venerdì 30 luglio 2010

speciale fiat 6 - 5 - piano marchionne -sindacati gialli e sindacato della conciliazione 5

Che i sindacati cisl, uil, ugl, fismic siano diventati uno dei bracci operativi di Marchionne è chiaro a tutti. La loro forza si basa ora sul potere di essere azienda, molto forte in tempi di attacco del fascismo padronale.
Il ruolo di questi sindacati evolve in vera e propria struttura parallela del comando di fabbrica, in generale e stabilimento per stabilimento.

Però per combattere tutto questo, il problema attuale è il “partito della conciliazione”. Questo partito è rappresentato dalla Cgil. Questo partito è in azione sia quando apertamente contrasta la Fiom – vedi l'indicazione di voto per il Si a Pomigliano – sia quando si presenta come “partito del Ni” o sembra fiancheggiare la Fiom nella sua opposizione agli aspetti più clamorosi dell'accordo di Pomigliano e delle sue conseguenze operative attuali, la creazione della Newco.
In particolare, dopo il venire a nudo dell'intero piano Fiat, Epifani ha chiamato a ridiscutere tutto, Pomigliano e investimenti.
Ma è del tutto evidente che ogni ridiscussione domanda che la Fiat accetti di rivedere il piano Pomigliano e ritiri i licenziamenti. Questa priorità non viene assolutamente posta.
I problemi che pone Epifani sono altri: la continuità del rapporto con un territorio, cioè si chiede che il piano Fabbrica Italia sia effettivamente Italia, si chiede che il governo italiano intervenga come gli altri governi, si chiedono più investimenti, più qualità dei prodotti, più professionalità, adesione esplicita ai doveri che ne conseguono anche sulla produttività ed efficienza, con la rinuncia solo all'attacco alla questione della malattia e del diritto di sciopero.

Alla vigilia dell'incontro anche la Camusso si muove lungo questa linea: “Ci auguriamo si farà finalmente chiarezza su Fabbrica Italia e sul piano industriale... Sarebbe molto più ragionevole riaprire il Tavolo...non è dimostrato che la produttività cresce con la riduzione dei diritti dei lavoratori”.

Anche la segreteria della Cgil di Torino entra in campo: ”Non penso che ci chiederanno di accettare il modello Pomigliano. Quando qualcuno ci ha chiesto di produrre a turni, gli abbiamo mai detto No?... Il tavolo deve servire per capire la credibilità del piano della Fiat e come va gestito... Sul referendum di Pomigliano, penso che la posizione che ha tenuto la Cgil nazionale sia la posizione corretta....”.

Dopo queste dichiarazioni si è subito detto, non smentiti dai dirigenti Fiom, che sia tornata l'intesa tra Fiom e Cgil”. Nella conferenza stampa tenutasi a Torino dopo l'incontro con l'azienda, Epifani dichiara: “Per la Cgil e anche per la Fiom l'obiettivo del progetto Fabbrica Italia è condiviso. Il problema è come si conquista e si gestisce l'obiettivo”. “Landini annuisce soddisfatto. Il futuro responsabile nazionale Fiat della Fiom, Giorgio Airaudo, aggiunge: “La Cgil è sensibile al tema dei diritti individuali, è nel suo Dna e nel suo Statuto”.

Con queste posizioni è bene evidente che non si andrà molto lontano e non si è certo in grado di contrastare effettivamente il piano Fiat che è cosa ben più consistente che un attacco ai diritti individuali.
Ma le contraddizioni di linea generale tra Cgil e Fiom sono molto minori delle contraddizioni che emergono realmente quando gli operai dicono No al referendum o entrano in sciopero. Landini sembra avere le stesse posizioni della Cgil: “Il problema è cioè capire cosa intende fare la Fiat in tema di innovazione del prodotto e cosa intende fare il governo per garantire una politica industriale a questo paese. Da quello che mi dicono i rappresentanti del sindacato serbo, ad esempio il loro governo sta mettendo in campo consistenti investimenti pubblici, a cominciare da una interessante detassazione fiscale... mi aspetto che la Cgil decida subito un'iniziativa forte in difesa dei diritti e dei contratti...”.

Quello a cui realmente si assiste non è che a fronte dell'allargamento dello scontro per il venire alla luce dell'intero piano Fiat, ci sia un consolidamento della necessità di far saltare il piano Fabbrica Italia per l'elemento di fascismo padronale sistemico che esso contiene, ma quello di cercare di far rientrare lo scontro in una impossibile e illusoria normale “dialettica corretta delle relazioni industriali”.

Marchionne nell'incontro non ha soltanto confermato l'avvio rapido e stringente del piano Pomigliano ma la sua estensione stabilimento per stabilimento. All'insegna di un Si o un No per ripetere, adattato alle caratteristiche di ogni stabilimento l'operazione Pomigliano.
Questa operazione richiederà, come già è avvenuto a Pomigliano, un particolare confronto diretto con gli operai di ciascuna fabbrica con chiamata in servizio dei sindacati presenti in ciascuna fabbrica.
A Pomigliano la battaglia è stata vera e tale resta. E' importante che anche le avanguardie interne a questa fabbrica, come il caso dello Slai cobas di Pomigliano, utilizzi la definizione di esso come “moderno fascismo imprenditoriale” (dichiaraziopne di Vittorio Granillo).
Negli altri stabilimenti le cose si presenteranno più difficili per l'opposizione che a Pomigliano.
Alla Fiat Sata immediatamente dopo i nuovi annunci di Marchionne i sindacati del padrone hanno unito una preoccupazione per lo spostamento in Serbia – in questa assurda corsa in atto tra i vari stabilimenti divenuta una sorta di “lotteria dei modelli”- anche alla Fiat Sata si sperava nell'assegnazione della LO al proprio stabilimento. Ma di fronte al fatto che ci sia la prospettiva delle Newco, i sindacati gialli di Melfi dichiarano: “San Nicola è nata già in ottica Pomigliano, soprattutto per la turnistica” (Marco Rosselli della Fismic). E della stessa natura sono le dichiarazioni del segretario della Uil che si lancia in uno sperticato elogio di Marchionne:”Marchionne tenta di risolvere in un colpo solo il conflitto che esiste da decenni e che ha fatto sì che il costo di lavoro per unità prodotta fosse il più alto in Europa. Ora aumenta la produttività il più possib ile, abbatte alcuni scogli come l'assenteismo e gli scioperi”.

Non di natura diversa sono le reazioni a Cassino dove già siamo un po' più avanti: “Qui c'è l'ingegnere giapponese, il famigerato Jamashina, il quale ha ispezionato, ha valutato e ha concluso che la Fiat di Cassino si merita il Silver”, la medaglia d'argento nell'applicazione del sistema Wcm e ora potrebbe seriamente puntare al Gold.
Il segretario della Uilm della fabbrica dichiara che “a fronte dell'applicazione dell'accordo Pomigliano, non ci spaventiamo, siamo pronti ai 18 turni e non possiamo certo tirarci indietro da questo confronto. Noi lo aspettiamo senza ansia, con grande tranquillità”. E aggiunge “caricateci di nuovi doveri. Ma rispettate le aspettative economiche”.

Lo stato delle cose mostra come Marchionne cerca di vincere la sua guerra ai lavoratori stabilimento per stabilimento e che i sindacati gialli stanno già lavorando perchè gli operai la perdano stabilimento per stabilimento.

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