavoro domestico tra mogli e mariti”. E non si frenano nella denuncia “Le donne italiane lavorano molto a casa. Sono poco aiutate dai loro mariti... e quindi su di esse... pesa l'inefficienza dei servizi pubblici offerti dallo Stato” - quindi - “su questo squilibrio che bisogna in primo luogo agire”.
I padroni tramite i loro scrivani sono per caso diventati improvvisamente “combattenti contro il maschilismo”? Anzi addirittura scavalcherebbero le stesse donne che, invece, volendo andare prima in pensione in realtà dimostrano di voler perpetuare la condizione di doppio lavoro e di oppressione in casa? No, dicono i nostri “femministi”: “è perfettamente ragionevole chiedere alle lavoratrici di andare in pensione più tardi... ma è difficile e ingiusto imporre questo onere alle donne senza prima aver creato le basi per un riequilibrio dei ruoli nella famiglia e nel mercato”. In che modo? Unendo l'innalzamento dell'età pensionabile a una riduzione delle tasse per le donne.
A questo punto ammettiamo la nostra difficoltà di comprendonio e ce ne scusiamo, non vediamo il nesso tra riduzione delle tasse e parità in casa, emancipazione delle donne dall'oppressione del lavoro domestico.
Ma qui il ragionamento dei professori si sposta al campo e alla classe che è loro più congeniale: “...le donne tassate meno e, costando meno alle aziende, sarebbero da queste assunte e promosse con maggiore frequenza. Inoltre l'aumento dell'età pensionabile farebbe risparmiare ulteriormente l'Erario”.
Ecco chi se ne avvantaggerebbe di questa politica “dalla parte delle donne”. Altro che sincera e disinteressata politica di difesa della condizione delle donne!
Benchè i nostri professori dovrebbero sapere bene che già ci sono state politiche negli anni precedenti da parte sia di governi di centro destra, che soprattutto di centro sinistra, di “svendita” sul mercato delle lavoratrici, di sgravi alle aziende se, bontà loro, assumevano donne, ma che nonostante questa “svendita” non c'è stato affatto un aumento dell'occupazione femminile o delle “promozioni”.

Ma che di tutte queste sviolinate per le donne gli unici ad avvantaggiarsene dovrebbero essere i padroni, si capisce ancora meglio verso la fine dell'articolo.
“Con un maggior reddito disponibile – derivato secondo Ichino e Alesina dalla combinazione di minori tasse e più occupazione e carriera per le donne (e qui immaginiamo le famiglie che non ce la fanno ad arrivare neanche alla terza settimana, andare in giro con borse improvvisamente gonfie di soldi...) - le famiglie potrebbero, tra l'altro, permettersi di acquistare da PRIVATI quei servizi che faciliterebbero a entrambi i coniugi la conciliazione del lavoro in casa e nel mercato, senza bisogno – aggiungono – che sia lo Stato o il ministro Carfagna a decidere PATERNALISTICAMENTE cosa serve alle famiglie stesse. E quando i mariti arrivassero a “capire” che l'intera famiglia guadagnerebbe da una minore tassazione delle donne, diventerebbero più propensi ad aiutare le loro mogli in casa per consentire loro di lavorare nel mercato...”.
Su questo ci informano, in conclusione, vi sono già due progetti di legge, i cui primi firmatari sono la senatrice Maria Ida Germontani del PdL e il senatore Enrico Morando del PD: “un'interessante e promettente convergenza bipartisan!”.

Ecco svelato “cui prodest”!. I nostri professori sono partiti ipocritamente dalle donne, hanno fatto tutto un giro di ragionamento, per arrivare... ai padroni. Chi si avvantaggerebbe dell'aumento delle pensioni per le donne? Ma i PRIVATI! Basta pretendere “paternalisticamente” che sia lo Stato a garantire i servizi sociali e a scaricare del doppio lavoro le donne!
Le donne, le famiglie mandino i figli agli asili e scuole “private”, si facciano curare dalle cliniche “private”, mandino i loro vecchi genitori nelle ricche strutture “private”, ecc. ecc. La riduzione delle tasse alle donne vadano nelle tasche dei “privati”. E SOPRATTUTTO LE DONNE E LE FAMIGLIE PAGHINO FIOR DI EURO AI PRIVATI! E lascino che lo Stato peggiori e tagli i servizi sociali, li privatizzi, perchè non può fare sempre il papà (o "papi") che provvede a tutto e a tutti, deve pur pensare a salvare dalla crisi i padroni...
La difesa della parità? Che serva ad aumentare i profitti delle aziende! Per questo “nobile fine” anche i padroni e i loro scribacchini possono diventare “femministi”!
E su questo, come si vede, non c'è certo differenza tra PdL e PD.

pc quotid 18-19 giugno - E' emergenza sicurezza sul lavoro nei Porti

Nei Porti si continua a morire. Schiacciati, annegati, esposti alla nocività, i lavoratori portuali stanno dando un pesante tributo di sangue ai profitti dei padroni terminalisti. A Livorno in tre giorni sono morti sul lavoro 2 lavoratori, di cui uno era immigrato. Un autista di tir è stato travolto da alcuni tubi di acciaio da 16 metri caduti da un forklift mentre venivano trasbordati dal suo camion. "Era un carico insicuro e pericoloso" ha detto il sostituto procuratore dopo il primo sopralluogo al varco Galvani del porto di Livorno. Un'ennesima morte annunciata.
Morti dimenticati troppo in fretta dal chiasso vergognoso di padroni e governo sul primato della libertà d'impresa, mentre preparano l'attacco allo Statuto dei Lavoratori e alla Costituzione e impongono il diktat fascista agli operai di Pomigliano.
Da CGIL-CISL-UIL nessuna risposta per fermare la mattanza di operai nei luoghi di lavoro, nessuno sciopero di tutti gli scali marittimi per bloccare le merci dei padroni e difendere la vita dei lavoratori.
Dalle istituzioni, dai comuni e dal carrozzone burocratico delle Autorità portuali a loro legati, le solite frasi di cordoglio che non costano nulla mentre, invece, la voce grossa la fanno, eccome, in questi giorni impegnati a fare opposizione alla bozza del disegno di legge del governo sul 'Riordino della legislazione in materia portuale' (approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 aprile 2010), preoccupati
dell'autonomia finanziaria che perderebbe il loro sistema concertativo e "federalista" di sfruttamento (comuni, cooperative, compagnie portuali). Tutti sensibili alla libertà d'impresa e indifferenti alla sicurezza dei lavoratori.
E' un girone infernale il porto, come denunciamo da tempo: non c'è sicurezza, non ci sono controlli, i confederali sono i nuovi caporali che organizzano lo sfruttamento di cui i lavoratori interinali sono l'anello più debole e poi i ritmi di lavoro che non danno tregua ai portuali.
Ai portuali facciamo appello come Rete per la sicurezza sul lavoro, ad autorganizzarsi e a unire la loro rabbia assieme alla nostra e di tutti coloro che si manifesteranno a Viareggio il 29 giugno per la strage di un anno fa. Uniti con la Rete contro i padroni assassini!

Rete per la sicurezza sul lavoro-Ravenna
cobasravenna@libero.it

18/06/2010

giovedì 17 giugno 2010

pc quotidiano 16-17 giugno- da Tychy a Pomigliano ' smettere di inginocchiarci e iniziare a combattere.

Lettera dei lavoratori Fiat di Tychy a quelli di Pomigliano
Mercoledì 16 Giugno 2010 18:18

La lettera di un gruppo di lavoratori della fabbrica di Tychy, in Polonia, ai colleghi di Pomigliano d'Arco che stanno per votare (il 22 giugno) se accettare o meno le condizioni della Fiat per riportare la produzione della Panda in Italia.

(Questa lettera è stata scritta il 13 giugno,

La Fiat gioca molto sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato durissimo e superato tutti i limiti di produzione avremmo mantenuto il nostro posto di lavoro e ne avrebbero creati degli alti. E a Tychy lo abbiamo fatto. La fabbrica oggi è la più grande e produttiva d'Europa e non sono ammesse rimostranze all'amministrazione (fatta eccezione per quando i sindacati chiedono qualche bonus per i lavoratori più produttivi, o contrattano i turni del weekend)

A un certo punto verso la fine dell'anno scorso è iniziata a girare la voce che la Fiat aveva intenzione di spostare la produzione di nuovo in Italia. Da quel momento su Tychy è calato il terrore. Fiat Polonia pensa di poter fare di noi quello che vuole. L'anno scorso per esempio ha pagato solo il 40% dei bonus, benché noi avessimo superato ogni record di produzione.

Loro pensano che la gente non lotterà per la paura di perdere il lavoro. Ma noi siamo davvero arrabbiati. Il terzo "Giorno di Protesta" dei lavoratori di Tychy in programma per il 17 giugno non sarà educato come l'anno scorso. Che cosa abbiamo ormai da perdere?

Adesso stanno chiedendo ai lavoratori italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro. Danno per scontate le schiene spezzate dei nostri colleghi italiani, proprio come facevano con le nostre.

In qusesti giorni noi abbiamo sperato che i sindacati in Italia lottassero. Non per mantenere noi il nostro lavoro a Tychy, ma per mostrare alla Fiat che ci sono lavoratori disposti a resistere alle loro condizioni. I nostri sindacati, i nostri lavoratori, sono stati deboli. Avevamo la sensazione di non essere in condizione di lottare, di essere troppo poveri. Abbiamo implorato per ogni posto di lavoro. Abbiamo lasciato soli i lavoratori italiani prendendoci i loro posti di lavoro, e adesso ci troviamo nella loro stessa situazione.

E' chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare per i nostri interessi internazionalmente.

Per noi non c'è altro da fare a Tychy che smettere di inginocchiarci e iniziare a combattere. Noi chiediamo ai nostri colleghi di resistere e sabotare l'azienda che ci ha dissanguati per anni e ora ci sputa addosso.

Lavoratori, è ora di cambiare.




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pc quotidiano 16-17 giugno -ancora sulla cgil avanguardia del referendum per il si

dal blog di 'operai contro' traiamo questo resoconto

Ore 15.30 assemblea FIOM a Pomigliano d'Arco: vado con lo scooter o con l'auto?
No, con lo scooter, lascio la macchina a mia moglie perchè se dovesse succedere qualcosa, che so l'occupazione, un'azione dimostrativa, almeno lei ha un'alternativa...
Mi sobbarco 27 KM , non so se mi spiego! La Sala dell'Orologio, sede scelta per l'assemblea, quando arrivo è gremita: molte facce note, ma anche assenze.
Prende la parola Landini, segretario nazionale FIOM, che ribadisce il ricatto della Fiat: lavoro in cambio della rinuncia a diritti inalienabili.
Sottolinea che nessun'altra Organizzazione, nemmeno la casa madre (CGIL n.d.r.), può
prendere decisioni al posto della FIOM e che nessuno dovrà partecipare ad un referendum illegittimo e anticostituzionale.
Interviene il Responsabile del settore auto FIOM Amendola che attacca la CGIL campana per le sue dichiarazioni sul referendum: votare e votare SI!!!!
Dichiara di essersi sentito tradito da queste affermazioni, sostenendo invece le posizioni di Landini.
Interviene anche un esponente della segreteria CGIL campana, accolto da una bordata di fischi: tra un'interruzione e l'altra, cerca di spiegare la sua posizione. Non si può trattare sui diritti, ma 700 milioni di euro di investimenti .... forse fanno cambiare idea. Si voti sì, allora, e poi si faccia una battaglia legale per riconquistare quello che si è perso!
Qualcuno dietro di me sbotta: "40 anni di lotte buttate nel cesso..." Mi giro e gli chiedo di smetterla, ma mi emoziona e esco urlando che così facendo non c'è più nemmeno il rispetto per quanti per quelle lotte hanno perso la vita!
Fumo una sigaretta per calmarmi e rientro, un compagno sta intervenendo: rivendica una lotta partigiana. Rido pensando all'intervento precedente di Landini che suggeriva una lotta "nella legalità"!
Dopo alcuni interventi che confermano la validità della posizione assunta nella vicenda dalla FIOM, arrivano le conclusioni di Masini, Responsabile Nazionale FIOM del Settore Auto: ricorda che a Mirafiori le RSU FIOM hanno manifestato in un documento la propria solidarietà ai lavoratori di Pomigliano, dicendosi pronti a sostenerli in qualunque azione di lotta, e che alla SEVEL sono state indette due ore di sciopero ed è stata organizzata una raccolta di firme sempre per i lavoratori di Pomigliano. Ribadisce che da quest'assemblea deve uscire un documento che dia le linee per la prosecuzione della lotta e l'assemblea fa proprie le decisioni già prese in Comitato centrale.
Scherzando con un amico gli dico: "Ma fa che mo dice facciamo come Piazza Statuto?"
Il mio amico mi dà dello scemo …
Nel silenzio assordante mi avvio a una schiavitù permanente, ma d’improvviso un fiocco rosso mi avvolge e la luce della rivolta si accende: sono pronto per combattere!
Un operaio di Pomigliano

pc quotidiano 16-17 giugno. la cgil di epifani capofila del fronte del si all'accordo e ..le truppe di complemento

