venerdì 5 novembre 2010

pc quotidiano 5 novembre - dal processo fiat sata

MELFI - 3.11.10

Al Tribunale di Melfi per l'udienza del processo di appello per i tre licenziati, questa volta vi erano poche decine di operai, operaie e delegati sia della Fiat Sata che di altre fabbriche, come la Magneti Marelli.
Abbiamo avuto modo di parlare più lungamente con i licenziati Fiat e con il segretario della Fiom Basilicata.
Riportiamo una sintesi delle questioni più importanti di cui si è parlato.

A proposito del mancato rientro dei 3 operai in fabbrica il segretario Fiom diceva che ci vorrebbe almeno una norma come in Francia, per cui l'azienda deve pagare una sanzione per ogni giorno di mancato rientro, in cui non viene applicata la sentenza.
Da parte nostra abbiamo segnalato come il mancato rientro è una violazione anche contrattuale, perchè la Fiat viene meno al contratto con gli operai che prevede chiaramente l'attività lavorativa da svolgere, non semplicemente il rapporto di lavoro; quando è il lavoratore ad assentarsi senza motivo si parla di assenza dal lavoro ingiustificata e non può essere superiore a 5 giorni pena il licenziamento; in questo caso possiamo parlare di “assenza di lavoro” ingiustificata, a cui deve corrispondere un obbligo per l'azienda.

Il segretario Fiom e poi gli altri operai ci hanno raccontato dell'assemblea fatta alla Sata prima della manifestazione del 16 solo dalla Fiom, con la partecipazione anche della Failms. L'assemblea è andata molto bene, vi è stata una larga partecipazione, con una enorme differenza da quella fatta qualche giorno prima da Fim, Uilm Fismic, Ugl, che ha visto una bassa partecipazione.
Gli operai all'assemblea sono stati attentissimi. E' in atto l'estensione del piano Marchionne di Pomigliano anche alla Sata; nell'assemblea infatti la rabbia e la preoccupazione principale è stata rispetto alla riduzione delle pause che Marchionne ha annunciato dal prossimo anno. Si tratta dell'applicazione del sistema Ergo Wass, per cui tra l'altro a diminuzione pause corrisponde un aumento delle contestazioni disciplinari.

L'introduzione del sistema Ergo Wass in termini di effetti sulle condizioni di lavoro e salute degli operai vuol dire arrivare ad una saturazione del 99%. Già oggi i tempi dei movimenti sono ridotti e provocano danni fisici agli operai, con l'EW tutto questo verrà portato al massimo.
Sulle pause l'azienda ha anche un atteggiamento arrogante che dimostra la volontà di usare questa riduzione non solo per la produttività ma anche per schiavizzare gli operai. Noi – diceva uno dei delegati Fiom - come è successo in passato, potremmo anche essere disponibili ad una diversa organizzazione delle pause, a scorrimento invece che collettive; in questa maniera l'azienda avrebbe addirittura un vantaggio produttivo; invece scegliere di ridurre le pause collettive è dimostrazione non di una logica economica ma di volontà di attaccare i diritti dei lavoratori. Anche la Cig viene utilizzata come ricatto per attaccare gli operai e far passare il piano Marchionne.

Intanto mentre la Fiat pretende l'aumento della produttività, anche alla Sata va avanti la Cigo e a dicembre si prevede una sospensione più lunga anche di 3 o 4 settimane.
E' però evidente una contraddizione: benchè vi sia un surplus di produzione e si lamenta crisi dei mercati dell'auto, la Fiat con l'applicazione del piano Ergo Wass impone un aumento della produttività.

L'accordo di Pomigliano si estenderà a tutti gli stabilimenti; noi temiamo che anche alla Sata tra un po' si applichi il piano Newco di Pomigliano, che anche alla Sata l'azienda nel prossimo anno possa cambiare denominazione e poi chissà, proprietà.

La buona partecipazione all'assemblea dimostra che gli operai sono attenti, ma c'è paura. I lavoratori attendono la soluzione definitiva della battaglia legale per il nostro rientro in fabbrica, perchè questo ridarebbe fiducia e forza, ma proprio per questo c'è il timore che la Fiat farà di tutto per non farli rientrare.
E' difficile però ora – dicevano i delegati licenziati - pensare ad un rientro “forzoso”, anche perchè legalmente con l'impugnazione della sentenza da parte della Fiat occorre aspettare l'esito del processo in appello.
Ma è probabile che l'applicazione anche qui alla Sata del piano Marchionne faccia tornare viva la situazione in fabbrica.

Sulla necessità della risposta e di quale risposta vi è stata la discussione più importante.

Quello che sta andando avanti – abbiamo detto noi - è un fascismo padronale. Questo pone davanti una situazione diversa, in cui il padronato unisce una linea di aumento dello sfruttamento e attacco ai diritti dei lavoratori per salvaguardare, aumentare i profitti nella crisi, che diremmo “normale” dal punto di vista degli interessi capitalisti, ad una linea, volontà, azione e clima volto a schiacciare gli operai, a imporre una dittatura padronale di cui componente essenziale è tentare di piegare gli operai, azzerando diritti fondamentali.

