mercoledì 7 luglio 2010

pc quotidiano 6-7 luglio: L’Aquila non è tutto ma L’Aquila è di tutti

Questa è la storia di un'aquila che credeva di essere un pollo:

Un uomo trovo' un uovo d'aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L'uovo si schiuse contemporaneamente a quelle della covata, e l'aquilotto crebbe insieme ai pulcini. Per tutta la vita l'aquila fece quel che facevano i polli del cortile, pensando di essere uno di loro. Frugava nel terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro.
Trascorsero gli anni e l'aquila divenne molto vecchia. Un giorno vide sopra di se, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d'aria, muovendo appena le robuste ali dorate.
La vecchia aquila alzo' lo sguardo, stupita. "Chi e' quello???" chiese. "E' l'aquila, il re degli uccelli" rispose il suo vicino, "Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perche' siamo polli". E cosi' l'aquila visse e morì come un pollo, perche' pensava di essere tale. Anthony de Mello

Ma la storia dell’Aquila è ancora tutta da scrivere…

Ancora stordita da quella furiosa notte, L’Aquila si è lasciata sorvolare dai potenti, pensando “è così, il cielo appartiene a loro, io non sono che un pollo e appartengo alla terra”
In questi mesi L’Aquila però ha alzato la testa e spiegate le ali, svegliata dalle risate degli avvoltoi che si preparavano al banchetto, dalla puntura delle zecche padronali, papali e istituzionali che le succhiavano il sangue, dal prurito dei parassiti mafiosi che si cibavano di lei, di quelli che hanno seppellito i suoi figli sotto le macerie.
I polli intorno non c’erano più, solo avvoltoi, sciacalli e parassiti.
“Difenderò come un’aquila i miei figli! – pensò - ma dovrò cercare altre aquile non più polli!...”

La ricostruzione è a un punto morto: non ci sono i soldi e le banche non pagano. 4 mila ancora negli alberghi e 50 milioni di euro da pagare per il soggiorno. 25 mila in autonoma sistemazione (ferma a gennaio), con un costo di 8 milioni di euro al mese. 30.000 i senza tetto, più di 16.000 senza lavoro! l'Inps che rivuole i contributi non versati, famiglie senza casa che devono ricominciare a pagare un mutuo per un mucchio di macerie, tornano i ticket su farmaci e visite mediche e i vecchi, gli anziani “estraniati”, dimenticati, abbandonati…

“gli aquilani sentono di vivere come in un braccio della morte”, afferma il sindaco Cialente, che in piena crisi mondiale propone una tassa di scopo o un contributo di solidarietà, che non è chiaro chi pagherà visto che ai potenti della terra, per visitare la città fantasma, non è stato chiesto alcun balzello e per quel summit, che sindaco e sindacati confederali hanno accettato di buon grado, sono stati spesi più di 500 milioni di euro!
Senza contare quel miliardo e 68 milioni spesi per le c.a.s.e., costate 3 volte di più per dare alloggi in comodato a un terzo degli sfollati. Senza contare quel milione di euro sottratto alla ricostruzione per la visita del Papa a Sulmona e così via.

Con quale coscienza cloacale istituzioni, curia, padronato e sindacati confederali e di polizia si aggregano oggi alla protesta degli aquilani? Forse non gli è bastato contenerla, scomunicarla e reprimerla in tutti questi mesi?
Non gli è bastato, la marea è alta e per non affogare tentano di rimanervi a galla, come una macchia di petrolio che sporca e soffoca qualsiasi forma di vita al suo cammino, come guardiani del “braccio della morte” dove gli aquilani, come dice il sindaco, sentono di vivere.

Ma dal “braccio della morte” non si esce chiudendo gli occhi. Non si esce con una “condizionale” a carico anche degli stessi terremotati (se la tassa di scopo dovesse configurarsi come un’accise sui carburanti o sui tabacchi). Dal braccio della morte non si esce chiedendo l’ennesimo tributo di sangue in un periodo di crisi profonda a precari e disoccupati di tutto il paese. Non si esce dal braccio della morte se L’Aquila non torna ad essere una questione nazionale, come lo è stata quando faceva comodo al governo Berlusconi ed ai suoi servi.

L’Aquila non è tutto,
ma è un modello per recintare la vita di tutti!


Dal braccio della morte si esce uccidendo il boia e chi lo paga
Si esce riconoscendo i nemici dagli amici, perché questa è una guerra a tutti gli effetti!
Dal braccio della morte del cratere, l’unica solidarietà che possiamo ora chiedere è quella di classe.
Quella che possiamo attenderci è la rivolta degli sfruttati agli sfruttatori, dei senza-tetto ai palazzinari, dei poveri ai ricchi, di quelli che hanno perso tutto a quelli che hanno preso tutto.


Perché anche se L’Aquila non è tutto, L’Aquila è di tutti

Perché quello che è successo a L'Aquila, prima, durante e dopo il terremoto, è una delle pagine più criminali del capitale e del governo di questi ultimi anni e perché solo la giustizia popolare può rendere giustizia ai nostri lutti e liberarci dal braccio della morte!
Una giustizia che ci chiama tutti a una lotta radicale e non ad ambigue e fittizie alleanze.

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