La campagna per il referendum che consolidi l'accordo è stata lanciata da Marchionne, che vuole un plebiscito al suo diktat fascista per impegnare in forma preventiva tutto il fronte della reazione nella partecipazione attiva alla guerra per il profitto e la riduzione in schiavitù degli operai.
Da giorni questa campagna è sostenuta con la logica dei servi dei servi dai sindacati gialli del neocorporativismo fascista FIM_UILM_FISMIC-UGL che come pulci sulle spalle dell'elefante padron Fiat sono attivi nel portare il ricatto nelle case e nella testa di ciascun operaio per affermare che la logica inevitabile è o schiavo o disoccupato.
La grande stampa e - anche il Manifesto nei suoi articoli da Napoli- contribuisce attivamente a questo discorso, con la logica che non c'è niente da fare e che gli operai in maggioranza vogliono lavorare e basta. Certo è facile prendere un operaio individualmente davanti a un cancello della fabbrica e domandargli se è possibile rispondere a questo diktat del fascismo padronale e poi far passare come senso generale questo come quello che vogliono gli operai...
E' il meccanismo di sempre del populismo fascista.
Il PD in tutte le sue anime non è da oggi il partito della Fiat, anche più degli attuali partiti di governo, e lo stesso giornale - il fatto quotidiano non ha esistato a eleggere Marchionne come manager dell'anno; è inutile poi parlare di macchiette politiche quali Bertinotti che hanno tanto fatto per dare credibilità a sinistra a Marchionne, con cui spesso ha cenato e amabilmente chiacchierato di scenari del nuovo secolo, lavoro che ora è pronto a fare meglio Vendola...
Tutto questo non è decisivo nella contesa in corso, gli operai molte volte hanno trovato il modo per sottrarsi a questo quadro del consenso forzato e militarizzato e in particolare alla Fiat di pomigliano in tempi altrettando duri.
Quello che serve a Marchionne è la scesa in campo della Cgil il principale sindacato che raccoglie tuttora i lavoratori ed Epifani sin dal primo giorno è sceso in campo, prima per isolare la fiom e ricattarla di proprio, poi comunque per blindare il sindacato nel sostegno critico all'accordo.
Questa cosa è cominciata nel congresso della svolta reazionaria e antioperaia, perchè tale è stato l'ultimo congresso , poi è continuato e ora dilaga...
E' Epifani ora che riempie il giornale con il suo appello alla partecipazione al voto referendario e in particolare con il voto al SI per rendere gli oppositori all'accordo una minoranza da schiacciare e poi reprimere, criminalizzare licenziare.
Comprendere questo è il punto chiave che distingue la posizione del padrone da quella dell'operaio.
Chi non denuncia il ruolo della CGIL in questa vicenda come in tutte le vicende sindacali in corso - dalla lotta dei precari della scuola a quella dei disoccupati, delle fabbriche che chiudono ecc. - a voglia che strilli contro l'accordo, inganna i lavoratori e fa il gioco del padrone come piccola truppa di complemento.
Che questo sia quello che sostengono l'ampio strato dell'apparato della burocrazia e aristocrazia operaia e del ceto politico della falsa sinistra parlamentare e in buona parte ex-parlamentare non c'è da stupirsi ma dal punto di vista del sindacalismo di classe e dei comunisti rivoluzionari nella fase attuale è grave e discriminante quello che sostengono anche gruppi di sedicenti comunisti, che quando c'è la lotta di classe reale trovano sempre il modo di contrabbandare la loro merce parolaria con la meschina pratica.
E' il caso, tanto per fare degli esempi dei CARC-nPCI, di 'piattaforma comunista', e di tutti quegli pseudo-comunisti che sostengono acriticamente la Fiom - Landini ha già firmato accordi capestro antioperai, prima che diventasse segretario nazionale della fiom, alla Piaggio ad esempio e la fiom ora si defila e trova il modo di dire ni, altro che No al referendum che ratifichi l'accordo.
Si tratta di " comunisti a parole e revisionisti nei fatti " che quando non sono acquattati anch'essi nella burocrazia sindacale, da un vita comunque non organizzano una lotta reale in fabbrica e sul territorio e quindi manca loro l'essenza della effettiva situazione, dell'analisi di parte operaia e proletaria delle forze in campo e, di conseguenza, prendono lucciole per lanterne.
Lungi dallo sviluppare qui e ora l'autorganizzazione di classe e di massa degli operai e proletari, fuori e contro l'attuale sindacalismo di regime e della collaborazione critica al regime, fanno tutto il contrario.

Ma padroni, governo stato e sindacalismo collaborazionista seminano vento e raccoglieranno tempesta.

No all'accordo fiat
No al referendum
Autonomia e alternativa di classe allo sciopero del ni del 25 giugno della CGIL


proletari comunisti
17-6-2010

pc quotidiano 16 -17 giugno: LA LOBOTOMIZZAZIONE/REPRESSIONE CHE HA PRECEDUTO L'ACCORDO POMIGLIANO

L'accordo di Pomigliano, è utile ricordarlo, è stato preceduto - e non poteva realizzarsi senza - da un'altra operazione fascista, sempre targata Marchionne, avvenuta agli inizi del 2008 con dei corsi di “formazione” che furono obbligati a frequentare gli operai Fiat.
In realtà lo svolgimento di questi corsi e il loro obiettivo fu una “lobotomizzazione” di massa degli operai ribelli di Pomigliano e una “pulizia etnica” interna che portò insieme ad alcuni licenziamenti politici, alla deportazione di massa di più di 300 operai allo stabilimento di Nola (prendere o lasciare), in cui furono mandati “per non nuocere” gli operai più combattivi e d'avanguardia – tra cui tantissimi dello Slai cobas, insieme agli operai “improduttivi per l'azienda”.
Già allora i sindacati confederali assentirono o tacquero con la posizione che così si salvava la fabbrica, gli operai rientravano al lavoro, e, tutto sommato, si faceva un po' di “pulizia” all'interno di una fabbrica “ingovernabile” e difficile da portare a più miti consigli, da parte anche di questi sindacati – la Fiom che ora si lamenta, se ne dovrebbe ricordare...
Già allora Marchionne portò avanti delle aperte violazioni a diritti inviolabili dei lavoratori, ma anche delle persone, aperte violazioni dello Statuto dei Lavoratori.
Marchionne con questa operazione guardava già lontano; questa operazione ha di fatto voluto spianare la strada interna, creare il clima sindacale, ma anche politico, ideologico per far passare l'accordo di questi giorni.
Nello stesso tempo questo dimostra come non sia esagerato parlare di “fascismo padronale” visto che è tipico di una politica e logica fascista accompagnare pesanti attacchi ai proletari con repressione da un lato e propaganda lobotomizzante di massa dall'altra.

Per questo pubblichiamo di seguito un articolo uscito a suo tempo su “Proletari comunisti”.


"Gli operai della Fiat di Pomigliano tornano in fabbrica. Nell'intenzione dell'azienda, ci dovrebbero tornare “lobotomizzati” dopo due mesi di 'scuola-caserma', oggetto di un nuovo radicale esperimento che vuole fare “scuola”.
L’obbiettivo è “trasformare la pecora nera”. E non per modo di dire: in un poster di presentazione della campagna per la “Nuova Pomigliano” si vede un gregge di pecore bianche e al centro una sola nera e su la scritta: “Dobbiamo cambiare – Possiamo cambiare”. Per far diventare tutti gli operai un “gregge” che segue il padrone e in cui nessuno esca fuori dal coro, si ribelli. La parola d’ordine è riportare alle regole di padron Fiat la fabbrica ribelle, normalizzare, “saper stare in fabbrica”, robotizzare.

5000 lavoratori dal 7 gennaio e fino al 2 marzo hanno frequentato corsi di formazione sotto la guida di 266 capi. L’oggetto delle lezioni, tenute da docenti di università straniere, è la nuova metrica dell’organizzazione del lavoro di tipo toyotista chiamata Wcm (World class manifacturing).
Come in un film di Fantozzi, nelle aule li ha accolti un video in cui scorrevano le parole di Marchionne.
Tutti inquadrati in rigide regole di partecipazione e di comportamento. “prendere o lasciare” chi non ci sta può essere licenziato, come si è visto il 10 gennaio. Orari e pause fissate al minuto. I corsi dal lunedì al venerdì. Il venerdì ‘compito in classe’, per chi sta indietro, ‘corsi di rinforzo’.
A scuola sotto il controllo di 300 vigilanti (di cui 150 presi da fuori), come in una galera, con un uso dei vigilanti in violazione dello Statuto dei Lavoratori. Questi sono stati chiamati a controllare anche il corretto svolgimento del corso, ma soprattutto controllare il comportamento degli operai per reprimere qualsiasi atteggiamento non allineato (“i vigilantes sono dietro. E devi stare attento se hai il bisogno, aspettare, non muoverti. Umiliantissimo”. Come alle elementari - anche per andare a pisciare si deve “Chiedere il permesso ai capi alzando la mano”).
E come in un clima da galera la Fiat ad inizio corso ha dettato un Decalogo di regole per gli operai trasmesse ai manager e capisquadra: tutti devono indossare una tuta bianca; tolleranza zero sui turni e gli orari (anche un lavoratore di Pianura, impedito dai blocchi ad arrivare in orario è stato rispedito a casa); tutti gli operai ogni giorno devono ramazzare e lavare la propria linea di appartenenza e verniciare tutto quello che gli dirà il caposquadra; per usufruire di un giorno di permesso gli operai devono concordarlo con il caposquadra almeno 15 gg. prima; le attività sindacali concordate almeno 24 ore prima.
Siamo alla filosofia del servizio militare, con i capisquadra che si ritrovano un potere altissimo, che useranno anche dopo i corsi per umiliare sempre più gli operai, per una rivalsa di tutti gli anni in cui hanno dovuto ingoiare amaro; un potere sulle sanzioni disciplinari, per dare a questo e non a quello, un potere di arbitrio sui diritti dei lavoratori.
I temi dei corsi sono stati: sicurezza sul lavoro, qualità del prodotto, wcm, ergonomia, ecologia e ambiente, conoscenze tecniche di base, pulizia e ordine del posto di lavoro, regole di comportamento in azienda. Ma le “lezioni” sembravano fatte per umiliare e piegare la dignità, la ribellione degli operai di Pomigliano: “oggi primo giorno di pratica. Ci hanno insegnato a pulire la linea, a tenere in ordine la postazione, le viti che non si usano si tolgono…”

Un operazione industriale in cui vengono investiti 110 milioni di euro per rinnovare il processo produttivo e migliorare gli impianti sia in sicurezza che in efficienza (aumentare di 50 punti il wcm, in linea con gli standard degli stabilimenti Toyota): con aumento del numero di vetture da 700 al giorno a 720, fermi-auto ridotti al minimo, accorpamento funzionale di aree per ridurre gli spostamenti e una migliore movimentazione interna. A Melfi in cui questo miglioramento della “movimentazione interna” si sta già sperimentando – il TMC3/OCRA - gli operai stanno vedendo sulla propria pelle come a fronte di un apparente “vantaggio” di riduzione dei movimenti (tutto il materiale va vicino alla vettura e al lavoratore che sta operando), a causa del contemporaneo aumento dei tempi produttivi il risultato è peggiore di prima.
Ma l’investimento maggiore di Marchionne è sulla “formazione”, che tradotto vuol dire cambiamento radicale degli operai. Gli operai “devono essere coinvolti nella vita dell’azienda a 360°”, devono essere sussunti dalla filosofia e politica dell’azienda, devono pensare come l’azienda, devono volere quello che vuole l’azienda. E, per questo, la Fiat utilizza il potere mediatico, da “grande fratello”: una televisione aziendale a circuito interno, un sito web, uno spazio per la “creatività – creative-lab” per far diventare gli operai “fessi” (un operaio ha scritto: “non so far nulla. Ma mi intendo di animali e cuccioli. Prendetemi”. Ora sta preparando un progetto), momenti di incontro collettivo, un numero verde, una cassetta postale per fornire all’azienda consigli, lamentele, idee; poi la fabbrica apre al “popolo”, compresa una domenica con i bambini in fabbrica.