L'esempio lampante è proprio l'accanimento della Fiat contro i 3 operai della Sata licenziati. L'azienda attraverso i suoi servi sindacali che dicono anche falsità (come le testimonianze false, contraddittorie, reticenti, dei 3 delegati Rsu Uilm, fim, Fismic fatte al processo del 3 novembre hanno dimostrato) cerca di dimostrare nelle aule giudiziarie che i tre licenziati stavano a tot distanza dal carrello, stavano in questa posizione e quindi bloccavano, ecc. ecc., apparentemente usando discorsi tecnici; in realtà quello che la Fiat vuol mettere sul banco degli accusati è il diritto di sciopero; non a caso alla Sevel sta facendo un'azione di risarcimento per danno alla produzione contro i lavoratori che hanno scioperato. Ma siccome uno sciopero deve portare un blocco alla produzione, deve portare un danno alle tasche del padrone, altrimenti non sarebbe uno sciopero,ciò che la Fiat di Marchionne vuole affossare è appunto il diritto di sciopero, stravolgendo la stessa Costituzione.

E' quindi a questo fascismo padronale che gli operai devono rispondere, un fascismo che va come un carroarmato non rispettando e andando ora oltre anche il suo stesso accordo separato sottoscritto a Pomigliano - come è dimostrato dal cambiamento da cassintegrazione straordinaria a cassintegrazione in deroga per passare poi agli esuberi/selettivi.

Su questo tra i lavoratori c'è coscienza della partita in gioco, ma ancora non un'adeguata comprensione del fatto che il padronato con in testa la Fiat sta portando avanti una guerra di classe. Ed è alla guerra di classe che bisogna rispondere e attrezzarsi.
In questa “guerra”, come abbiamo detto parlando con i licenziati di Melfi, i 'buoni e giusti argomenti', le ragionevoli ragioni, le regole democratiche e legali, non hanno più effetto. Servono a raccogliere consenso intorno agli operai in lotta e alle loro avanguardie, ma non servono a creare rapporti di forza a favore degli operai; perchè tu opponi ragioni e il padronato oppone la forza degli accordi illegali e della sua azione concreta in fabbrica, la volontà di schiacciare i diritti, la dignità degli operai.
Occorre opporre alla guerra della Fiat la forza di lotta della classe operaia, occorre che il padronato e i suoi servi abbiano paura, temano la lotta degli operai.
Questo riguarda anche la questione dell'unità degli operai, che nella fase di moderno fascismo padronale deve essere costruita alla luce di come ci si schiera; l'operaio che tu conosci da anni e di cui ti fidi, può voltarti da un giorno all'altro le spalle.
A Melfi un operaio delegato della uilm ha fatto il 3 novembre al processo una testimonianza brutta che di fatto è andata ad avallare la tesi aziendale; un'operaia molto arrabbiata fuori dal Tribunale ha detto che da lui non se le sarebbe aspettate quelle dichiarazioni ma proprio per questo ora al rientro in fabbrica gli avrebbe sputato in faccia.
Una risposta di attacco alla linea della Fiat sembra oggi difficile, c'è tra gli operai, a Melfi come altrove, paura; ma è solo questa linea, e pratica conseguente che può far indietreggiare il piano Marchionne . Altre lotte (Terzigno, ecc.), altre realtà stanno dimostrando che questo è vero, e che invece una lotta di difesa è impotente.

Questo oggi sembra difficile (perchè nella fabbrica oltre la repressione vi è il peso dei licenziamenti) ma è anche vero che almeno bisogna cominciare a dirlo; questo già sarebbe un passo avanti per far avanzare tra gli operai la coscienza del livello di scontro. Per opporre un altro discorso a quelli che abbiamo sentito da alcuni operai poi davanti ai cancelli della Sata, che univano al timore la sfiducia, l'idea che la Fiat di Marchionne è troppo potente, che non c'è niente da fare contro i suoi piani.

Ma l'altra chiarezza da fare soprattutto tra gli operai iscritti o che guardano alla Fiom è che i problemi per avanzare vengono dalla Cgil e anche dalla stessa Fiom
Chiaramente sulla nuova segretaria, Camusso, tutti gli operai con cui abbiamo parlato a Melfi sono molto scettici, l'opinione più buona è che è una molto moderata.
Ma ci sono altri fatti che sono di ostacolo ad una risposta vera di lotta ai piani padronali:
una grande manifestazione come quella del 16 ottobre a cui non segue da parte della direzione della Cgil l'indizione dello sciopero generale, richiesto dagli operai; sciopero che con la Camusso c'è il rischio concreto di un vero e proprio affossamento;
un non ritorno nelle fabbriche, sui posti di lavoro della volontà di lotta espressa nella manifestazione di Roma;
la politica della Fiom che mentre alla Fiat non firma gli accordi, in altre realtà come all'Ilva di Taranto su questioni spesso simili, invece li firma.

Su tutto questo nelle discussioni del 3 novembre vi è stata attenzione. C'è nuova volontà di capire e di trovare la strada.

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