mercoledì 14 luglio 2010

pc quotidiano 14 luglio - Fiat dilaga il fascismo padronale per fermare le lotte operaie e imporre intensificazione dello sfruttamento e schiavismo

Alla Fiat Mirafiori da alcuni giorni si fermano gli operai delle Carrozzerie e della Power Train (ex Meccaniche) e un corteo di 1200 lavoratori sfila dalla porta 2 davanti al Motor Village. Anche i lavoratori dell'Iveco danno vita ad uno sciopero e a un corteo. Gli scioperi a Mirafiori sono nati sul problema del mancato pagamento del 'premio di risultato' che viene corrisposto a luglio; già l'anno scorso era stato ridotto da 1300 a 600 euro e ora si tema venga ulteriormente decurtato.
Si è trattato di scioperi fondamentalmente spontanei o con una forte spinta dal basso, dettati dalla rabbia e con il segno di una forte preoccupazione per il rapido peggioramento della condizione operaia.
La reazione agli scioperi di Torino è stata all'insegna del nuovo fascismo padronale che Marchionne da Pomigliano vuole imporre a tutti gli stabilimenti e che ha come base programmatica l'accordo di Pomigliano e la “Lettera di Marchionne”. Martedì, quindi, è partita la lettera di licenziamento per un impiegato della Fiom, Pino Capozzi, colpevole di aver inviato per e mail a 40 suoi colleghi di lavoro la lettera degli operai di Tychy – Polonia, che nei giorni precedenti al referendum a Pomigliano lanciava un messaggio di solidarietà e di unità di lotta a tutti gli operai Fiat.
L'azienda parla di “messaggio denigratorio nei confronti dell'azienda”; proprio in quei giorni le e mail aziendali erano piene dei messaggi dell'azienda e dei sindacati padronali che invitavano i lavoratori a votare Si al referendum.

Il licenziamento di Torino si aggiunge alle minacce di licenziamento dei 3 operai di Melfi, tra cui due delegati della Fiom, colpevoli questa volta di aver fermato il reparto a fronte dell'aumento dei ritmi di lavoro; ritmi di lavoro originati dall'aumento del 10% della velocità delle linee di montaggio, in atto anche allo stabilimento di Cassino. Anche qui il bersaglio sono gli scioperi partiti alla Fiat Sata contro questo aumento dei ritmi e da giovedì contro le minacce di licenziamento.
Gli operai della Fiat Sata non si sono fatti intimidire, hanno proseguito negli scioperi e nei cortei interni, una manifestazione ha avuto luogo sotto la sede dell'Assindustria di Potenza.

Quello che avviene ai due stabilimenti Fiat è parte però della grande operazione messa in atto a Pomigliano. A Pomigliano quello che è in atto è il disprezzo degli operai, l'oppressione e il ricatto, fino alla provocazione.
Lunedì mattina si è dovuti arrivare al malore, dovuto al caldo e allo stress, che ha colto due operai ai cancelli di Pomigliano dove erano in fila i lavoratori per la frima della documentazione relativa alla cassintegrazione straordinaria, “trattati come bestie” - dicono i lavoratori. Nei giorni del referendum la Fiat si era invece organizzata benissimo!
Ma di scandalosa e inaudita gravità, anche se il fascismo padronale è questo, è quello che è avvenuto in occasione dell'assemblea della Fismic tenutasi il 13 luglio. In un'assemblea organizzata in un albergo ubicato a pochi passi dalla Fiat di Pomigliano, il segretario di questo sindacato giallo ha sciorinato tutti i particolari di come prosegue “l'operazione Pomigliano”, confermando che la via scelta è quella del licenziamento di massa e del ricatto individuale della cosiddetta “Newco”: “La nuova società sarà pronta a giorni, probabilmente entro la fine di questo mese, e non sarà necessario licenziare tutto il personale per poi riassumerlo sotto nuove insegne. Alla Fiat basterà trasferire i cespiti a un'altra azienda dotata di capitale sociale sufficiente, ai sensi dell'art. 2112 del codice civile”. Insomma, trasferimento di uomini e mezzi ad altra impresa e contestuale apertura della sede della nuova società all'interno del G.B. Vico.
“Qui i dipendenti saranno chiamati a visionare il nuovo contratto che potranno liberamente firmare o meno, chi non firmerà ovviamente resterà disoccupato. Il nuovo contratto sarà modulato sull'intesa separata del 15 giugno, poi approvata a larga maggioranza dai dipendenti di Pomigliano nel referendum di fabbrica”. I sindacati firmatari, quindi, si fanno loro gestori diretti della violenza e del ricatto padronale. Angeletti per la Uil difende questa scelta: “Nella trattativa di Pomigliano non abbiamo subito nessun ricatto. Circa le questioni di incostituzionalità dell'intesa, esiste una Corte Costituzionale, in ogni caso non contiene nessuna violazione”.
“La scelta della Newco – come informa un articolo de Il Mattino - viene fatta di fronte alla verifica che non è praticabile la via istituzionale in tempi brevi. Il disegno di legge, infatti, presentato da Ichino del PD che prevede che un accordo anche se non sottoscritto da tutti i sindacati maggiormente rappresentativi vincola comunque erga omnes pure quelli che non firmano l'intesa. Questa strada presenta due ostacoli alla sua applicazione all'accordo Fiat, la legge dovrebbe essere retroattiva e i tempi di approvazione brevissimi”.
Completano l'opera, naturalmente, le dichiarazioni di Sacconi che con ignobile faccia tosta dice che l'accordo tra Fiat e i lavoratori di Pomigliano “fa scuola”, “il referendum è andato benissimo. Ma i referendum non si debbono più fare, il potere dei lavoratori in azienda deve organizzarsi solo attraverso una forma di democrazia delegata”. E' il conseguente fascismo istituzionale a tutela del fascismo padronale.
A fronte di questa marcia a carroarmato della Fiat, lo sciopero dichiarato per venerdì dalla Fiom va sostenuto in tutti gli stabilimenti Fiat, ma serve una risposta generale.
Giustamente Cremaschi dalle pagine di Liberazione riconosce che si tratta di fascismo, ma come si risponde al fascismo è un problema che si pone anche all'interno del suo sindacato, e non alludiamo alla direzione della Cgil - che in tutta questa vicenda procede in parallelo con la Fiat: dal Si al referendum alla sottovalutazione dell'attacco, ai mancati appoggi alle lotte operaie in corso e all'opera di convinzione e di pressione per allineare la Fiom - ma anche alle dichiarazioni del coordinatore nazionale del settore auto Masini che sembrano non andare oltre il ricorso legale rispetto ai licenziamenti, anche al segretario della Fiom piemontese che diventa ridicolo dichiarando “Marchionne deve decidere se rimanere Marchionne o trasformarsi in Valletta.

La sfida iniziata con il No a Pomigliano, proseguita con gli scioperi a Melfi e a Mirafiori, in attesa che entrino realmente in campo gli operai di Termini Imerese, va raccolta e proseguita.

NO AI LICENZIAMENTI REPRESSIVI
NO AI LICENZIAMENTI DI MASSA A POMIGLIANO
NO ALLA CHIUSURA DI TERMINI IMERESE
NO ALL'INTENSIFICAZIONE DELLO SFRUTTAMENTO E AI TAGLI DEL SALARIO

proletari comunisti
14 luglio 2010

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