Perché gli operai comprendessero subito la nuova filosofia, lo sciopero avvenuto il 10 gennaio contro i soprusi dei vigilantes è stato immediatamente stroncato con provvedimenti di sospensione, poi rientrati ma solo perché tutti i sindacati e in particolare la Fiom hanno dichiarato di accettare la filosofia e le regole di Marchionne. E ora la direzione Fiat dice che “la stragrande maggioranza crede nel piano dell’azienda e nella nuova organizzazione del lavoro prodotta”.

Si è utilizzato tutto per “motivare (fare il lavaggio del cervello) gli operai e favorire il rilancio del polo di Pomigliano”: dai nuovi servi/giullari alla Alex Bellini il navigatore solitario, amante delle sfide estreme che, dopo essere andato a “rompere i c.” a Melfi va a fare il suo servizio ai padroni a Pomigliano e dice “.. non chiedetemi perché lo faccio. Vivo di sensazioni…servono motivazioni, perseveranza e capacità di non lasciarsi prendere dallo sconforto” (e lo viene a dire agli operai che non ce la fanno più a vivere con il loro salario, che rischiano provvedimenti e licenziamenti anche per aver fatto osservare a un capo che non si può cacciare un operaio per due minuti di ritardo?!); ai fratelli Abbagnale; dai poster raffiguranti un terreno arido su cui cresce un fiore, a quelli raffiguranti un atleta ai nastri di partenza, o un pugile e su la scritta “prepariamoci a vincere”, o un bimbo che posa un mattone e invita: “Costruisci la nuova Pomigliano”, o una donna incinta e la scritta “la Nuova Pomigliano cresce con te”, ecc. ecc.

Questa operazione è stata fatta con l’accordo dei sindacati. Per questo Marchionne tre giorni dopo l’annuncio del suo piano ha costituito con loro il Comitato paritetico, il cui vero scopo, al di là delle penose illusioni della Fiom, è “rimuovere criticità” e la principale “criticità” sono proprio gli operai o quei delegati Rsu che si ribellano, che scioperano, che pensano.
Per la Uilm, per bocca del suo segretario regionale Sgambati, il piano straordinario di Marchionne, dopo il ritiro delle sette lettere che preludevano al licenziamento, è diventato “lo straordinario piano”! E ricorda orgoglioso che “nel 2001 Pomigliano salvò i conti del gruppo”. Si è dimenticato di dire che invece i “conti” degli operai sono precipitati.
Per la Fim “se non si vuole chiudere Pomigliano, bisogna formare una nuova generazione di capi.
La Fiom condivide questa “nuova stagione”, “idea largamente condivisa”, anzi, i dirigenti della Fiom dicono che sono stati “i primi a chiedere un intervento straordinario per Pomigliano”, vogliono accompagnare il processo e che “non si faccia di tutte le erbe un fascio” (proponendosi di fatto di segnalare anche loro i “buoni” e i “cattivi” da reprimere); ma in cambio chiede la salvaguardia del ruolo del sindacato e sul modello di relazioni dice che c’è contrasto con la Fiat – come se la “nuova stagione” e il non rispetto dei diritti sindacali non vadano per Marchionne di pari passo! La Fiom si appella, penosamente, al rispetto della “commissione paritetica” tra azienda e sindacati che dovrebbe vigilare sui contenuti della formazione e della ristrutturazione e dare indicazioni precise su cosa andare a produrre, ma la Fiat se ne frega.

Dopo la “melfizzazione” della Fiat Sata usata come modello di spremere scientificamente il massimo da ogni operaio, da ogni parte del suo corpo, da ogni suo movimento; oggi è l’ora del “toyotismo di Pomigliano”, per ottenere livelli d’eccellenza, altissimi standard qualitativi attraverso il lavaggio del cervello, una filosofia dei comportamenti, la costruzione dell’operaio sfruttato e addomesticato, fedele all’azienda, che non ha diritti ma “concessioni” dai capi.
“in Italia non c’è mai stato un progetto così ampio di riconversione” – dice Accornero docente di sociologia industriale alla Sapienza – potrebbe fare giurisprudenza in tutto il paese".

martedì 15 giugno 2010

pc quotidiano 15 giugno: POMIGLIANO: OCCORRE RISPONDERE AL LIVELLO DELLA PARTITA IN GIOCO: FASCISMO PADRONALE!

Sui punti dell'accordo e sugli effetti di essi sono già stati scritti vari commenti, e sarà necessario tornare su ognuno dei punti per vederne e capirne l'effettiva portata sulle condizioni di lavoro e sui diritti fondamentali degli operai Fiat, cosa che faremo nei prossimi articoli.
Qui ciò che vogliamo sottolineare è che ciò che parte da Pomigliano è una politica padronale che vuole dare un colpo consistente all'insieme della classe operaia, per aumentare lo sfruttamento complessivo e l'estorsione di pluslavoro e più profitti per il capitale, per uscire dalla crisi indenne e anche rafforzato. Una politica che non è solo economica, non interviene solo sugli aspetti delle condizioni di lavoro, ma perchè questi si realizzino, cancella con una semplice firma diritti sindacali, diritti democratici, diritti costituzionali.
Un colpo di mano che trova il clima politico necessario da parte del governo, dal Min. Tremonti che stracciando l'art. 41 della Costituzione dà libertà al capitale di muoversi in violazione di diritti dei lavoratori e anche fuori da ogni controllo di legge; al Min. Sacconi che plaude all'accordo di Pomigliano come accordo pilota che “farà scuola”, accordo che “non è considerato una deroga eccezionale che dipende dalla peculiarità della situazione di Pomigliano, ma segna un punto di svolta nelle nostre relazioni industriali e anche nei comportamenti industriali” (da Sole 24 ore del 15/6).

E COSI' E'.
“Se 8 ore vi sembran poche, venite voi a lavorar”, si cantava. Ora la Fiat impone che gli operai non solo lavorino 8 ore (in tre turni nelle 24 ore), ma che non possano neanche “prendere fiato” nelle 8 ore; le pause da 20 minuti vengono ridotte a pause di 10 minuti, praticamente o vai in bagno o ti siedi.
La Fiat non solo impone agli operai di mangiare a fine turno in orari impossibili, quando forse la fame è ormai passata: nel 2° turno, dalle 21,30 alle 22,00, o addirittura nel 3° turno, dalle 5,30 alle 6,00, tanto da sembrare una punizione restare ancora mezz'ora in fabbrica piuttosto che arrivare prima a casa; ma può togliere agli operai anche il mangiare, per recuperare in quella mezz'ora le perdite produttive per causa di forza maggiore.
L'accordo di Pomigliano, che consente di richiamare al lavoro un operaio per sostituzioni, toglie anche il riposo agli operai tra un turno e l'altro (che per legge deve essere di almeno 11 ore). Toglie la salute, rende la vita degli operai a totale servizio del capitale.
La lotta all'assenteismo, che prevede il non pagamento della malattia da parte dell'azienda quando la percentuale di assenze è superiore alla media (?), è fatta con una concezione di ricatto fascista, chi si mette in malattia “danneggia gli altri” e ogni operaio è costretto a farsi controllore del suo compagno di lavoro, per impedirgli di ammalarsi.
Con la clausola di responsabilità e le clausole integrative al contratto individuale di lavoro, viene abolito il diritto di sciopero, ogni minima protesta, ogni minima violazione delle condizioni dell'accordo dà luogo a provvedimenti disciplinari, fino al licenziamento.
Tutto questo ha un nome, si chiama fascismo.

E come nel fascismo, i servi agiscono per impedire che si riconosca e si lotti contro.
Fim, Uilm subito hanno dato il loro assenso, usando come avvoltoi la condizione di ricatto padronale verso gli operai come giustificazione per firmare l'accordo “per il bene degli operai...”.
Ma i più pericolosi sono i servi mascherati. Riportiamo frasi dell'intervista su Repubblica del 15/6 ad Epifani, in chiaro disaccordo con il No, finora, espresso dalla Fiom.
Dice Epifani: “Un piano di queste dimensioni impone una sfida che sicuramente deve essere raccolta... sappiamo che sarà un sacrificio alto per i lavoratori...”. Chiede poi il giornalista: “Lei ha fatto di tutto per arrivare a un'intesa?...”. E risponde Epifani: “In questo caso, mi dispiace, è mancato il rapporto tra la Cgil e la Fiom nella costruzione della soluzione”. “La colpa è della Fiom?” - chiede il giornalista. Epifani: “E' un dato di fatto perchè questa vicenda ha ricadute su vari settori, non solo sui lavoratori metalmeccanici”.
Si capisce poi perchè “Sacconi si appella a Epifani”, il “cui atteggiamento responsabile è stato apprezzato” (Sole 24 ore del 15/6).

pc quotidiano -15 giugno - fiat i testi-fiom i testi

per permettere a tutti i compagni di giudicare le posizioni della Fiat e della Fiom proletari comunisti pubblica i testi presi dal sito fiom

Federazione Impiegati Operai Metallurgici
Un ricatto, non un accordo
Nella vertenza sul futuro di Pomigliano la Fiat non ha mai voluto aprire una trattativa ma ha solo cercato di imporre le sue proposte. Ancora nell’ultimo incontro di venerdì 11 giugno ha chiesto di aderire al Documento conclusivo consegnato l’8 giugno, rifiutandosi di cambiare alcuna parola. La disponibilità di Fiat, dopo la dichiarazione di adesione di Fim, Uilm e Fismic al testo aziendale, ad aggiungere una frase che istituisce una Commissione di raffreddamento non modificando i contenuti, aggrava le conseguenze per i lavoratori.
Quello che si vuole imporre a Pomigliano con il ricatto della chiusura non è un accordo sindacale ma la cancellazione del Contratto nazionale e delle Leggi dello Stato. La Fiat vuole imporre condizioni di lavoro massacranti ed evitare preventivamente ogni dissenso; non vuole dei lavoratori ma degli schiavi.

