giovedì 28 ottobre 2010

pc quotidiano 28 ottobre - da arundhaty roy .. mi vogliono arrestare


DICHIARAZIONE DI ARUNDHATI ROY

Scrivo questo da Srinagar, Kashmir. I giornali di questa mattina dicono che io
potrei essere arrestata con l'accusa di sedizione per quello che ho detto al
pubblico nei recenti incontri sul Kashmir. Ho detto ciò che milioni di persone
qui dicono ogni giorno. Io ho detto ciò che altri commentatori hanno detto e
scritto per anni.
Chiunque si prenda cura di leggere le trascrizioni dei miei discorsi vedrà che
essi sono fondamentalmente una richiesta di giustizia. Ho parlato di giustizia
per il popolo del Kashmir che vive sotto una delle più brutali occupazioni
militari del mondo; per i pandit del Kashmir che vivono la tragedia di essere
stati buttati fuori dalla loro terra; per i soldati Dalit morti in Kashmir le
cui tombe ho visitato sotto mucchi di rifiuti nei loro villaggi a Cuddalore;
per gli indiani poveri che pagano il prezzo di questa occupazione in maniera
sostanziale e che ora devono imparare a vivere nel terrore di quello che sta
diventando uno stato di polizia.

Ieri mi sono recata a Shopian, la città/mela nel Sud del Kashmir che è rimasta
chiusa per 47 giorni l'anno scorso per protestare contro il brutale stupro e l’
assassinio di Asiya e Nilofer, le giovani donne i cui corpi sono stati trovati
in un ruscello poco profondo vicino alle loro case e i cui assassini non sono
ancora stati assicurati alla giustizia. Ho incontrato Shakeel, che è il marito
di Nilofer e il fratello di Asiya. Ci siamo seduti in un cerchio di gente
impazzita per il dolore e la rabbia che aveva perso la speranza di poter mai
ottenere 'insaf' -giustizia- dall’India, e ora crede che Azadi -libertà- sia la
loro unica speranza. Ho incontrato giovani “tiratori di pietre” che erano stati
colpiti da spari attraverso i loro occhi. Ho viaggiato con un giovane che ha mi
detto come tre dei suoi amici, adolescenti del distretto di Anantnag, erano
stati arrestati e cui avevano strappato le loro unghie come punizione per aver
lanciato pietre.

Nei giornali qualcuno mi ha accusato di fare “discorsi pieni d’odio”, per
spezzare l’India. Al contrario, ciò che dico viene da amore e orgoglio. Viene
dal fatto che non si vuole che le persone vengano uccise, violentate,
imprigionate o cui si strappino le unghie per costringerli a dire che sono
indiani. Viene dal desiderio di vivere in una società che si sforza di essere
giusta.
Pietà per quella nazione che deve ridurre al silenzio i suoi scrittori che
esprimono i propri sentimenti.
Pietà per la nazione che ha bisogno di incarcerare chi chiede giustizia,
mentre gli assassini comunitaristi, gli assassini di massa, i manager delle
aziende veri truffatori, i saccheggiatori, gli stupratori, e quelli che
riducono in schiavitù i più poveri dei poveri, vivono in libertà.

Arundhati Roy

26 Ottobre 2010

traduzione e diffusione a cura
comitato di sostegno internazionale alla guerra popolare in India
sede italiana - csgpIndia@gmail.com

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