giovedì 7 ottobre 2010

pc quotidiano 7 ottobre - CIE.. nessuna dica non sapevo

C'è qualcuna che sostiene che i CPT-CIE sono come i campi di internamento ed altre che trovano eccessivo ed improprio il paragone.

I campi di internamento alla fine degli anni '30 furono introdotti in italia non per persone che avevano commesso reati, ma per persone che avevano un determinato status.

Infatti, i primi ad esserci rinchiusi furono i nomadi italiani. Allora Rom e Sinti stranieri non ce n'erano.

Non a caso ,la regione con il maggior numero di campi di internamento e la prima dove furono istituiti fu l'abruzzo,dove la comunità di nomadi italiani era più numerosa.

A questi, nel corso degli anni,si aggiunsero tanti altri italiani la cui unica colpa era quella di appartenere ad un'etnia .


Fra questi, occorre ricordare gli slavi che abitavano in italia.

L'italia votava alla società delle nazioni (l'ONU di allora) tutte le mozioni a tutela delle minoranze e sottoscriveva tutti i più nobili protocolli a tutela delle stesse,salvo disattenderli sistematicamente.

In questo notiamo che non c'è nessuna differenza fra ieri e oggi.

Però, faceva un'eccezione per la minoranza di lingua tedesca,guarda caso,per via dell'alleanza con la germania.

Anche in questo caso non c'è nessuna differenza. I diritti umani, l'asilo politico, i protocolli internazionali sono subordinati ad alleanze ed interessi.


Battezzati con i Rom, i campi di internamento cominciarono a proliferare in tutta italia; ce ne furono anche per sole donne,naturalmente con direttrici donne!!

Allora, emerge chiara una prima similitudine: l'internamento nei campi di ieri e nei CIE di oggi, non è per reato, ma per condizione.

Anche allora,commissioni di vario tipo visitavano i campi , prime fra tutte quelle della croce rossa che,almeno allora,si asteneva dal gestirli direttamente.

Trovavano sempre tutto in ordine, non si scandalizzavano della loro esistenza (ma,già, non era il loro compito) ma,proprio perchè va detto tutto,una volta, in un campo,consigliarono l'aumento della razione quotidiana di spaghetti e, in un altro, un cambio di lenzuola di più al mese.

Tante persone lavoravano per e intorno ai campi: dalla polizia che andava a prendere a casa o per strada le persone da internare e svolgeva opera di controllo, al personale,spesso civile,dal direttore/direttrice a tutte le altre figure e alle ditte che fornivano il necessario per il funzionamento degli stessi.

Anche qui non notiamo nessuna differenza.

E c'era la stampa che,da una parte,demonizzava le pericolose figure degli internati e,dall'altra,faceva finta di non sapere dell'esistenza dei campi, se non quando raccontava le lamentele e le paure dei cittadini che avevano "la sventura",poverini, di viverci accanto.

Ma c'erano anche professori,accademici e persone che si rappresentavano come intellettuali e come tali venivano accreditati, che davano ,sulla validità dell'internamento,motivazioni importanti,degne del loro ruolo,fino al delirio delle teorie sulla superiorità della razza.

Alcuni di questi faranno una brillante carriera e uno diventerà presidente del consiglio nell'italia repubblicana.

La stragrande maggioranza dei professori universitari e degli intellettuali di allora brillerà per il silenzio.

Però, poi, alcuni,scriveranno dei dotti saggi sulle brutture dei campi di internamento,con relativi convegni e carriere, sempre nell'italia repubblicana.

E infine,tutti insieme,ognuno nel suo ambito,i poliziotti nel picchetto d'onore, i politici scoprendo le targhe,i professori con la lettura delle prolusioni (hummm,però!) parteciperanno alle iniziative in ricordo.


Chi ci sarà fra trent'anni vedrà questo anche per i CIE.

Fino a qui è tutto uguale.

Però una differenza c'è. La storia non è ragioneria ,ma qualche volta i conti bisogna farli.

Nella nostra democratica repubblica, nei CIE, c'è un numero considerevole e spaventoso di pestaggi,all'ordine del giorno,numerosi casi di morte,sempre rubricata come naturale,di suicidi e di gesti dolorosi di autolesionismo.

Qui hanno ragione quelle/i che dicono che non è fattibile un paragone fra CIE e campi di internamento.

Questi di oggi sono infinitamente più disumani.

Chi si infligge orrende mutilazioni,come quella donna che si è cucita la bocca, siccome siamo tanto civili e progredite/i, viene portata/o nel reparto di neurologia e psichiatria di un ospedale perchè qualche esperto/a ci deve mettere a posto con la coscienza e dirci che non è disperata/o ,ma soltanto pazza/o.

Dopo la guerra,gli operatori dei campi di internamento, chiamati a rispondere del loro lavoro ( continuano a chiamarlo così!) si sono prodigati a raccontare quanto erano buoni e quanto bene avevano fatto.

Qui c'è una differenza: gli attuali operatori, già adesso,senza aspettare domani, ci raccontano quanto bene fanno e quanto sono buoni.

Si,è vero, i CIE non sono come i campi di internamento. Sono molto peggio.

A tutto questo va aggiunto che (cifre ufficiali) 52.000" irregolari" sono stati ricondotti forzatamente nel loro paese. Non ci vuole molta fantasia per immaginare in quale inferno li abbiamo gettati.

Nessuna dica non sapevo, non immaginavo, non credevo.

Non ci sono zone neutre: o si è contro o si è complici. E chi è contro,ognuna nel suo ambito e con le modalità che le sono più congeniali, faccia qualche cosa.




Elisabetta

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