I CONTENUTI DEL DOCUMENTO FIAT- GLI EFFETTI SUI LAVORATORI
Orario di lavoro
Addetti Linea. Articolazione dello stabilimento su 18 turni dal lunedì al sabato (8
ore a turno per 6 giorni). Con due opzioni:
a) riposo a scorrimento nella settimana.
b) Settimane alternativamente di 6 e 4 giorni lavorativi.
Il 18° turno del sabato non viene lavorato ma coperto da Par, festività e cumulo della 1/2 ora accantonata per turno.
Pausa mensa. 1/2 ora spostata a fine turno.
Manutenzione. Su 21 turni (7 giorni la settimana) con riposi a scorrimento.
Orario di lavoro
L’articolazione dell’orario a 18 turni è gravosa per i lavoratori ma contrattualmente già possibile.
La copertura del 18° turno (per non lavorarlo) avviene a totale carico dei lavoratori: Fiat non mette niente.
Lo spostamento della pausa mensa a fine turno è grave perché riduce la possibilità per i lavoratori di riposarsi (recuperare) e aumenta i rischi per la salute.
Lavoro straordinario
80 ore di straordinario senza preventivo accordo sindacale, da effettuarsi sul 18° turno, con preavviso di 4 giorni, possibilità di assenza fino al 20% e possibilità di sostituzione con volontari.
Il lavoro straordinario, nell’ambito delle 200 ore annue pro-capite, può essere svolto durante la mezz’ora di mensa.
Lavoro straordinario
Le 80 ore si sommano alle 40 obbligatorie del Ccnl portando il totale a 120, pari a 15 giornate annue, con il conseguente ritorno del 18° turno strutturale (il numero massimo di 18 turni in un anno è di 16 giornate procapite).
La possibilità di fare ricorso alla pausa mensa per fare straordinario è contro la Direttiva europea sugli orari e la Legge 66/2003. L’esclusione del 20% dell’obbligo di presenza vale solo per le 80 ore (non per le 40), ed è positiva per i lavoratori: tuttavia la ricerca di volontari per le sostituzioni, per come è scritto, può essere fatta in deroga alla Legge 66, non rispettando il periodo minimo di riposo (11 ore) fra un turno e l’altro
«PuntoFiom»
14 giugno 2010


POMIGLIANO. LE LAVORATRICI E I LAVORATORI CHIAMATI A SCEGLIERE FRA IL POSTO DI LAVORO E IL RADICALE PEGGIORAMENTO DEI PROPRI DIRITTI
2
Rapporto diretti/indiretti
Garantire corretto equilibrio diretti/indiretti sia nella fase di avvio della Nuova Panda che, successivamente, a fronte di particolari fabbisogni.
Rapporto diretti/indiretti
L’obiettivo è industrialmente motivato ma senza esame con le Rsu può dar luogo a
discrezionalità e abusi.
Bilanciamenti produttivi
Possibilità, in caso di fermate tecniche e produttive, di mobilità interna dei lavoratori fra le diverse aree produttive decisa nella prima ora del turno.
Bilanciamenti produttivi
L’obiettivo è industrialmente motivato ma senza esame con le Rsu può dar luogo a discrezionalità, abusi e rendere più difficile una corretta valutazione dei rischi e l’adozione di misure per la tutela della salute.
Organizzazione del lavoro
Applicazione del sistema Wcm e della metrica Ergo-Uas.
Riduzione pause sulle linee meccanizzate e sulle passo-passo: dagli attuali 40 minuti a 30 minuti.
I 10 minuti di pausa tagliati sono monetizzati e definiti in un importo di 0,1813 euro
lordi/ora (comprensivi di tutti gli istituti) e corrisposti solo per l’effettiva presenza in linea.
Organizzazione del lavoro
L’organizzazione del lavoro e la metrica rientrano negli ambiti decisionali dell’impresa.
Tuttavia per le evidenti ricadute sull’intensità della prestazione e sui rischi per la salute è grave che Fiat abbia rifiutato di esaminare preventivamente con una commissione di esperti tutti gli aspetti di questa scelta.
Con la disdetta degli accordi precedenti, la saturazione potrà arrivare al 99% del tempo effettivo.
Da un primo calcolo approssimativo si rileva un aumento oltre il 20% della velocità della linea di montaggio della Panda rispetto a quelle di Melfi e Mirafiori.
L’aumento dei ritmi produttivi, sommato alla riduzione di 10 minuti delle pause e allo spostamento della mensa a fine turno, aumenta il rischio di patologia alle braccia.
Formazione
I lavoratori dovranno partecipare obbligatoriamente ai programmi di formazione da fare durante la Cigs (provvedimenti disciplinari in caso di assenza).
Nessuna integrazione, diretta o indiretta, a carico dell’azienda.
Formazione
Quanto imposto da Fiat è in aperto contrasto con la Legge 102 del 2009 che prevede,
in caso di obbligo di presenza dei lavoratori in Cassa integrazione a corsi di formazione,
che l’azienda paghi la differenza fra trattamento di Cig e salario.
Per come è scritto il testo, la Fiat non paga neppure la mensa.
Recuperi produttivi
Le perdite produttive per causa di forza maggiore o interazione delle forniture vengono
recuperate collettivamente (senza maggiorazioni) sia nella 1/2 ora di mensa,
sia nel 18° turno che nei giorni di riposo individuale, entro i 6 mesi successivi.
Recuperi produttivi
Si vuole operare in totale deroga all’art. 4 del Ccnl per casistiche, tempi e modalità di recupero. Ancora una volta in contrasto con la Legge 66/2003 sugli orari di lavoro e con la Direttiva europea.
Assenteismo
Per contrastare forme anomale di assenteismo, quando la percentuale sia significativamente
superiore alla media, Fiat non pagherà la quota di indennità malattia a carico aziendale. Una commissione paritetica esaminerà i casi di particolare criticità da escludere da questa norma.
In caso di tornate elettorali con forti assenze dei lavoratori si chiuderà lo stabilimento
(con Par o ferie) e si recupererà la produzione a paga ordinaria.
Chi andrà ai seggi elettorali come rappresentante di lista non sarà pagato dall’azienda e non avrà diritto a riposi.
Assenteismo
A problemi veri si risponde non adoperando gli strumenti già previsti dal Ccnl e dalle leggi per colpire eventuali abusi ma abolendo obblighi in materia di indennità di malattia e permessi elettorali.
Cigs
Ci sarà bisogno di Cigs per i due anni della ristrutturazione, senza rotazione dei lavoratori.
Cigs
La ristrutturazione è necessaria e sarà lunga. Riguardo i rientri al momento dell’avvio produttivo, alla Rsu non viene dato alcun ruolo.
Abolizione voci retributive
Dal 1° gennaio 2011 le paghe di posto, l’indennità disagio linea, il premio mansioni e premi speciali sono aboliti e saranno corrisposti sotto la voce “superminimo individuale non assorbibile” solo a chi oggi ne ha diritto.
Abolizione voci retributive
I nuovi assunti (quando?) non avranno alcun diritto a questa voce.
Maggiorazioni lavoro straordinario, notturno e festivo
Sono confermate le maggiorazioni esistenti nel Gruppo Fiat
Maggiorazioni lavoro straordinario, notturno e festivo
Tutto invariato.
Polo logistico di Nola
Eventuali esigenze occupazionali vedranno il trasferimento di personale da Pomigliano a Nola.
Polo logistico di Nola
Nessun ruolo alla Rsu. Decide la Fiat.
Decadenza accordi
L’intesa annulla e sostituisce quanto pattuito precedentemente nelle medesime materie.
I CONTENUTI DEL DOCUMENTO FIAT GLI EFFETTI SUI LAVORATORI
Clausola di responsabilità
Il mancato rispetto degli impegni assunti con l’Accordo o comportamenti, delle organizzazioni o di singole Rsu, “idonei a rendere inesigibili le condizioni concordate, liberano l’Azienda da obblighi contrattuali (versamento contributi sindacali, permessi per gli organismi dirigenti) nonché da accordi aziendali (monte ore sindacale del Gruppo e figura di esperto)”.
Anche atti individuali o collettivi dei lavoratori possono portare al medesimo effetto liberatorio per l’Azienda.
Clausola di responsabilità
Alla Fiat viene data totale discrezionalità per valutare se una qualsiasi iniziativa (dalla protesta allo sciopero) in contrasto con uno dei qualsiasi punti dell’Accordo (carichi di lavoro, straordinari, gestione della forza lavoro), costituisca violazione dell’Accordo stesso e perciò agire nei confronti delle Oo.Ss..
Potendo agire contro i Sindacati anche nel caso di iniziative non promosse da questi affida alla rappresentanza sindacale un ruolo di “guardiani” verso i lavoratori.
Clausole integrative del Contratto individuale di lavoro
La violazione, da parte del singolo lavoratore, di una delle condizioni contenute nell’Accordo costituisce infrazione disciplinare da sanzionare, secondo gradualità, in base agli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari e ai licenziamenti per mancanze.
Clausole integrative del Contratto individuale di lavoro
E’ la clausola finale e la più spregiudicata di tutto il Documento Fiat. Il diritto individuale di aderire a uno sciopero, sancito dall’Art. 40 della Costituzione, diviene oggetto di provvedimento disciplinare fino al licenziamento.
Non c’è alcuna legittimità in questo, ma intanto la Fiat ci prova.

pc quotidiano 15 giugno -riesce lo sciopero degli scrutini ! -comunicati da Milano

COMUNICATO STAMPA
Milano, 14 giugno 2010
Crescono di ora in ora le adesioni allo sciopero degli scrutini a Milano ed hinterland, oltre ogni più rosea previsione. I primi dati parlano di oltre 50 scuole, in alcune con adesioni del 100%
Un risultato frutto di un lavoro dal basso di mesi, conquistato centimetro per centimetro, scuola per scuola; una lotta contro la disinformazione, il boicottaggio attivo, la denigrazione, persino, verso i lavoratori della scuola, in primis precari, che con determinazione e tenacia l'hanno costruito, contrastando sul campo ogni tentativo di sminuirne la portata e il significato, rassegnazione e disaffezione.
Dopo anni, si riprende una forma di lotta incisiva, in grado di inceppare la burocrazia scolastica, di creare "disagi", costruita con intelligenza, in un ritrovato spirito di solidarietà tra lavoratori, minimizzando i costi ed ottimizzando i risultati, istituendo casse di resistenza e solidarietà.
Pochi gli effettivi scioperanti, ma tanti i sostenitori. Una forma di sciopero che sta consentendo ai lavoratori della scuola di riprendere nelle proprie mani la lotta, di autorganizzarsi.
il 15 a Milano all' Ufficio scolastico provinciale si terrà un presidio, dalle 10 in avanti, a sostegno dello sciopero degli scrutini. Luogo simbolicamente significativo, dove la lotta ha avuto inizio il primo di settembre, simbolicamente per dire che non si chiude in questo giorno, ma si
intende continuare: per il ritiro dei tagli, l'assunzione dei precari, contro gli attacchi ai lavoratori e ai loro diritti.
Slai Cobas per il sindacato di classe Milano
email: cobasdiclasse.mi@gmail.com cell: 3339415168


SUPERATE LE 50 scuole!!! Verso i 500 scrutini bloccati!
ADESIONI SCIOPERO SCRUTINI A MILANO E DINTORNI
Si hanno già conferme di una forte partecipazione allo sciopero (in alcuni casi il 100% degli scrutini bloccati nei due giorni) da parte di docenti di famose scuole della città di Milano come il Donatelli-Pascal, il Locatelli, il Gramsci, il Cattaneo, Virgilio, il Settembrini, il Pasolini, il Besta,Bertarelli, il Cremona, il FerrarisPacinotti, ilVaralli, ilGiorgi, l'Allende, il Tenca, il Tito Livio, ilLuxemburg, ilBrera, il Marconi, l'Oriani Mazzini, ilMarie Curie, loSteiner, il Leonardo da Vinci,
l'Einstein, il Galvani, ilMoreschi, il Maxwell, il Verri, tutte scuole superiori di Milano e anche una scuola media Arcadia Pertini, l'istituto comprensivo Ilaria Alpi e la scuola primaria ICS Capponi e altre ancora che stanno segnalando la loro adesione.

Giungono inoltre continue adesioni da molte scuole superiori dell'interland milanese come ad esempio il Bramante di Magenta, il Falck di Sesto, l'Itsos di Cernusco, il Gadda di Paderno Dugnano, il Bellisario di Inzago, l'Olivetti di Rho, il Marconi di Gorgonzola, il Mosè Bianchi di Monza, ilPiero della Francesca di Melegnano, il Majorana di Rho, il Primo Levi di San Donato, il Marie Curie di Tradate, l'Argentia a Gorgonzola, il Righi di Corsico, un istituo superiore a Lissone, il Mapelli di Monza, il Primo Levi di San Donato, Einstein di Vimercate, il Morante di Limbiate, l'Erasmo da Rotterdam di Bollate.
Notizie simili si registrano anche nelle altre città della Lombardia con scrutini bloccati a Pavia, Varese, Mantova.

Appuntamento il 15 giugno sotto l'Ufficio Scolastico Provinciale di via Ripamonti, 85 per un sit-in di protesta a partire dalle ore 10,00 alle 18.00. Venite a manifestare il vostro dissenso contro i tagli alla scuola pubblica insieme ai docenti e agli ATA che hanno promosso e sostenuto con la
propria adesione lo sciopero degli scrutini. Unitevi ai lavoratori che in questi mesi hanno costruito una lotta comune - come mai si era vista negli ultimi anni - facendo sì che dietro lo sciopero di uno solo si manifestasse la volontà di tanti lavoratori, tutti coesi nel sostentamento di una cassa
di solidarietà comune.
Partecipate e unitevi ai lavoratori della scuola che da mesi protestano per difendere la scuola pubblica patrimonio di tutti.
Coord. Lavoratori della scuola "3ottobre" - C.P.S. Milano

pc quotidiano 15 giugno - la giornata di lotta unitaria Napoli-Taranto-Palermo

GIORNATA DI LOTTA UNITARIA

Come annunciato nei giorni scorsi, in continuità al percorso unitario che si è inteso iniziare con l’assemblea nazionale tenutasi il 21 maggio scorso a Napoli, ieri 14 giugno in contemporanea i disoccupati organizzati del Movimento di Lotta per il Lavoro Banchi Nuovi di Napoli insieme ai disoccupati organizzati dello Slai Cobas di Taranto ed i precari dello Slai Cobas di Palermo, hanno dato vita a diverse iniziative di lotta svoltesi sui territori di appartenenza. Iniziando da Napoli dove i disoccupati dei Banchi Nuovi hanno presidiato in massa, nonostante il divieto della questura, Via Toledo, una delle vie dello shopping borghese e salotto buono della città, da sempre vietata alle manifestazioni; i disoccupati hanno volantinato esprimendo quanto da anni ormai questo movimento va dicendo e cioè il bisogno e diritto ad un lavoro stabile e sicuro, ma anche la brutale repressione che nell’ultimo periodo i disoccupati del progetto BROS stanno subendo data la mancanza di risposte in termini occupazionali da parte delle istituzioni tutte e la sospensione del sussidio mensile di 596 euro, unica fonte di reddito di questi disoccupati. La determinazione del movimento a fatto si che i disoccupati ancora una volta hanno portato la loro protesta anche lì dove i borghesi e la classe dirigente di questa città si rintana credendo di poter lasciar fuori il disagio sociale di questi cittadini. Nelle stesse ore del pomeriggio a Palermo un corteo combattivo ha attraversato le strade della città fino alla Prefettura, per protestare contro governo e padroni che continuano con le loro politiche antiproletarie e antipopolari a scaricare sulle spalle dei lavoratori, precari e disoccupati, la crisi da loro stessi prodotta. Hanno sfilato in corteo le lavoratrici e i lavoratori precari delle cooperative sociali già da metà giugno senza lavoro, le lavoratrici e i lavoratori della scuola attaccati pesantemente dalla scellerata riforma Gelmini e dalla manovra finanziaria del governo, il comitato di lotta donne precarie/disoccupate organizzate, i lavoratori e le lavoratrici ex enti locali transitati nello Stato, in lotta da anni contro le istituzioni, ed una delegazione di studenti del Collettivo in lotta dell’Accademia di belle Arti. All’arrivo in prefettura tutti i manifestanti hanno protestato con forza contro l’atteggiamento repressivo e intimidatorio assunto della digos e forze dell’ordine nei loro confronti; dopodichè una folta delegazione rappresentante i diversi settori ha consegnato al prefetto i volantini di protesta e denuncia chiedendo per le specifiche vertenze l’apertura urgente di tavoli tecnici. Mentre in
mattinata a Taranto i Disoccupati Organizzati dello slai cobas hanno invaso il Consiglio comunale bloccando i lavori per tutta la mattinata. Sono entrati nel Comune con striscioni e cartelli che denunciavano le false promesse fatte dalle istituzioni locali, in merito all’avvio della raccolta
differenziata porta a porta, possibile sbocco occupazionale x questi disoccupati che da alcuni mesi hanno deciso di organizzarsi e di lottare anch’essi x un lavoro stabile e sicuro. Per circa tre ore i disoccupati hanno impedito che iniziasse il consiglio comunale, costringendo sia il Sindaco, ma anche assessori e consiglieri a dover ascoltare e confrontarsi con la rabbia e le ragioni di chi a differenza di loro stenta a campare, hanno così portato le loro istanze e la richiesta al sindaco di convocare immediatamente un tavolo istituzionale dove poterne discutere.
Queste di oggi sono solo l’inizio di quanto, le varie realtà in lotta sparse per il nostro paese, intende fare i movimenti promotori insieme a tutti quelli che hanno partecipato e dato adesione a quel primo incontro assembleale tenutosi a Napoli, per la costruzione di un movimento nazionale
che rafforzi le vertenze locali, ma che soprattutto sia di risposta a ciò che governo e padroni stanno costringendo a subire a lavoratori, precari e disoccupati con il peggioramento drastico delle condizioni di vita e di lavoro x chi ancora un lavoro ce l’ha e l’assenza di risposte x chi il
lavoro lo chiede e lotta x averlo. Diamo appuntamento a tutte le realtà in lotta interessate e a quelle già partecipanti al prossimo incontro che si terrà a Napoli il prossimo 3 luglio x continuare il percorso unitario iniziato.


L'assemblea nazionale dei disoccupati-precari - napoli 21 maggio
per adesioni: banchinuovi@hotmail.it – cobasta@libero.it


Taranto - i disoccupati organizzati invadono e bloccano il Consiglio comunale

A Taranto forte giornata di lotta del 14 giugno, in contemporanea con Napoli e Palermo,

i Disoccupati Organizzati di Taranto - slai cobas per il sindacato di classe invadono il Consiglio comunale e bloccano i lavori per tutta la mattinata.

Una foltissima delegazione di Disoccupati Organizzati - slai cobas per il sindacato di classeavevano per oggi organizzato una manifestazione. Dato il Consiglio Comunale sono entrati nel Comune con striscioni, cartelli e locandine, in cui veniva denunciata il ritardo nell'avvio della raccolta differenziata porta a porta , la politica della Giunta Comunale e del Sindaco Stefano, che prima promette impegni su lavoro ai disoccupati/raccolta differenziata, consiglio comunale monotematico sull'emergenza lavoro e ora se ne lava le mani dicendo che non sono "problemi del Comune".

Per circa tre ore i Disoccupati Organizzati, in un clima tesissimo in cui ogni disoccupato, disoccupata gridava le ragioni della lotta e delle giustissime richieste di lavoro, hanno impedito che iniziasse il consiglio comunale, costringendo sia il Sindaco, ma anche assessori, consiglieri a
dover ascoltare e confrontarsi con la rabbia e le ragioni dei Disoccupati Organizzati.
Ad un certo punto la presidente del Consiglio comunale è stata costretta dal clima acceso a far intervenire nel consiglio comunale un rappresentante dei Disoccupati Organizzati e la coordinatrice provinciale dello Slai cobas.
Nel suo intervento è stato respinto il tentativo, non nuovo, del Sindaco di rispondere alla giusta e dignitosa battaglia per un lavoro vero e il salario garantito dei Disoccupati Organizzati, con una politica populista e di elemosine, promesse individuali, per cercare di scavalcare l'organizzazione
dei disoccupati e dividerli. E si sono richiesti gli interventi urgenti necessari non solo in materia di raccolta differenziata, ma anche di bonifica ambientale, reddito sociale.
In tutte queste ore si sono misurate apertamente due politiche e due linee nell'emergenza lavoro
con stampa e tv che hanno dovuto rappresentarle nella tarda mattinata il Sindaco ha nuovamente promesso di convocare il tavolo generale , con risposta entro 48 ore i disoccupati organizzati dello slai cobas con l'iniziativa di oggi hanno ripreso l'iniziativa e domani a Bari da Vendola
la lotta continua

disoccupati organizzati
slai cobas per il sindacato di classe
taranto


Palermo 14/06: combattivo corteo a palermo contro licenziamenti, precarietà, disoccupazione


Oggi pomeriggio, in occasione della giornata nazionale contro i licenziamenti, la precarietà e la disoccupazione promossa dall'assemblea nazionale del 21 maggio scorso a Napoli organizzata dai disoccupati Banchi Nuovi di Napoli e dai disoccupati organizzati di Taranto dello Slai Cobas per il sindacato di classe, un corteo combattivo ha attraversato le strade di Palermo fino alla Prefettura per protestare contro governo e padroni che continuano con le loro politiche antiproletarie e antipopolari a scaricare sulle spalle dei lavoratori,precari, disoccupati la crisi da loro stessi
prodotta.

Dietro lo striscione di apertura con su scritto " TUTTI INSIEME ALZIAMO LA TESTA CONTRO LICENZIAMENTI PRECARIETA' DISOCCUPAZIONE" hanno sfilato con altrettanti striscioni e cartelli

le lavoratrici e i lavoratori precari delle cooperative sociali già da metà giugno senza lavoro visto cha ad oggi non è stato rinnovato dalla Provinca il bando di appalto per la fornitura del servizio di assistenza ai disabili nelle scuole ".vogliamo un lavoro stabile e sicuro tutto l'anno, basta mezzi lavori a mezzo salario."

le lavoratrici e i lavoratori della scuola attaccati pesantemente dalla scellerate riforma Gelmini e manovra finanziaria del governo ".contro i licenziamenti di massa, il blocco del salario e del contratto, l'allungamento dell'età pensionabile per le donne lavoratrici che il governo ipocritamente vuole far passare come un provvedimento per la loro emancipazione ma che in realtà le colpisce doppiamente nella loro condizione di lavoro e di vita cacciamo via la Gelmini, Tremonti e tutto il governo."

il comitato di lotta donne precarie/disoccupate organizzate che con grande forza e determinazione hanno gridato come in una regione che occupa l'ultimo posto per tasso di disoccupazione, e in particolare femminile, non vogliono arrendere ad una vita fatta di lavori ultraprecari, quando si ha la fortuna di trovarli, o a stare rinchiuse a casa, in famiglia come vorrebbe il governo, " .una famiglia che in diversi casi per noi si trasforma in una vera e propria prigione in cui subiamo anche violenza." ".lottiamo perchè si aprano sbocchi occupazionali per noi disoccupate e per ottenere un salario minimo garantito nell'attesa di un lavoro."

I lavoratori e le lavoratrici ex enti locali transitati nello Stato in lotta da anni contro le istituzioni ".non siamo lavoratori di serie B, vogliamo una sede di lavoro stabile e riconosciuti i nostri diritti."
una delegazione di studenti del Collettivo in lotta dell'Accademia di belle Arti "il sapere non è un mercanzia, Tremonti Gelmini vi cacceremo via" ".operai studenti precari disoccupati vinceremo organizzati."

Durante il corteo è stata espressa forte solidarietà ai disoccupati di Napoli e Taranto che in questi mesi sono stati oggetto in diverse forme di atti repressivi da parte delle forze dell'ordine così come tanti altri lavoratori e operai in lotta in tutto il paese, a tutti i lavoratori licenziati e cassaintegrati, in particolare alla lavoratrice ATM Jessica di Milano che in questi giorni sta protestando contro un ingiusto licenziamento, e verso i lavoratori e lavoratrici migranti super sfruttati e attaccati pesantemente da leggi razziste come il pacchetto sicurezza.

All'arrivo in prefettura tutti i manifestanti hanno protestato con forza contro il tentativo della digos di intimidire il corteo con filmati continui e minacce di multe solo perché alcune lavoratrici attraversavano la strada con il megafono passando e ripassando sulle strisce pedonali.
Una folta delegazione rappresentante i diversi settori di lavoratori, precarie e studenti presenti ha consegnato al prefetto i volantini di protesta e denuncia chiedendo per le specifiche vertenze e lotte l'apertura urgente di tavoli tecnici.

Slai cobas per il sindacato di classe Palermo
340/8429376

lunedì 14 giugno 2010

pc quotidiano 15 giugno - La violenza omofobica è violenza fascista

E' uno stillicidio di aggressioni agli omosessuali. Le ultime sono avvenute a Roma e a Padova, quì una coppia di due ragazzi gay è stata pestata violentemente perché "gay" e vestiti da "comunisti".
L'opposizione invoca una legge contro l'omofobia: e chi dovrebbe legiferare contro la violenza omofoba, questo governo, questo parlamento?
Non si vuole comprendere, ancora una volta, la natura fascista di questa classe dirigente al governo riunita attorno a Berlusconi, alla sua politica e al suo "stile" intrisi di concezioni maschiliste che non ammettono la "diversità" nei rapporti sociali.
Un'escalation di violenza da fermare subito da parte del movimento antifascista ed è anche una questione che va fatta comprendere agli operai e chiamarli a dare una risposta militante e di classe.
Come razzismo e anticomunismo si fanno strada aizzati da questo governo, così l'omofobia dilaga propagandata da "valori" reazionari, in particolare attraverso l'uso delle tv con cui manipola il consenso di massa attorno a sè. Se i modelli sono il machismo, la famiglia "normale" timorata da Dio -ipocrisie borghesi che istigano, coprono, giustificano, la violenza contro le donne dentro le mura domestiche- allora viene da sè che il "diverso", il gay, transessuale sono "deviazioni" da estirpare come se fossero un cancro che mina l'ordine sociale di questa borghesia che di notte va ad "escort" e di giorno si fa paladina della famiglia, la stessa feccia a cui strizza l'occhio la Chiesa di Ratzinger.
Su questo eravamo già intervenuti con l'art. VERONICA E IL MODERNO FASCISMO quando avevamo trattato la questione dell'uso delle donne, anche minorenni, per il piacere del l'imperatore, della prostituzione per fare carriera, del maschilismo ossessivo di Berlusconi. L'utilizzatore finale che abusa del suo potere non può certo contrastare stupro e pedofilia (tutte denunce che l'ex moglie del capo del governo ha definito "ciarpame politico"). Anzi, se ne compiace e lo ostenta.
Persino la vicenda Marrazzo gli è servita per mandare il messaggio che mentre l'opposizione va coi trans, lui e la feccia machista vanno solo con le donne.
Sulla questione omofobia abbiamo letto con interesse una lettera al manifesto del 13 giugno di Caterina Rea, un brano dell'intervento che farà domani ad un Convegno universitario in Francia ("education et homophobie"). Il titolo è eloquente: "omofobia, ultima frontiera dell'ordine" e dice chiaramente che la violenza contro gli omosessuali "incarna una delle più radicali espressioni dell'opposizione al
cambiamento" di quest'ordine sociale borghese. L'ordine sessuale rinvia a quello sociale.
Questo moderno regime fascista in formazione si struttura sulla base della sessualità e fonda, in quanto borghesi proprietari dei mezzi di produzione, la sua egemonia su presunte categorie "naturali" eterne, le stesse che vengono ripetute continuamente da santa romana chiesa.
Quindi è una questione politica e, se si vuole risolverla , aggiungiamo noi, ci vuole la sola politica che può aggredire alle radici questo putrido sistema sociale: la politica rivoluzionaria dei comunisti.

prolcomra
14/06/2010

lo speciale fiat di proletari comunisti del 14 maggio

oggi esce lo speciale fiat di proletari comunisti
sono sette articoli che vanno letti non come sono impaginati nel blog
ma secondo la numerazione da 1 a 7
saranno aggiornati giornalmente e daranno vita a uno speciale stampato
diffuso largamente nelle fabbriche

pc quotidiano 14 giugno- speciale fiat 3 - la voce dei padroni

L'editoriale del Corriere della Sera di domenica 13 giugno chiarisce, non certo solo per conto della Fiat ma per l'insieme della borghesia imperialista italiana, la portata dello scontro. Perlomeno sul piano “economico” dato che sul piano istituzionale generale il punto di riferimento è la proposta e l'azione per modificare la Costituzione nell'art. 41 che riguarda il potere delle imprese.
Scrive Dario Di Vico: quello che “si prospetta (è) un vero quesito, il sistema italiano delle relazioni industriali imperniato su contratti nazionali e Statuto dei Lavoratori è... irrimediabilmente datato... impedisce di crescere... fa finta di non vedere che in Italia operano già centinaia di lavoratori asiatici in condizione di schiavitù...”. Si dice chiaro, quindi, che partendo da questa constatazione occorre portare a queste condizioni la condizione operaia nelle fabbriche italiane.

Prosegue Di Vico: “Le relazioni industriali centralizzate dimostrano di non essere attrezzate a far fronte alla nuova emergenza, la disoccupazione. Nei prossimi mesi conosceremo un po' di ripresa ma non avremo occupazione in più... crescere e occupazione non sono più sinonimi, hanno divorziato, i posti di lavoro persi non verranno recuperati e la ristrutturazione delle imprese taglierà gli addetti”. Dario Di Vico parla come un “marxista puro” e spiega le leggi del capitale nella crisi e considera quindi, contratti nazionali, Statuto dei Lavoratori e più in generale la Costituzione ormai un ostacolo all'affermazione della dittatura del capitale nella crisi. Di qui l'esigenza generale di una dittatura tout court, il moderno fascismo padronale e statale.
E che di questo si tratti a Pomigliano, lo dice in forme esplicite: “E' in questo contesto nel quale va collocato il rebus di Pomigliano, la scelta che sta di fronte al sindacato di consentire una deroga ai “sacri principi”. L'attacco alla Fiom che segue nel suo articolo viene spiegato, poi, non come abolizione del sindacato ma nuovo ruolo in effetti del sindacato stesso che “rimetterebbe al centro la qualità della manodopera e del prodotto made in Italy”. Il sindacato neocorporativo in sintonia con l'attuale fase di dittatura del capitale.
Ma qui Di Vico aggiunge un utile rilievo che chiunque si sta occupando di Pomigliano dalla parte della Fiom e in generale del movimento operaio non coglie abbastanza. Questo sindacato non nasce ora nell'accordo Pomigliano ma è già operativo da tempo nelle fabbriche del nostro paese e che chiunque lotti effettivamente sulle posizioni del sindacalismo di classe nelle fabbriche conosce già bene; cioè quel sindacato unitario come sempre, ben al di là delle chiacchiere e contese dei vertici dei dirigenti Fim e Uilm e dei parolai Rinaldini, Cremaschi.

Scrive Di Vico che quest'accordo non è la morte del sindacato, dato che si realizzano già accordi di questo tipo: “se ne parla troppo poco, ma sono stati raggiunti a livello decentrato molti accordi innovativi, numerose intese che guardano coraggiosamente al domani, senza paura di sporcarsi le mani...”.
E questo “sindacalismo innovativo” ha fatto da base e da riferimento dell'attuale salto di qualità del fascismo padronale e del neocorporativismo, tanto che – scrive ancora Di Vico: “E' proprio in virtù di queste esperienze condivise, il Min. Sacconi ha potuto annunciare a Santa Margherita Ligure che il nuovo Statuto dei Lavori prevederà esplicitamente la possibilità di derogare alla legge 300 in presenza di un intesa tra le parti”.

pc quotidiano 14 giugno -speciale fiat 7- gli altri stabilimenti fiat

In questa vicenda Pomigliano è naturalmente tutto il gruppo Fiat ad essere chiamato in causa e gli operai degli altri stabilimenti stanno assistendo in una sorta di silenzio-assenso” alla contesa che si sta sviluppando; invece di essere colta l'occasione per scendere in campo e contrastare sul piano generale il piano Fiat, nelle altre fabbriche Fiat si tace.
I guasti apportati dalla logica della lotta “stabilimento per stabilimento” secondo una ideologia e prassi sviluppata dal sindacalismo confederale, Fiom compresa, e non contestata se non in qualche episodico volantino dai sindacalisti di base all'interno del gruppo Fiat, stanno dando i loro effetti.
Il piano dell'azienda prevede che entro venerdì si chiuda la partita di Pomigliano, con referendum approvato compreso. Dopo di che toccherà agli operai di Termini Imerese che, come utenti delle Poste, aspettano in coda il loro turno.
Marchionne ha già fatto sapere che si tratta, però, di una pura pratica d'ufficio: “La nostra intenzione è di uscire alla fine del 2011. Il resto dipende da chi vuole prendere quell'impresa e portarla avanti”. Intanto tutto è rinviato a settembre.
E qui i giornali parlano in inglese, i sindacati parlano in inglese, e gli operai tacciono: “A settembre ci sarà una prima 'short list' delle proposte fino ad oggi giunte al governo e sono cinque rimaste al vaglio dell' 'advisor invitalia', di cui tre nel settore delle automotive”. “Mi sembra che ci sia un allungamento dei termini vischioso” - commenta Sir Maurizio Landini. Preoccupazione sui tempi viene anche espressa dal Doctor Palombella.

Alla Fiat Sata, invece, le cose stanno andando diversamente. A Melfi si tengono in questa settimana le elezioni delle RSU. E anche qui lo scenario è assolutamente innaturale, degno del regime in formazione.
L'Rsu scadevano nell'autunno 2010 e nella maggioranza dei casi in tutte le fabbriche italiane il loro rinnovo avviene in ritardo rispetto alla scadenza naturale. Invece qui si fanno in anticipo, secondo una manovra di “guerra preventiva” orchestrata dalla Fiat stessa.
Si sono dimesse le Rsu dei sindacati gialli che si apprestano a firmare l'accordo di Pomigliano. E la Fiat, dovendo ora qui corrispondere un premio di risultato inferiore rispetto ai precedenti, vuole in una certa misura evitare fastidi e fare una sorta di ricatto preventivo.
Qui la bonifica ambientale in parte era già avvenuta e aspetti dell'accordo Pomigliano alla Fiat Sata erano già stati proposti o attuati.
Il cuore è la nuova organizzazione del lavoro che viene chiamata VCM (evoluzione della”specie” TMC2) e si prepara la terza fase definita 'Ergo Uas' che comporta sostanzialmente una ulteriore intensificazione dei ritmi di lavoro. Tutto questo in questa fabbrica ha portato ad un record poco conosciuto di malattie muscolo scheletriche; con questi nuovi sistemi è prevedibile la trasformazione in pochi anni degli operai in una massa di invalidi o potenziali invalidi che saranno ritenuti “improduttivi”.
E che tutti siano dalla parte dell'azienda qui è testimoniato anche dal ruolo della magistratura che ha recentemente archiviato per la seconda volta un esposto Slai cobas per il sindacato di classe, volto a provocare un'inchiesta giudiziaria sul dilagare delle malattie professionali per effetto della nuova organizzazione del lavoro.
Alla Fiat Sata il discorso dei turni è stato già affrontato e anche qui sono state piegate con la forza e l'accordo di buona parte del sindacato le richieste operaie così come il non pagamento delle malattie, il raddoppio delle ore di straordinario, la massima flessibilità negli spostamenti, il cumulo di mansioni, la flessibilità nell'utilizzo dei lavoratori secondo il cosiddetto “bilanciamento produttivo”.
Ci sono stati altri attacchi al salario, un uso della cassintegrazione dispotico, selvaggio e arbitrario da rendere l'intera fabbrica, una fabbrica operante secondo le dinamiche di cali e ascese di vendite. E appunto queste elezioni aziendali delle Rsu precedono un accordo peggiorativo di riduzione del premio di produzione e di intensificazione dei ritmi di lavoro ottenuto tramite una pulizia etnica preventiva.
Se tanto mi dà tanto prima dell'accordo Pomigliano, si può ben immaginare cosa avverrà dopo l'accordo a Melfi.

C'erano e ci sono tutte le condizioni per contrastare unitariamente il piano Fiat. E bloccare Melfi, lo stabilimento di punta della Fiat, era ed è un'arma importante.

pc quotidiano 14 giugno -speciale fiat 6 - Napolitano e la Chiesa

Nelle ore che precedono il passaggio dell'accordo è in corso a Napoli e a Pomigliano una vera e propria guerra che vede via via schierarsi tutti per piegare le resistenze operaie. Certo la guerra era cominciata prima, il primo appello è venuto da Napolitano proprio a Napoli che questa volta sarà molto dispiaciuto di non poter firmare lui stesso questo accordo, dato che, come ormai è evidente, le firme alla marcia del moderno fascismo sul piano delle leggi sono diventate la sua carta di identità e funzione.

Ma siamo in tempi in cui il regime in formazione può contare sul ruolo della Chiesa, tanto che forse anche in questo campo dovremmo parlare di clerico fascismo.
La Chiesa, anzi Dio in persona, è stata tirata in ballo un po' dalla giacchetta, senza tema del ridicolo, dall'ineffabile Min. Sacconi che ha dichiarato alla convention della Confindustria di aver pregato per quest'accordo. E che non si trattasse di un fatto in senso figurativo, lo ha precisato: ha fatto dire una novena perchè Dio illuminasse i contendenti e li facesse firmare quest'accordo.
Ma sono entrati in campo persone che hanno una frequentazione con Dio un po' più quotidiana. Un appello è venuto dal Parroco della Chiesa di San Felice di Pomigliano D'Arco, dal Vescovo Beniamino Di Palma che già si era distinto per aver mandato gli operai a San Pietro e che ora sostanzialmente chiede di accettare il piano Fiat, visto come un “occasione da non perdere per tante famiglie”; e da Don Aniello Tortora, responsabile della pastorale del lavoro della Diocesi di Nola, che l'ha messa giù un po' più sindacale la cosa: “invita la Fiom a siglare l'accordo per non perdere l'occasione. E trovare una soluzione, poi” (Il Mattino del 13 giugno) – nel al di là, possibilmente...

pc quotidiano 14 giugno -speciale fiat 5 - i partiti

A fianco della Fiat scendono subito in campo i partiti della cosiddetta “opposizione”. Stefano Fassina, responsabile economico del PD, dopo qualche frase di circostanza sui caratteri negativi di quest'accordo dice subito: “L'investimento di Pomigliano è fondamentale per l'Italia e per il mezzogiorno. Auspichiamo che il senso di responsabilità prevalga affinchè il piano Fiat possa partire come programmato”.
L'ex Min. del Lavoro, Cesare Damiano, da sempre, da quando era sindacalista, poi dal governo, un uomo delle aziende e della Fiat in particolare, comincia sminuendo la portata dell'accordo: “L'accordo che la Fiat propone su orari e organizzazione del lavoro ricalca intese precedenti come quelle per lo stabilimento di Melfi”. A parte che non è vero, quest'accordo è molto peggiore, Damiano trascura il fatto che a Melfi ci sono stati i '21 giorni' e poi per far passare questo tipo accordi si è ricorso all'arma dei licenziamenti politici, della “lotta al terrorismo”, ecc., ecc.
Prosegue Damiano: “Tutti comprendono qual'è la posta in gioco: futuro produttivo e occupazionale di un territorio del mezzogiorno già segnato pesantemente dai problemi della crisi”. Ovvero, il futuro del mezzogiorno che Damiano prefigura è appunto il moderno fascismo, il moderno schiavismo delle fabbriche dell'Est e del Terzo mondo.
Il partito di Di Pietro da un lato si dice – ed è l'unico – solidale con chi ha il coraggio di respingere i ricatti, dall'altro, però, ha una visione abbastanza confusa della fabbrica: “In questa situazione diventa importante il pronunciamento democratico dei lavoratori”. Ma come? Il partito che sta in questi giorni giustamente gridando al fascismo per quanto riguarda la 'legge bavaglio' e che definisce non democratico il processo elettorale in regime Berlusconi, come può pensare che ci sia un pronunciamento democratico dei lavoratori in queste condizioni?
Poi se un'affermazione di queste genere la fa l'ex sindacalista, Maurizio Zipponi, allora il dubbio è che stia continuando a fare il suo mestiere che consiste nel far accettare come “volontà dei lavoratori” l'esito del pronunciamento sull'accordo, come tante volte è avvenuto in questi anni o come minimo dalla scala mobile in su, rispetto a tutti gli accordi realizzati col governo e coi padroni.

Ma la dichiarazione più fessa del giorno, se corrisponde a quello che riporta Il Manifesto, è quella del PDCI che dichiara:”Il governo metta la Fiat di fronte alle sue responsabilità”.

pc quotidiano 14 giugno - speciale fiat 4 - i sindacalisti

La Cgil di Epifani ha GIA' firmato l'accordo di Pomigliano e in una certa misura ha dato il suo là a questo accordo con il suo congresso nazionale, ricacciando le resistenze Fiom nell'angolo e strutturando il sindacato in funzione della fase nuova che si concentra ora sull'accordo di Pomigliano. Ed è del tutto naturale, quindi, che i segretari della Cgil di Campania e di Napoli, Michele Gravano e Peppe Enrico, sono scesi in campo e sono attivi nel sindacato e verso i lavoratori in queste ore per costringere la Fiom nazionale e locale ad accettare l'arma Fiat dell'accordo che è il referendum; così come nello stesso comitato centrale della Fiom l'ala di Epifani si appresta a portare nel cuore di questo organismo il ricatto Fiat.

Ma tornando sul ruolo che dà il padronato a questo accordo, eloquente è l'intervista su Sole 24 ore del 13 giugno resa dal presidente dell'Unione industriale di Torino, Gianfranco Carbonato. Certo si tratta di una traduzione dei discorsi fatti dalla Marcegaglia a proposito di “sistema paese”, ecc. tradotti in forme un po' volgari in neocorporativismo.
Dichiara Gianfranco Carbonato: “Quei sindacati che hanno aderito alla proposta Fiat su Pomigliano D'Arco hanno dimostrato di avere colto l'attuale passaggio storico. Ormai la contrapposizione non è più tra classi, capitalisti da una parte e lavoratori dall'altra, ormai la contrapposizione è tra sistemi-paese, in cui i sindacati e le imprese stanno dalla stessa parte”.

Ma Carbonato entra nel merito della Fiom e, a sorpresa, mostra tutta la sua fiducia non solo nel sindacato ma in particolare nel suo nuovo dirigente, Maurizio Landini e gli dà perfino dei consigli: “Mi auguro che lunedì al suo comitato centrale un leader pragmatico come Landini non ascolti le sirene dell'estremismo e valorizzi invece di fronte ai suoi uno strumento come la Commissione paritetica a cui la Fiat venerdì ha dato il suo Ok: prima di procedere a sanzioni contro chicchesia a Pomigliano si riunirà un tavolo comune tra manager e sindacalisti”. Poi Carbonato procede con un altro consiglio, sembra quasi che stia scrivendo la mozione conclusiva: “La Fiom ha una quota minoritaria di iscritti tra i lavoratori dello stabilimento campano. Dunque, se il referendum tra questi ultimi producesse una maggioranza schiacciante a favore dell'accordo, in linea teorica non dovrebbe esserci problemi”.
Procede ancora in scala più globale Carbonato: “Epifani e Landini sfidino la Fiat a trasformare Pomigliano che non ha mai funzionato in un modello di produttività ed efficienza. perchè Pomigliano non è solo Pomigliano. La Fiat in questo paese dovrebbe investire nei prossimi 5 anni 20 miliardi di euro... se l'accordo su Pomigliano diventasse di difficile applicazione, lo stabilimento campano diventerebbe una ragione grande quanto una casa per tenere lontano dall'Italia qualunque altra multinazionale”.

Un altro consiglio molto interessato ma anche puntuale alla Fiom viene dal Corriere della Sera in un articolo a firma di Enrico Marro, e riguarda tra l'altro proprio il “neo segretario” che stiamo imparando a conoscere: “C'è un precedente che potrebbe essere seguito: il caso Piaggio di un anno fa (un altro famigerato accordo bidone passato sotto silenzio – ndr) quando con un referendum i lavoratori approvarono l'integrativo firmato dai sindacati, tranne la Fiom, e quest'ultima si adeguò al risultato andando anche lei a sottoscrivere il contratto. Una vicenda che allora fu gestita proprio da Maurizio Landini che ancora non era diventato segretario generale...” E se lo fosse diventato proprio per questo?

L'accordo Fiat è chiaramente una cosa più grande delle modeste figure di sindacalisti nazionali di Fim, Uilm, Fismic, che come pulci sulle spalle degli elefanti e forti del ricatto padronale, si danno ad “alti pensieri” e immaginifici proclami che quasi sempre corrisponderanno ad incrementi fruttuosi dei loro conti in banca.
Ma la novità di questo accordo è anche che si tratta del primo accordo firmato da due sindacalisti: il neo segretario della Uilm, Palombella, asceso alla carica recentemente, carica conquistata a fronte degli alti servigi resi al padrone dell'altro grande gruppo industriale del paese, l'Ilva di padron Riva. In questa fabbrica Palombella ha contribuito in maniera sostanziale a farne la fabbrica del lager 'Palazzina laf', poi delle morti bianche, poi dei licenziamenti degli Rls che avevano organizzato lo sciopero contro l'esplosione di un convertitore – un provvedimento disciplinare molto simile a quello previsto dall'accordo Fiat – poi diventando un sindacalista chiamato dall'azienda a fare da testimone a favore di Riva in un processo per truffa ed estorsione ai danni di 300 operai della ex Nuova Siet, 150 dei quali 'parte civile'. E' davvero simbolico che questo accordo Fiat sia il primo accordo firmato nella sua carica nazionale da questo sindacalista.
Ma c'è n'è un altro pure, e si tratta di Giovanni Centrella che sta per diventare in queste ore segretario generale dell'Ugl al posto della Polverini eletta presidente della Regione Lazio. Centrella è un operaio della Fiat di Pratola Serra che deve i suoi successi, oltre che ad un servizio al padrone nelle fabbriche Fiat, anche alla sua elezione nel Fondo Cometa, all'attività antisciopero a Mirafiori, e, guarda un pò, all'accordo Piaggio di Pontedera.

pc quotid 14 giugno -speciale fiat 2 -il manifesto

Ci aspetteremmo che i giornali della sinistra a fronte di questo accordo Fiat andassero a sentire direttamente gli operai e in particolare quelli più combattivi contrari all'accordo, in maniera che possano parlare anche tramite la loro stampa ai loro compagni di lavoro, al movimento sindacale, all'opinione pubblica. Invece, fanno esattamente il contrario, fanno la loro piccola parte nel quadro d'insieme: far diventare generale il punto di vista dello sconforto e rassegnazione.
Il titolo dell'articolo del corrispondente da Napoli de Il Manifesto è chiaro: “Non abbiamo scelta”, che è esattamente il ricatto della Fiat.
Tutto l'articolo infatti sembra fatto dall'Ufficio stampa della Fiat. Si racconta che tra gli operai e i delegati quello che accomuna tutto è l'amarezza di chi sa che o si cede alle richieste o lo stabilimento G.B. Vico diventa “un campo di calcio”. Come ha detto Marchionne a Lingotto, pronto a volare in Polonia dove gli operai hanno già promesso: niente sciopero per tre anni.
E chi gliel'ha detto al giornalista de Il Manifesto che esista davvero questa promessa? E chi gliel'ha detto che gli operai polacchi la rispetteranno?
E si continua dando voce a quei delegati della Fiom che stanno giustificando a sé stessi e agli operai le ragioni del si all'accordo, sia pure con indignazione e incazzatura (!?), perchè – come dice Franco Percuoco, uno dei delegati Fiom partecipanti alla trattativa - “non accettare significa buttare per strada 5 mila persone, firmare equivale a riscrivere la storia dei rapporti sindacali nel paese. Certo il direttivo nazionale valuterà, ma con quali margini di trattativa. Nessuno”. Ma, allora, che lo fate a fare il direttivo? Certo che Percuoco dimostra grande coscienza di classe e coscienza democratica!
Il segretario regionale Mascoli dichiara: “Se firmiamo in Italia è finito il sindacato e quell'accordo sarà preso ad esempio in tutte le fabbriche del paese”. Proprio per questa ragione, diciamo noi, non esiste che questo accordo possa essere accettato anche se per assurdo passasse col 99,99% dei voti degli operai di Pomigliano. Proprio perchè è in discussione l'esistenza stessa del sindacato, oltre che della Costituzione, a nessuno è permesso di accettare quest'accordo se non facendosi complice della distruzione della Costituzione, del sindacato stesso e del movimento dei lavoratori.
Ma Mascoli aggiunge dopo: “Siamo di fronte ad un ricatto, i lavoratori sono messi nelle condizioni di non poter scegliere”. Con questo ragionamento, i padroni hanno già vinto, il fascismo ha carta bianca. Ma questa è appunto la posizione di chi non vuole realmente combatterlo.
Subito dopo, però, Il Manifesto abbandona gli indugi e lascia campo libero ai delegati dei sindacati che sostengono l'accordo.

pc quotid 14 giugno -speciale fiat - 1 - l'accordo e la fiom

Nell'intervista su Il Manifesto del 13 giugno 010, il neosegretario nazionale della Fiom, Landini, esprime la sua valutazione sull'accordo di Pomigliano: nella sua denuncia di metodo segnale che “la Fiat ha semplicemente chiesto l'adesione della OO.SS. alla sua proposta conclusiva. Le altre organizzazioni vi hanno aderito, la Fiom si è riservata”.
Landini, poi, così spiega la proposta aziendale sommariamente: 18 turni settimanali, 120 ore di straordinario obbligatorie, rispetto alle 40 previste nel contratto, riduzione delle pause sulle catene, da 40 a 30 minuti, con la possibilità per l'azienda di “comandare lo straordinario anche nella mezz'ora di pausa mensa. Di poter recuperare – come e quando vuole – i ritardi di produzione anche se dovuti a problemi di forniture. Di non pagare la malattia se si supera una certa soglia 'media' di assenze tra tutti i lavoratori... deroghe al contratto nazionale ma anche alla legge... la legge dispone che devi avere almeno 11 ore di riposo tra un turno e l'altro, la fiat vuole derogare anche da questo. Vengono fissate una serie di sanzioni mai viste in Italia. Si dice che se non viene rispettato quell'accordo o se le organizzazioni sindacali, Rsu, delegati mettono in atto azioni... vengono sanzionati. Le Organizzazioni o Rsu perderebbero parte dell'agibilità mentre il singolo lavoratore che aderisse ad uno sciopero commetterebbe una infrazione disciplinare che potrebbe arrivare anche al licenziamento per “mancanza”. E' un procedimento che mette in discussione il diritto collettivo di contrattare le condizioni di lavoro e il diritto di sciopero. Diritto, quest'ultimo, indisponibile per il sindacato proprio perchè individuale (costituzionalmente) di ogni cittadino. La fiat ha detto: o è così o non si fanno investimenti. Siamo in presenza di una proposta che non riguarda la riorganizzazione del lavoro per costruire 300 mila Panda, ma di fronte ad una deroga da contratti e leggi che cancella il CCNL, introduce un nuovo sistema di relazioni che impedisce a lavoratori e sindacati di poter agire in modo collettivo. Ha un carattere generale, se accettiamo che in Fiat per fare investimenti non valgono più contratti e leggi... tutte le imprese chiederanno altrettanto. La Fim Cisl aveva accettato la licenziabilità per sciopero, proponendo però di limitare l'esperimento alla fase di avvio del nuovo modello, ma Rebaudengo, Fiat, ha detto: no, lo vogliamo per sempre”.
Ma Landini edulcora la pillola, non chiama con il suo vero nome la proposta Fiat, che si chiama: FASCISMO! Anzi sul piano proprio letterale siamo forse oltre.

Landini dice: “noi abbiamo avanzato proposte per la gestione degli orari e fare le 300 mila macchine, se Fiat chiede la certezza di una quota di produzione giornaliera e annuale, noi diciamo che applicando il contratto nazionale in vigore si può già arrivare a 16/18 turni, gestire gli orari, gli straordinari obbligatori e quelli da concordare” - cioè Landini dice che loro sono ben disposti ad un gran numero di deroghe che vadano nell'interesse dell'azienda.
Ma è proprio questa disponibilità che permette all'azienda oggi, visti i rapporti di forza, il governo, ecc., di poter pretendere non il dito ma anche la mano e il c.

Landini denuncia come questa volta è la Fiat che vuole una sorta di referendum, forte di un ricatto ostentato, arrogante, fuori dalla legge. Quindi il referendum è parte integrante del modello fascista che si vuole imporre, non certo un modo per sentire la volontà dei lavoratori.
Landini dice no al referendum, ma se seguiamo il seguito del ragionamento, ci si accorge che si tratta di un 'ni'. Si domanda “Bisognerebbe sapere con esattezza qual'è il quesito su cui votare e a cosa serve... alla Fiat abbiamo detto che quella proposta è inaccettabile MA - sottolineamo questo “ma” - ci siamo riservati una risposta conclusiva e definitiva dopo il nostro comitato centrale.
Aggiunge”non credo che la discussione si esaurirà nel dire si o non, ma punterà a sottoporre alle altre parti (cioè alla Fiat?) una possibile proposta di soluzione”.
E qual'è la soluzione? L'ultima frase la spiega: “non abbiamo alcuna intenzione di permettere alla Fiat di non fare gli investimenti a Pomigliano”. Che è esattamente quello che dice la Fiat a Pomigliano per giustificare le sue richieste.

Nella fase conclusiva dell'intervista, il giornalista scrive: questa partirta è generale, lo ammettono anche i padroni, vogliono un cambiamento di cultura - chiamalo “cambiamento di cultura”!? E Landini afferma: vogliono abbassare tutele, diritti, salari, eliminare il CCNL, passare ad una fase in cui le imprese hanno mano libera nella gestione dei processi. Non è un caso che il ministro Sacconi citi Pomigliano come un accordo che dovrebbe fare scuola. Si pensa di usare questa crisi per farla pagare due volte: a chi lavora e per cambiare il sistema democratico e costituzionale. Mentre in parlamento fanno la legge bavaglio per la stampa, in fabbrica il bavaglio vogliono metterlo a tutti i lavoratori”.
Quali conseguenze trae la Fiom da questo giudizio? Qual'è la natura dello scontro in atto e quali i mezzi con cui gli operai di Pomigliano e il movimento operaio più generale rispondono a questo attacco?
Dobbiamo aspettare il comitato centrale di lunedì il cui fine e la cui fine è nota?

pc quotidiano 14 giugno - polizia contro gli operai

Solidarietà agli operai della Mangiarotti Nuclear sgomberati



Come un anno fa alla INNSE questa mattina le cosiddette forze dell'ordine hanno eseguito gli ordini dei padroni della Mangiarotti Nuclear di viale Sarca a Milano. Così mentre gli operai, giustamente, avevano occupato gli uffici della direzione contro il furto di alcuni macchinari per la produzione (messo in atto dall'Azienda) per spostarli in altro sito, e contro la sentenza che imponeva all'Azienda di far rientrare i macchinari, è arrivata la solita risposta che governo e padroni danno ai diritti dei lavoratori: SCARICARE LA LORO CRISI SULLA NOSTRA PELLE CON CHIUSURA DELLE FABBRICHE E REPRESSIONE.

Come alla INNSE anche alla Mangiarotti Occupare la Fabbrica è Giusto e Necessario. Così come è la stessa la determinazione degli operai a Resistere un minuto in più del padrone. Come un anno fa è una necessità e un dovere sostenere questa lotta, perché se attaccano uno attaccano tutti - se si vince alla Mangiarotti vinciamo tutti. Ma occorre, anche, che dalla solidarietà/sostegno si passi ad un percorso di unità-lotta-trasformazione con tutti gli operai delle fabbriche in crisi, per costruire, insieme, la forza e l'organizzazione che ancora mancano nelle lotte per poter vincere fino in fondo. Questo percorso si chiama Sindacato di Classe

domenica 13 giugno 2010

pc quotidiano 13 giugno - la giornata di lotta del 14 a napoli,palermo,taranto

Proletari Comunisti sostiene con forza la giornata di lotta del 14 giugno, promossa dall'assemblea nazionale disoccupati-precari-licenziati di napoli del 21 maggio per iniziativa dei disoccupati di napoli banchi nuovi e i disoccupati organizzati dello slai cobas per il sindacato di classe di taranto, con partecipazioni da Palermo e da altre città del sud e adesioni da Roma e Milano.
Una iniziativa classista e combattiva, volta a unire su basi di classe il movimento proletario in lotta e che se si allargherà potrà essere una punta di lancia proletaria nella lotta contro padroni e governo.
Una giornata di lotta che unisce nella lotta contro la repressione:
a Napoli da un mese circa si susseguono cariche arresti processi contro il movimento dei disoccupati, a Taranto tutti sviluppano manovre repressive e di isolamento della lotta, in tutte le città del sud si risponde al bisogno di lavoro con la repressione;
ma se avanza l'unità e l'allargamento della partecipazione alla lotta la repressione non passerà.

proletari comunisti
13-6-2010


manifestazioni a taranto, palermo,napoli

14 giugno
ore 9 p.za castello taranto
manifestazione dei disoccupati organizzati dello slai cobas per il
sindacato di classe

Non vogliamo pagare la crisi dei
padroni e delle banche

E' giusto ribellarsi!
Vogliamo lavoro e salario/redditosociale
in caso di mancanza di lavoro
vogliamo la raccolta differenziata porta a porta - la bonifica
ambientale-corsi di formazione retribuiti


disoccupati organizzati-precari-licenziati
slai cobas per il sindacato di classe
taranto via rintone 22 347-5301704
cobasta@libero.it



14 giugno: giornata di lotta contro licenziamenti, precarieta’ e
disoccupazione

CORTEO A PALERMO FINO ALLA PREFETTURA

CONCENTRAMENTO A PIAZZA MASSIMO ORE 16,00

_______________

La crisi economica mondiale si aggrava sempre di più su scala
internazionale
e nazionale.

Governi, padroni e banche continuano ascaricarne i costi sui lavoratori,
sui
disoccupati, sui precari, sulle masse popolari.

Mentre migliaia di miliardi vengono stanziatiper salvare le banche e
puntellare le grandi multinazionali, per i proletari
si è aperto un sempre più nero periodo di lacrime e sangue. Licenziamenti,
abbassamento dei salari, aumento della precarietà e disoccupazione,
difficoltà
a farsi o mantenersi una famiglia, mettere su una casa, taglio alle spese
sociali, dalla scuola alla sanità, sono diventati una dura realtà per
milioni
di proletari, strangolati anche da tasse, mutui, multe e bollette.

Ora una nuova manovra economica decisa dal governo aumenta l’età
pensionabile
per le donne, blocca i salari e i
contratti degli statali, attacca in maniera generalizzata redditi e spesa
sociale mentre lascia i profitti e le rendite immutate così come le spese
militari

Sono decine di migliaia i precari licenziati e la strage maggiore è opera
dello Stato con veri e propri licenziamenti di
massa nella scuola insegnanti, personale ATA, ditte di pulizia e nel resto
del
pubblico impiego statale e degli enti
locali.

Per chi un lavoro stabile ancora ce l’ha, aumenta il ricatto dei padroni per
imporre tagli al salario e l’aumento dello sfruttamento

Padroni e governo, inoltre, usano la crisi come una clava contro i diritti
dei
lavoratori. Con il decreto legge 1167-collegato
lavoro- si smantellano tutte le barriere allo strapotere dei datori di
lavoro
e si abolisce di fatto lo statuto dei lavoratori.

Nessuno difende realmente gli interessi di classe dei lavoratori sui posti
di
lavoro e sul territorio; nessuno si batte
realmente per la fine della precarietà e ai disoccupati in lotta, invece che
lavoro e reddito, si risponde con la repressione e lo stato di polizia.

I sindacati confederali o stanno apertamente con il governo (CISL e UIL ) o,
come la CGIL, accettano la logica dei sacrifici
proponendo ammortizzatori sociali e modifiche ai piani e alle manovre del
governo che non tutelano salari, lavoro e diritti.

Contro questi attacchi e questa situazione una forte assemblea nazionale dei
disoccupati, precari, licenziati si è tenuta a
Napoli, con la partecipazione da diverse città, meridionali in particolare.
E’
stato un primo importante passo verso la realizzazione dell'unità di lotta
ed
il coordinamento delle varie realtà autorganizzate di disoccupati,
lavoratori e
precari in lotta per il lavoro e per la difesa dei diritti e delle
condizioni
salariali.
Un’unità ed un organizzazione indispensabili per superare la frammentazione
e
le mobilitazioni in ordine sparso e per rispondere come un unico esercito e
con
la generalizzazione delle lotte all’offensiva portata avanti dai nostri
nemici
di classe.

L'assemblea nazionale ha lanciato la proposta di una prima giornata di
mobilitazioni da tenersi il 14 giugno in contemporanea
in tutte le realtà presenti e aderenti all'assemblea nazionale di Napoli.

Insieme alla richiesta di immediati sbocchi occupazionali per i disoccupati
in
lotta a Napoli come a Taranto nei settori già individuati e per cui sono
stati
formati (raccolta differenziata porta a porta, ciclo dei rifiuti, bonifica e
tutela ambientale), chiediamo la stabilizzazione di tutti i precari a
partire
da quelli della scuola.

Diciamo NO ai licenziamenti, per la difesa del posto di lavoro, per il
salario/ reddito garantito in mancanza di lavoro,
per la riduzione dell'orario di lavoro.

A partire da questa giornata di lotta vogliamo costruire, attraverso un
nuovo
incontro nazionale il 3 luglio a Napoli, un
percorso di unificazione solido e lanciare una mobilitazione nazionale a
Roma
per l'autunno.

Invitiamo tutte le realtà autorganizzate ed i singoli disoccupati,
lavoratori,
precari a far proprie queste proposte.

Tutti insieme alziamo la testa e facciamo pagare la crisi a coloro che ne
sono
gli unici responsabili.

L'assemblea nazionale dei disoccupati-precari Napoli 21 maggio

per adesioni: banchinuovi@hotmail.it – cobasta@libero.it